L’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico va all’attacco del governo Meloni per il Reddito di cittadinanza. Nell’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano Tridico parla di otto mesi persi e seicentomila persone in miseria dopo l’intervento sul sussidio. E dice che i ritardi sulla piattaforma di formazione sono surreali: «Oggi siamo alle riunioni con le Regioni. Otto mesi per farle oggi?», si chiede. Mentre il Supporto Formazione Lavoro «è legato a una piattaforma che non c’è ancora, per farla servono due decreti ministeriali che richiedono tempo. Non è questione di forma ma di sostanza, manca tutto quel che c’è intorno: i progetti, i soggetti aderenti, i meccanismi di presa in carico. Tutte cose in cui l’Italia non brilla da vent’anni. E il governo lo scopre solo ora lasciando sul lastrico centinaia di migliaia di persone ad agosto, quando la Pa va a rilento».
La formazione che non c’è
Nel colloquio con Carlo Di Foggia Tridico dice che «sono 350 euro mensili per corsi di massimo 12 mesi. In sostanza, sono una tantum e così pochi che non permettono al soggetto di sopravvivere. E quindi frequentare quei corsi, ammesso ci siano, diventa impossibile». E aggiorna i numeri degli interessati: «Il primo stop riguarda 160 mila nuclei, circa 250 mila persone, che solo in parte potranno essere prese in carico dai servizi sociali. Poi si andrà avanti a oltranza: da qui a gennaio saranno 600 mila nuclei, 80mila al mese, oltre un milione di persone. Tutta gente che dovrebbe andare su questa piattaforma, iscriversi a un corso, attivarsi e a cui, se va bene, si danno 350 euro mensili, una soglia inventata dal nulla senza nessun legame con la povertà e che non c’entra niente con il criterio del reddito minimo vitale previsto dalla proposta della Commissione europea a cui ha votato a favore pure il governo».
La mancata crescita del Pil
Secondo Tridico in Italia la crescita sta rallentando. Il rimbalzo post-Covid si sta esaurendo. Mentre la nuova spinta che dovrebbe arrivare dal Pnrr non si vede. «In questo scenario si aggiunge un’inflazione elevata che provoca un calo dei salari reali senza pari nei Paesi Ocse. Il governo ha tagliato gli aiuti e per i più poveri ha previsto una carta alimentare una tantum da 382 euro con assurdi vincoli sulla tipologia di acquisti e paletti talmente severi che tagliano fuori 1’80% dei potenziali nuclei beneficiari (1,3 milioni su sette). E parliamo dell’unico strumento di contrasto vero all’inflazione messo in campo per gli indigenti», aggiunge. La decisione apre a scenari pericolosi: «I dati Inps mostrano che il Rdc ha aumentato del 20% il reddito del 20% più povero degli italiani, una fascia che ha una propensione marginale al consumo del 100%. Insomma spende tutto quel che ha e peraltro le regole del Reddito lo imponevano vietando risparmi oltre i sei mesi. Otto miliardi versati nel circuito economico, in buona parte finiti in consumi, che è poi la componente del Pil che sta mancando. Ora se ne sottraggono almeno tre».
La concorrenza del Rdc alle imprese
Tridico infine risponde al presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che ha affermato che il Rdc fa concorrenza alle imprese: «Fa concorrenza solo al lavoro povero e a quello nero, che infatti è calato nei cinque anni di vita della misura di quasi 500 mila unità. Il Rdc ha evidenziato il vero problema italiano taciuto per decenni: i bassi salari e lo sfruttamento del lavoro. Per questo va mantenuto e affiancato al salario minimo: rende chiaro il trade off tra lavorare e non lavorare. Se prendo 1.200 euro netti mensili non sono invogliato a prendere un sussidio da 500 euro, se invece questa è la cifra che prendo lavorando è normale che faccia concorrenza».
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