Caso Orlandi, il fratello Pietro contro il Vaticano: «Mi hanno screditato per non arrivare alla verità»

L’affondo alla vigilia dei 40 anni della scomparsa della sorella Emanuela: «Cerchiamo ancora la verità. Domenica saremo in piazza san Pietro durante l’Angelus»

Un passo avanti e due indietro, è così da 40 anni. E secondo Pietro Orlandi, che alla vigilia del quarantennale della scomparsa della sorella Emanuela Orlandi interviene alla presentazione del libro Cercando Emanuela dell’avvocato di famiglia Laura Sgrò, sta succedendo ancora. «Non avrei mai immaginato di arrivare dopo 40 anni e dire che cerchiamo ancora la verità, dico sempre “questo è l’anno giusto”, ma quest’anno è un po’ diverso», ha detto Pietro, riferendosi all’inchiesta aperta dal promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi lo scorso gennaio per far luce sulla vicende della scomparsa dell’allora 15enne Emanuela. A questa, ha fatto seguito l’apertura di un fascicolo da parte della Procura di Roma.


Secondo Orlandi c’è stato un momento di sintonia e grande condivisione, sia da parte delle autorità vaticane e italiane, sia da parte della politica. Un momento che però potrebbe già essere sfumato. «Alla Camera c’era stato un voto unanime, un unico partito, avevamo la solidarietà del presidente della Camera, del Senato, del sottosegretario Mantovano che si era reso disponibile, c’è stata una nota di palazzo Chigi e dicevano faremo di tutto per fare chiarezza», ha ricordato, ma «a quel punto, evidentemente, in Vaticano si sono trovati in difficoltà e hanno detto: “Dobbiamo trovare il modo di screditare la situazione”». E l’occasione, sempre secondo Orlandi, l’avrebbe fornita lui stesso. «Gli ho dato una mano con le mie frasi», ha detto, riferendosi a una parte del colloquio con Diddi in cui ha parlato delle presunte «scappatelle» di papa Giovanni Paolo II fuori dalle mura vaticane.


«Tutto cambia dal colloquio con il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, dell’11 aprile scorso. Io faccio i nomi di 28 persone, tra cui ci sono due monsignori polacchi, sono viventi, secondo me sono da ascoltare, erano amici stretti di Wojtyla, lo sanno tutti, con loro faceva qualche scappatella, usciva eludendo la sicurezza, questo io l’ho letto anche proprio nel libro del suo ex segretario Dziwisz in cui racconta come eludevano la sicurezza, e quando uscì nessuno si stupì di questo», ha detto Pietro Orlandi, «l’ho detto anche io quella sera ed proprio questo argomento è stato usato per screditarmi. E ha avuto i suoi effetti perché quello che sta succedendo al Senato – dove non è stata ancora approvata la Commissione di inchiesta sul caso – è figlio di questo screditamento».

Durante l’incontro, Orlandi ha anche detto che avrebbe voluto organizzare una manifestazione come quella del 2011, ma che il Campidoglio preferisce evitare per questioni di opportunità con l’avvicinarsi del Giubileo del 2025. «Ma domenica 25 giugno saremo in piazza San Pietro per l’Angelus», ha aggiunto, «spero che Papa Francesco, che ha voluto aprire le indagini, non manchi di dire due parole di speranza affinché si possa arrivare alla verità per dare giustizia ad Emanuela».

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