Vigilanza Rai, la sfida tra Conte e Renzi per prendersi la presidenza: strada sbarrata a Ricciardi, lo stallo favorisce Boschi

Tra i parlamentari si parla di un’inedita vicinanza tra Lollobrigida e la galassia 5 stelle, ma nella partita potrebbe avere un peso anche il “debito” di La Russa

Che la contesa per presiedere la commissione di vigilanza Rai avrebbe visto come protagonisti Riccardo Ricciardi, del Movimento 5 stelle, e Maria Elena Boschi, del Terzo polo, lo avevamo annunciato già lo scorso novembre. Ma con la recente nomina dei 42 componenti della bicamerale e la data fissata – il 21 marzo – per eleggere il presidente, gli intrighi della sfida stanno venendo allo scoperto. Anche perché, in campo, sono scesi in prima persona i leader dei due partiti di opposizione che possono ambire alla casella, Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Iniziato il valzer di telefonate ai membri della commissione, incontri negli uffici e schieramento dei pontieri delegati a fornire più rassicurazioni che promesse. Perché se la grammatica della consuetudine vorrebbe che i 5 stelle, seconda forza della minoranza, esprimessero il presidente, la verità è che il nome sul quale si è imputato Conte preoccupa gli altri partiti. Ricciardi è considerato alla stregua di un grillino radicale della prima ora, scomposto negli equilibri parlamentari, divisivo, «impresentabile», lo definisce qualcuno. E allora, più sulla stampa che nei palazzi, si è fatta strada l’ipotesi dell’altra 5 stelle, Barbara Floridia. Un nome che a Open risulta azzardato per due ragioni.


La prima è che, per prassi, la presidenza dovrebbe spettare a un deputato, visto che nella scorsa legislatura a guidare la bicamerale c’era un senatore, Alberto Barachini. La seconda è che l’investitura della senatrice Floridia a un incarico di garanzia come quello della vigilanza Rai risulterebbe incongruente con il suo ruolo di capogruppo del Movimento a Palazzo Madama. Altro scenario sondato sarebbe, allora, quello di Chiara Appendino che, però, non è stata scelta dal partito come membro della commissione. Per far spazio all’ex sindaca di Torino, Conte dovrebbe sostituire uno dei suoi componenti appena nominati. Una mossa che sbugiarderebbe la lista appena stilata per la commissione e, soprattutto, la barricata che va avanti ormai da mesi sul nome di Ricciardi. Più va avanti lo stallo, più prende quota l’opzione Terzo polo. Renzi si è speso personalmente per garantire l’affidabilità di una figura come quella di Boschi. Una donna che di equilibri politici se ne intende, esponente di un partito che da strategie, accordi sotto traccia e “mosse del cavallo” ha saputo trarre buona parte della sua rilevanza parlamentare, con un rapporto di forza che non sempre rispecchia quello del voto delle urne.


Tra gli alleati di Renzi in questa partita ci sarebbe un nome di peso della maggioranza. Ignazio La Russa. Anche se non è mai stato ammesso ufficialmente, è opinione diffusa che il senatore toscano abbia aiutato l’esponente di Fratelli d’Italia a superare il fuoco amico di Forza Italia per farsi eleggere presidente di Palazzo Madama. Un’intesa che, come contropartita, potrebbe aver incluso proprio la bicamerale: il Terzo polo, da terza forza di opposizione, sapeva che la guida del Copasir sarebbe andata al Partito democratico e quella della Vigilanza Rai ai 5 stelle. Dopo essere stati esclusi dai principali ruoli degli uffici di presidenza delle Camere, la commissione che eleggerà il proprio presidente il prossimo martedì è entrata a pieno titolo nelle mire terzopoliste. Se Renzi può contare su La Russa, in questa fase appare indecifrabile a molti l’inedita vicinanza tra Francesco Lollobrigida e la galassia 5 stelle: è il ministro dell’Agricoltura lo sherpa di primo grado schierato da Giorgia Meloni per la questione Rai.

Come si spiegherebbe l’asse M5s-FdI? Qualcuno sostiene che l’obiettivo primario, adesso, sia diventato quello di espungere le ascendenze piddine e renziane sul servizio pubblico. Scottati da Sanremo, i meloniani sono certi che agli importanti appuntamenti elettorali del 2024 non ci si possa arrivare con il rischio che, in Rai, siano prevalenti figure opposte alla linea della maggioranza. Lucio Presta, deus ex machina dei personaggi televisivi e amico personale di Renzi, ad esempio è considerato troppo influente anche nelle dinamiche Rai. Conte, che in questo momento vede la risalita del Pd di Elly Schlein nel consenso del campo della sinistra, ha bisogno che le emittenti non propendano troppo per la figura nuova e carismatica della segretaria.

Tra alcuni 5 stelle serpeggia il dubbio che anche tra i voti del Pd possa esserci qualche défaillance: per essere eletti membri della commissione, sono necessari i “sì” dei tre quinti dei votanti. Saranno compatti i Dem sul nome del Movimento, per onorare il patto stretto per l’elezione di Lorenzo Guerini alla presidenza del Copasir? Non basterebbero i loro voti, più quelli dei 5 stelle e di tutto il gruppo di FdI per spuntare la partita. Ne servirebbero altri due. Un margine risicato che spaventa e porta diversi esponenti della maggioranza a chiosare: «Se il M5s cambia nome, è fatta». Accetterà Conte di sconfessare se stesso e Ricciardi per avere un suo uomo alla presidenza della commissione?

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