Valentina Petrillo: «Io, prima transgender italiana a correre ai mondiali da ipovedente»

Ha completato la transizione nel 2020. Gareggia grazie a un alias della Fispes

Valentina Petrillo 49 anni, napoletana, atletica paralimpica in classe T12, corre nella categoria Visually impaired, essendo ipovedente. Sarà impegnata nei Mondiali a luglio. Ma soprattutto all’età di 46 anni ha scelto di intraprendere un percorso di transizione verso il genere femminile. Petrillo è affetta dalla malattia di Stargardt. Si tratta di una patologia genetica. Ma la sua, dice in un’intervista a La Stampa, è stata una corsa a ostacoli: «Ho capito di non essere nel mio genere all’età di 5 anni o 6 anni. Ma l’ho sempre combattuta credendola una cosa negativa. Certi eccessi che vedevo in tv poi, non mi hanno mai ispirato: io non ero così, mi vedevo donna, ma in scarpe da ginnastica e tuta, senza “mascherone”».


La World Athletics

Ma, essendo transgender, per la World Athletics non può gareggiare alle manifestazioni: «Già dal 2015, il Cio ha emanato le prime linee guida sul trattamento delle persone transgender, parlando di 10 nanomoli di testosterone nel sangue. World Athletics è quella che, invece, ha tenuto le norme più restrittive, fino ad arrivare a depennare le persone transgender, dallo scorso 1° aprile: fa specie pensare che il 31 marzo era la giornata internazionale della visibilità transgender e il giorno dopo hanno reso invisibile Valentina». E quindi dal 2018 al 2020 ha dovuto restare ferma: «Per fortuna, il mondo paralimpico ha risposto in una maniera fantastica alla mia richiesta e la Fispes ha creato un alias che mi permettesse di gareggiare, riconoscendomi nello sport come Valentina pur essendo ancora Fabrizio sui documenti. Dal gennaio scorso sono Valentina anche per lo Stato», dice ad Alberto Dolfin.


La prima trans italiana a correre

Ha ancora problemi però nel quotidiano: «Prima ero famoso come Fabrizio l’ipovedente, ora la gente si è dimenticata della malattia agli occhi e mi guarda solo perché sono trans. Ci sono persone che si sono dimenticate che ho un problema alla vista e una mia amica che mi conosce da vent’anni l’altro giorno mi ha chiesto se prendessi io la macchina, che nemmeno ho mai avuto la patente. In generale, siamo più avanti nello sport paraolimpico rispetto all’apertura sull’identità di genere. Vorrei essere ricordata per i risultati sportivi, piuttosto che per essere stata la prima trans italiana a correre».

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