Nord Stream, stallo nell’inchiesta sul sabotaggio. I dubbi dagli Usa: «Ancora nessuna prova contro Mosca»

La rivelazione del Washington Post che fa da eco alle valutazioni di 23 funzionari diplomatici e dell’intelligence di 9 Paesi intervistati nelle ultime settimane

«Dopo mesi di indagini, numerosi funzionari affermano che la Russia potrebbe non essere responsabile degli attacchi ai gasdotti Nord Stream». Non ci sono quindi ancora prove che dimostrino la colpevolezza di Mosca nel sabotaggio delle linee posizionate nel tratto di Mar Baltico tra Danimarca e Svezia. A darne notizia è il Washington Post che cita un funzionario europeo, facendo eco alle valutazioni di 23 funzionari diplomatici e dell’intelligence di nove Paesi intervistati nelle ultime settimane. Alcuni si sono spinti fino a dire che non pensano che la Russia sia responsabile, scrive la testata statunitense, mentre altri continuano a considerare Mosca il «sospetto primario». Dopo le esplosioni di fine settembre i leader mondiali hanno iniziato a rimbalzarsi tra loro la presunta responsabilità dietro l’attacco.


«Se la questione resta irrisolta non è una buona cosa»

Nel mirino ci era finita subito Mosca perché con l’avvicinarsi dell’inverno, sembrava che il Cremlino volesse bloccare il flusso di energia a milioni di persone in tutto il continente. Un’operazione «ricatto» secondo alcuni Paesi dell’Occidente, Stati Uniti in testa, probabilmente per far ritrarre il loro sostegno finanziario e miliare all’Ucraina. «Nei mesi successivi alle esplosioni, gli investigatori hanno setacciato i detriti e analizzato i residui di esplosivo recuperati dal fondo del Mar Baltico. I sismologi hanno individuato il momento in cui si sono verificate le tre esplosioni del 26 settembre, che hanno causato quattro perdite nei gasdotti Nord Stream 1 e 2», ricorda il Washington Post. «Nessuno dubita che i danni siano stati intenzionali. Ma anche coloro che sono a conoscenza dei dettagli forensi non sono in grado di collegare in modo definitivo la Russia agli attacchi», ribadiscono i funzionari, che hanno chiesto di parlare in anonimato. Che le esplosioni rimangano irrisolte «non è, però, una buona cosa. Chiunque sia stato potrebbe farla franca», concludono.


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