«Gli ho detto di no, mi sentivo sporca»: le carte dell’indagine per stupro sui due calciatori del Livorno

Mattia Lucarelli, figlio di Cristiano, e Federico Apolloni chiamati in causa insieme ad altre tre persone da una studentessa americana. La sua testimonianza

Mattia Lucarelli, 23 anni e figlio dell’ex calciatore Cristiano, e Federico Apolloni, 22, giocatori del Livorno, sono stati arrestati ieri con l’accusa di stupro. Il padre ieri lo ha difeso, sostenendo che dopo aver letto gli atti ne è ancora più convinto. L’indagine si riferisce a fatti accaduti il 27 marzo scorso a Milano. Alle 5,30 fuori dalla discoteca Gattopardo una studentessa americana accetta un passaggio da cinque giovani. I filmati mostrano che i ragazzi le parlano in italiano e le rivolgono avances. Lei non sembra capire: è ubriaca. Ma invece viene portata in un appartamento. Dove, secondo il suo racconto, viene violentata. Ad agire, oltre ai due calciatori, altre tre persone. Per le quali il giudice delle indagini preliminari non ha disposto l’arresto.


«Se questa parla siamo fregati»

Il Resto del Carlino racconta che all’arrivo sul pianerottolo la ragazza barcollava. E i cinque commentavano: «Oh ragazzi, se supera questa porta qui è finita». Altre riprese sono state effettuate in salotto con un cellulare nascosto nella borsa della presunta vittima. «Se questa chiama la polizia ci inculano tutti», si sente dire. Due giorni dopo la ragazza si presenta in Questura e denuncia tutto. Con le indagini partono anche le intercettazioni. In una di queste parlano proprio Mattia e Cristiano. «C’è il video di lei che entra in macchina, ride e scherza», dice il figlio. «Ma lo avete recuperato?», ribatte il padre. «Federico lo cancellò per non avere problemi in futuro», replica a quel punto Mattia. Il Gip ha disposto gli arresti parlando di «spiccata pericolosità sociale» nei confronti dei due.


«Dicevo no, volevo andare a casa»

Il quotidiano riporta anche la versione della studentessa americana. La Gip Sara Cipolla ha scritto che i cinque ragazzi non la vedevano come una partner con cui avere un rapporto consenziente. Bensì come «un dono del cielo di cui abusare a piacimento». Dopo l’arrivo nell’appartamento a Porta Romana «io volevo andare a casa. Gli ho detto che ho un ragazzo. Gli ho detto di no e che questo non poteva succedere», racconta a verbale. Ma poi «era come se il mio corpo non mi appartenesse più». Gli altri tre indagati sono G. B., 24 anni, G. M., 23 e M. B. (23). «Io ho cercato di vedere, di scrutare in me stessa, di guardarmi allo specchio. Mi sono sentita sporca, ho sentito il mio corpo come se non fosse il mio».

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