L’appello a Messina Denaro dalla clinica di Palermo: «Stai morendo, non manca molto: parla»

Nel suo lungo post sui social, la responsabile legale della clinica oncologica dove si curava il boss mafioso minaccia querele contro chi diffama la struttura

È un appello accorato quello lanciato dalla responsabile legale della clinica La Maddalena di Palermo, Alessia Randazzo, diretto all’ex paziente della struttura, Andrea Bonafede, alias Matteo Messina Denaro, che per circa due anni è stato curato dai medici palermitani per un tumore. Sui social, Randazzo si rivolge al boss mafioso chiamandolo con il nome che aveva usato quando frequentava l’ospedale oncologico: «Al signor Andrea Bonafede avrei da dire una sola cose: se facendoti prestare una vita che non meriti, nel cammino della malattia ti fossi specchiato in ognuno dei tuoi errori, adesso parla». Secondo Randazzo, come già aveva anticipato un oncologo della stessa struttura nelle ore successive all’arresto del boss, a Messina Denaro resterebbe poco tempo per le sue condizioni di salute. Secondo l’avvocata, Messina Denaro farebbe bene a farsi una sorta di esame di coscienza, alla luce anche dei suoi atroci crimini, come quello al 12enne Giuseppe Di Matteo, strangolato e poi sciolto nell’acido per ordine del boss dopo due anni di prigionia: «Fallo ora – scrive Randazzo – che sai che non manca molto al momento in cui quel bambino e tuti gli altri te li ritroverai davanti».


Contro la clinica «giacimenti di cattiveria liquida»

A chi invece ha sollevato dubbi e sospetti sul personale della clinica e su quanto fossero davvero ignari che quel paziente altri non fosse se non il boss mafioso, l’avvocata Randazzo risponde: «La volgarità, l’insinuazione, l’illazione sono state le scorciatoie più imboccate in queste ore, quando invece le responsabilità e le risposte sono scritte tutte nella cartella clinica della Repubblica italiana. Per la quale, mi pare evidente, non c’è schema di terapia che possa condurre a guarigione». I responsabili della clinica finora hanno collaborato con i carabinieri del Ros, consegnando la documentazione relativa al paziente Andrea Buonafede. Nessuno del personale è stato indagato, per quanto i momenti di polemica non sono mancati. Come per esempio quando è stato diffuso un selfie di un chirurgo con il boss fatto all’interno della struttura, tempo prima dell’arresto. Nonostante tutto, ricorda l’avvocata, sulla struttura sono piovuti «giacimenti di cattiveria liquida – da parte degli – elefanti dei giudizi sommari, ignari di come si sta al mondo».


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