Sudan, in salvo tutti i connazionali che hanno chiesto di partire. Meloni: «L’Italia non lascia indietro nessuno»

Ad annunciare la riuscita delle operazioni anche il ministro degli Esteri Tajani: «Orgoglioso del grande lavoro di squadra»

«Tutti gli italiani che hanno chiesto di partire dal Sudan sono in salvo ed in volo verso Gibuti». A farlo sapere è il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Sono orgoglioso del gioco di squadra che ha portato al successo di questa delicata e complessa operazione di evacuazione. Ringrazio i militari, l’intelligence e la diplomazia italiana», ha scritto su Twitter. Fonti della Difesa fanno sapere che da Khartum è partito anche l’ultimo aereo con l’ambasciatore e il personale militare diretto per Gibuti. Poche ore fa il ministro aveva annunciato le operazioni di evacuazione per tutti i connazionali che avevano chiesto di lasciare il Sudan, dove proseguono i combattimenti tra esercito e paramilitari. Un clima ancora incandescente nonostante la tregua concordata tra le parti che ha spinto il governo italiano ad agire per mettere in salvo al più presto tutti i connazionali. «Il presidente del Consiglio è costantemente informato», aveva continuato Tajani, «e contiamo, se le cose andranno per il verso giusto, di avere i nostri connazionali il 24 aprile in Italia». E a commentare la riuscita delle operazioni di evacuazione è proprio la presidente Giorgia Meloni: «Dopo una giornata di trepidante attesa, tutti i nostri connazionali in Sudan che hanno chiesto di partire sono stati evacuati. Con loro ci sono anche cittadini stranieri. L’Italia non lascia nessuno indietro», ha detto in una dichiarazione lasciata nella serata del 23 aprile. «Voglio ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questa operazione così difficile, in piena zona di combattimento, il mio plauso va al ministro degli Esteri Antonio Tajani e all’Unità di crisi della Farnesina, al ministro della Difesa Guido Crosetto, al Sottosegretario Alfredo Mantovano, al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone». E ancora: «Grazie al comandante del Covi, il generale Francesco Paolo Figliuolo, al nostro ambasciatore in Sudan, Michele Tommasi, ai Servizi di Sicurezza. Voglio rinnovare anche in questa occasione il mio appello alla fine della guerra, all’apertura di un negoziato che conduca a un governo a trazione civile, il Sudan ha bisogno di pace».


L’organizzazione dell’operazione

Nella mattinata di oggi, 23 aprile, l’Unità di crisi della Farnesina aveva inviato un messaggio agli italiani ancora presenti in Sudan, circa 140 persone: «Cari connazionali, con il nostro ministero della Difesa stiamo lavorando a una finestra di opportunità per lasciare Khartoum via aerea, che potrebbe avere luogo nella giornata di oggi. Il punto di raccolta sarà entro le 12 presso la residenza dell’Ambasciatore d’Italia». E l’operazione sembra essere in effetti in pieno svolgimento. A darne conferma sono, per ora, fonti sudanesi. I paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno infatti fatto sapere via Twitter di aver sovrinteso nella serata di domenica all’evacuazione di cittadini italiani dalla residenza dell’ambasciatore di Khartoum 2. Secondo i paramilitari, ad essere portati in salvo sono stati, oltre al personale dell’ambasciata, «anche 41 cittadini italiani, a bordo di 6 automezzi e un autobus». «La missione è stata eseguita con la massima professionalità ed efficienza, garantendo sicurezza e protezione», tengono a precisare le Rsf, secondo le quali «la rapidità dell’azione testimonia il nostro impegno a proteggere i cittadini in tempi di crisi».


L’evacuazione del personale Usa

La notte scorsa, gli Stati Uniti avevano raggiunto per prime un accordo con le Forze di supporto rapido (Rsf) e hanno evacuato il personale e le famiglie dei diplomatici che operano presso l’ambasciata e statunitense a Khartoum. Nelle scorse ore, da Washington, è stato reso noto che sono state completate le operazioni con aerei militari e che l’ambasciata degli Stati Uniti in Sudan è chiusa, in via temporanea.

Tajani: «Il governo sta facendo tutto quello che serve»

«Il governo sta facendo tutto quello che serve» per garantire la sicurezza degli italiani che si trovano in Sudan, aveva assicurato nella serata di sabato 22 aprile, a SkyTG24 lo stesso ministro degli Esteri Tajani. Al contempo, ha spiegato il ministro, l’esecutivo «è in contatto con le due fazioni, per sostenere la tregua e per spingere in favore di un cessate il fuoco duraturo. A Gibuti ci sono già gli aerei da trasporto della 46esima aerobrigata: è stato fatto tutto quel che bisognava fare. Il governo segue minuto per minuto la situazione: dobbiamo vedere come si evolve». Nelle scorse ore, inoltre, a Palazzo Chigi si è svolta una riunione per predisporre il piano d’evacuazione d’emergenza per i cittadini italiani in Sudan. Oltre ai responsabili dell’Unità di crisi della Farnesina e dei servizi, hanno partecipato alla riunione il capo di Stato Maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone, il responsabile del Comando operativo interforze, ossia il generale Francesco Paolo Figliuolo, ma anche la premier Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Tajani e il sottosegretario di Stato, Alfredo Mantovano.

Il piano di evacuazione della Francia

Anche la Francia ha dato il via a un’«operazione di evacuazione rapida» dei suoi cittadini e del personale diplomatico. Come spiegato dalla ministra degli Esteri francese, Catehrine Colonna, nell’operazione di messa in sicurezza sono stati coinvolti anche «altri cittadini europei e quelli di Paesi partner alleati». Al contempo, le Forze di supporto rapido (Rsf) in Sudan hanno assicurato «piena cooperazione con tutte le missioni diplomatiche, fornendo tutti i mezzi di protezione necessari e garantendo il loro ritorno sicuro nei loro Paesi». I cittadini francesi sarebbero circa 300 ma nel convoglio ci sarebbero anche belgi e altri cittadini europei. Le fonti dell’Eliseo non hanno confermato le voci di un attacco con un drone al convoglio, che avrebbe portato al ferimento di un cittadino francese.

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