Zelensky a Sanremo, l’idea del direttore di Avvenire per la par condicio al Festival: «Parlino anche voci russe di pace»

Il direttore del giornale dei vescovi protesta contro la decisione di ascoltare nella finale di Sanremo solo il presidente ucraino

«Anch’io preferirei che i Capi di Stato e di Governo si adoperassero, coi loro diplomatici, per porre fine alla guerra. E dal sanremese palco dell’Ariston anch’io vorrei poter ascoltare quest’anno voci di pace. Di quelli e quelle che hanno l’ardire di obiettare alla disumanità dello scontro bellico. Meglio se ucraini e russi insieme, come nel terzetto del premio Nobel 2022». Così il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, prende posizione nella polemica scoppiata sulla partecipazione di Zelensky a Sanremo 2023. «Certo, Sanremo non è Oslo, ma alla sua speciale maniera (in italiano e in musica) parla al mondo intero, e non sarebbe affatto male ricordare anche dalla Città dei Fiori e del Festival che è lungo la via dove s’intrecciano volontà e voci di “nemici” che finirà il massacro e si uscirà dall’incubo», scrive oggi 29 gennaio nella rubrica in cui risponde ai lettori. E aggiunge: «Mi piacerebbe molto ascoltare almeno una delle (troppo poche) ballate tradotte in italiano del grande Bulat Okudzava, premio Tenco 1985. Magari insieme a una delle canzoni dell’altrettanto grande e coraggioso Juri Shevchuk, che nell’ottobre scorso avrebbe dovuto essere nella città ligure per ritirare a sua volta (assieme al gruppo rock Ddt) il riconoscimento dedicato a Tenco, e non ha potuto a causa della guerra».


«Non diteci che dobbiamo ascoltare solo il presidente ucraino»

Il direttore di Avvenire specifica poi più direttamente: Per favore nessuno si sogni di dirci che dovremo ascoltare pure al Festival solo Zelensky e non anche quei disarmati cantori russi della pace e della giustizia. Parli lui, e si dia voce agli altri». Espresso il suo desiderio di vedere anche voci di pace russe sul palco dell’Ariston, Tarquinio ha poi manifestato il suo dolore e la sua solidarietà «a tutte le vittime ucraine e russe denunciando senza paura la censura e le persecuzioni a cui viene sottoposto chi parla di pace e osa schierarsi nel suo Paese (e non solo lì) contro la guerra». E sul palco che avrà con buona probabilità il numero di ascolti più alto della serata, secondo il direttore di Avvenire la partecipazione di russi e ucraini insieme sul palco «sarebbe un segno di speranza». Questo perché «farebbe risuonare parole, idee, sentimenti e gesti di umanità pensati, cantati e incisi nella lingua ‘occupata’ dal presidente russo Putin, colui che porta la responsabilità più tremenda nella tragedia che si consuma sulla pelle di centinaia di migliaia di soldati sbattuti al fronte, delle loro famiglie e di tanti e tanti civili inermi».


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