La scomunica del Pd dopo l’addio di Borghi: «Gesto gravissimo verso gli elettori». E ora Renzi al Senato ha i numeri per un suo gruppo

Marco Meloni, fedelissimo della segreteria di Enrico Letta, è il più duro: «Quel che afferma su Schlein somiglia in modo inquietante alla caricatura che ne fanno gli ambienti di destra»

L’intervista che Enrico Borghi ha dato a Repubblica per annunciare il suo addio al Partito democratico e il passaggio nella corte renziana non lascia indifferenti gli ormai ex compagni di partito. Il più duro è il collega del Senato, Marco Meloni, coordinatore nazionale della segreteria dal 2021 al 2023, quando al Nazareno comandava Enrico Letta. «La decisione del senatore Borghi di abbandonare il gruppo del Pd in Senato è un gesto di gravità inaudita. Anzitutto, quel che afferma sulla segreteria del Pd somiglia in modo inquietante alla caricatura che ne fanno gli ambienti di destra e non ha alcuna corrispondenza con la realtà dei fatti. In secondo luogo, Borghi viene meno all’impegno assunto appena pochi mesi fa coi nostri elettori alle elezioni politiche, con gli elettori che hanno votato alle primarie del Pd e con tutta la comunità democratica». Meloni, nella sua nota, definisce l’adesione di Borghi a Italia Viva come un «gesto isolato». E si dice certo che azioni come quella del membro del Copasir non freneranno «il percorso di crescita e cambiamento che fa del Pd, in una logica di apertura e pluralismo, il perno di una coalizione di centrosinistra progressista e riformista capace di contrastare e battere l’estrema destra attualmente al governo».


Dopo Meloni, anche la deputata Dem Marianna Madia smonta le motivazioni che Borghi ha dato per giustificare il suo passaggio con Matteo Renzi: «Mi dispiace molto che Borghi, collega che stimo per competenza, capacità e valori, abbia lasciato il Pd. Penso (ancora) che la voce e lo spazio dobbiamo avere la forza di trovarli nella comunità democratica. Dipende da noi». Nel suo tweet, Madia tagga anche la deputata Lia Quartapelle e il senatore Filippo Sensi. Anche un’altra esponente del Pd, Alessia Morani, si dissocia dalla manovra di Borghi: «Trovo che le ragioni dell’addio del “neo ulivista” Borghi siano poco comprensibili dette da lui. Le politiche che sarebbero all’origine del suo addio e proposte dalla nuova segretaria Elly Schlein erano per lo più condivise dalla segreteria Letta di cui faceva parte Borghi stesso». Intanto, in ambienti vicini al Terzo polo, si ripete un calcolo numerico che potrebbe preoccupare Carlo Calenda. Con l’ingresso di Borghi, i senatori di Italia Viva diventano sei: il numero minimo per costituire un gruppo autonomo di renziani a Palazzo Madama. I quattro senatori di Azione, se ci dovesse essere effettivamente una scissione, non sarebbero sufficienti per essere autonomi e dovrebbero transitare nel Misto.


Leggi anche: