Il prefetto Pecoraro e il segreto di Stato sulla bara di Erich Priebke: «Così lo seppellimmo in un carcere»

L’attuale coordinatore della lotta all’antisemitismo racconta come trovò la soluzione per la sepoltura

Giuseppe Pecoraro è stato prefetto di Roma dal 2008 al 2015. Attualmente è coordinatore nazionale della lotta contro l’antisemitismo per il governo Meloni. Oggi in un’intervista rilasciata a Repubblica racconta una vicenda che risale al 2013. Ovvero la sepoltura di Erich Priebke, criminale di guerra e agente delle Ss durante il secondo conflitto mondiale. Priebke aveva ricevuto una condanna all’ergastolo per aver partecipato alla pianificazione e alla realizzazione della strage delle Fosse Ardeatine. Stava scontando la sua pena in detenzione domiciliare in un appartamento di 100 metri quadri messo a disposizione dal suo avvocato difensore Paolo Giachini. Morì l’11 ottobre 2013 in via Cardinal Sanfelice a Roma all’età di 100 anni. Subito dopo il decesso l’allora sindaco di Roma Ignazio Marino decise di non provvedere alla sua sepoltura per motivi di ordine pubblico. E qui comincia il racconto di Pecoraro.


Il racconto

«Sapevo che Priebke si trovava nella Cappella del Gemelli, dov’era morto. Per cui ho pensato che lì si potesse svolgere il rito funebre, e ho chiamato il Cardinal Vallini, Vicario di Roma: subito si è detto d’accordo, ma quando si è reso conto che molte persone di destra e di sinistra si stavano mobilitando per andare al Gemelli, mi ha chiesto di trovare un’altra soluzione. Dovevo ricominciare», ricorda Pecoraro nel colloquio con Ezio Mauro, registrato all’interno del programma La Scelta. I figli di Priebke, che vivevano gli Stati Uniti e in Patagonia, non concedono l’ok alla cremazione. A questo punto «si pone il problema di cosa fare della salma. Una soluzione sta diventando urgente. Ed ecco che mi arriva un telegramma dalla Comunità lefebvriana di Albano Laziale, che si dichiara disponibile a officiare i funerali di Priebke». La salma viene traslata presso l’istituto Pio X. La cerimonia viene sospesa dopo l’aggressione del prete che la stava officiando. Si celebrano le esequie e nella notte la salma viene trasportata a Pratica di Mare.


Il funerale

Qui il racconto di Pecoraro si fa vivido: «Faccio arrivare ad Albano Laziale un furgoncino anonimo con agenti di polizia in borghese. Quando i neofascisti vanno a mangiare gli agenti penetrano all’interno, trasportano la bara fuori attraverso la finestra, la caricano sul camioncino e partono». Nessuno vuole il corpo del nemico: «Guardi, a un certo punto ho ipotizzato un trasferimento della salma in Argentina, dove Priebke aveva vissuto per un lungo periodo. Ma Buenos Aires non ha mai risposto ai nostri sondaggi. Poi ho pensato alla Germania. Ma i tedeschi non ne volevano proprio sapere. Chiedevano soltanto che noi arrivassimo infine alla sepoltura del corpo. Rifiuto netto anche dai cimiteri militari tedeschi, perché Priebke non era morto in guerra. E dai sindaci di quattro città, che contatto e mi dicono di no».

La soluzione

A quel punto, ricordando che tecnicamente Priebke era detenuto, Pecoraro trova la soluzione: «Mi sono detto, ma se muore un detenuto dove si seppellisce? Se nessuno richiede la salma, si seppellisce nel cimitero del carcere». E ancora. «Dovevo trovare un carcere il cui cimitero non era amministrato da un sindaco. Con fatica lo abbiamo individuato, ho chiamato il direttore del carcere e l’ho informato di dover svolgere un’azione coperta dal segreto di Stato». Pecoraro si fa fare una delega dal ministero sull’operazione: tutto dovrà essere coperto da segreto. Informa i figli del morto. Porta la salma nel carcere scelto. Il direttore e gli uomini che la trasportano non sanno chi c’è dentro. La bara coperta da un telo entra nel carcere nella sospensione della domenica, quando non ci sono visite né lavori, mentre i detenuti sono tutti in cella.

La sepoltura

Della sepoltura si occupano «due carabinieri partiti da Roma con una zappa, un piccone e una croce». Che finirà sulla tomba, con un numero. Quel numero è riportato su un foglio che io ho custodito nella cassaforte in prefettura. Serve a identificare la tomba, se un giorno i figli vorranno visitarla». Ma a Pecoraro non risulta che siano mai venuti. Nel novembre 2013 il quotidiano pubblicò alcuni scatti della tomba di Priebke. L’avvocato smentì che ritraessero la tomba. Successivamente l’Espresso scrisse nel 2015 che la tomba si trovava in un carcere in disuso come quello di Pianosa o nel carcere dell’isola di Capraia, chiuso dal 1986.

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