Si chiama Pasquale Striano il tenente della Guardia di Finanza indagato nell’inchiesta sul dossieraggio abusivo dei politici. Mentre secondo Guido Crosetto pezzi dello Stato «volevano colpire la nascita del nuovo governo». L’investigatore dell’Antimafia, scrive oggi La Verità, indagava su due fratelli considerati (da lui) vicini alla malavita. Il ministro della Difesa risulta socio insieme a loro in tre diverse aziende. Il tenente Striano nella sua difesa sostiene proprio di aver recuperato i dati per un’attività di routine. Ovvero per il sospetto di un’attività di riciclaggio che non riguardava direttamente Crosetto. Gli inquirenti però non gli hanno creduto. A Perugia intanto decine di persone sono state interrogate nell’inchiesta coordinata da Raffaele Cantone. Il procuratore nazionale antimafia Melillo ha intanto già riorganizzato il servizio delle SOS.
Le segnalazioni di operazione sospetta
Ovvero le segnalazioni di operazioni sospette che Bankitalia riceve e a cui poi lavora per arrivare a segnalazioni che riguardano i reati finanziari, soprattutto il riciclaggio. Le Sos vengono inviate in copia anche all’Antimafia. Quella di cui parliamo parte da una denuncia in seguito a un articolo del quotidiano Domani che parlava dei compensi ricevuti da Crosetto da parte di Leonardo e altre aziende di armi italiane. Le indagini della procura di Roma hanno portato a individuare quale autore di alcuni accessi a banche dati pubbliche ritenuti da magistrati presumibilmente non leciti un appartenente alla Guardia di Finanza, in forza al nucleo di polizia valutaria della capitale ma distaccato al gruppo sos. Dopo essere stato individuato, il finanziere, già spostato ad altro incarico, è stato doverosamente indagato per l’accesso abusivo al sistema informatico.
L’indagine su Pasquale Striano
Sentito dai magistrati, il militare ha rivendicato la piena correttezza del suo operato ma nel corso delle indagini sono emersi anche «ulteriori possibili accessi non leciti», dunque riguardanti diversi altri soggetti. Striano, il cui nome oggi viene fatto da La Stampa, si era guadagnato la stima dei colleghi e dei magistrati per le sue capacità investigative. È diventato tenente dopo un concorso interno delle fiamme gialle di cui ha scritto lui stesso nel sito in cui svolge attività parasindacale. Prima, spiega La Verità, non servivano permessi per accedere alle Sos. Striano ha detto ai colleghi: «Io seguivo l’andamento criminale e sociale del Paese. Per esempio ho fatto degli appunti riservati su come la criminalità organizzata si stava infiltrando nelle varie attività durante il periodo della pandemia. È chiaro che ho dovuto fare mille interrogazioni per capire i loro business con i dispositivi anticovid e i canali di riciclaggio».
Le inchieste del tenente
Striano ha anche lavorato a un rapporto riservato sui collegamenti tra Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Si è anche occupato della latitanza in Libano dell’ex manager Publitalia. Ma ha effettuato accessi anche su Giuseppe Conte e la compagna Olivia Paladino, dopo le emersioni sui giornali degli affari di famiglia di lei. E ancora: Matteo Renzi, Matteo Salvini e il suo collaboratore Armando Siri. E ancora: la pm Antonia Gianmaria durante un interrogatorio gli avrebbe chiesto «Ma lei si sveglia la mattina e fa accertamenti sul presidente della Repubblica?». Il 27 febbraio Striano ha ricevuto l’avviso di garanzia. Il 3 marzo si è presentato a Perugia per l’interrogatorio. Gli accertamenti su Crosetto partono da un’indagine sui fratelli Giuseppe e Gaetano Mangione.
Le società di bed & breakfast
I due risultano soci di Crosetto in attività di bed & breakfast a Roma. La Apollinare srl, la Tor Sanguigna srl e la Zanardelli srl. In queste tre società hanno quote anche due ex calciatori della Lazio: Giuseppe Favalli e Giuliano Giannichedda. Nel suo appunto Striano sostiene che il ministro possa essere ignaro delle presunte relazioni dei fratelli. I quali invece sarebbero stati «indagati per avere posto a disposizione di sodalizi criminali la loro opera nel riciclare denaro illecito». Un’attività che potrebbe essere stata «reiterata nel tempo, atteso la vicinanza a personaggi funzionali alle dinamiche imprenditoriali di organizzazioni camorriste, ‘ndranghetiste e autoctone operanti nella Capitale». E sarebbero «risultati intranei e/o comunque saldamente vicini e funzionali a esponenti di primo piano di diversi sodalizi operanti nella Capitale, dediti soprattutto a una sistematica opera di riciclaggio».
I fratelli Mangione
L’indagine parte da un narcotrafficante arrestato nel 2018, Fausto Pellegrinetti, che avrebbe avuto rapporti finanziari con la famiglia Mangione. Gaetano e Giovanni sarebbero emersi nelle attività investigative «perché implicati nell’importazione e gestione di macchinette da gioco attraverso società costituite in Brasile e nell’isola del Jersey, settore economico ove Pellegrinetti aveva deciso di investire i capitali illeciti». La nota prosegue: «Ulteriori e preliminari approfondimenti sui fratelli Mangione hanno fanno emergere un particolare attivismo in attività imprenditoriali nel settore ricettivo e della ristorazione, partendo dalla gestione di un ristorante a Roma nella nota zona di Ponte Milvio (denominato Met), già oggetto di cronache giudiziarie, e nel cui ambito, è stato appreso, operavano anche uomini riconducibili a Massimo Carminati». Gaetano Mangione avrebbe anche gestito il Dom Hotel di via Giulia 5. Che si trova di fronte all’ingresso della sede di Roma della Dna.
Il ministro Crosetto
In una lettera al Corriere della Sera il ministro Crosetto dice che pezzi dello Stato volevano minare la nascita del governo Meloni. Scrive Crosetto: «Ma perché c’è chi fa uscire ora questa notizia? Ho un sospetto grave: non è che qualcuno vuole alzare polveroni per nascondere la verità? Chi sta cercando di precostituirsi delle difese? Come funziona il circuito dei dossier nel rapporto con chi, poi, li rende pubblici? E le fughe di notizie di indagini coperte dal segreto? Chi li fa uscire, con quali logiche, quali obiettivi? Li usa a vantaggio di un singolo o per un gruppo? Gratuitamente o per lucro? Pubblici ufficiali, pagati dai contribuenti, diffondono indagini costruite ad arte, per infangare o procurare effetti e danni politici?».
Le domande più gravi
E ancora: «Ho lasciato per ultima la domanda più grave: perché colpire anche la Dna, il più alto baluardo morale contro la criminalità organizzata? Cui prodest? Non certo alla magistratura onesta che, con coraggio, lavora per difendere ognuno di noi. Temo che, dietro questa gravissima vicenda, ci possa essere un mondo grigio, un porto delle nebbie, che sarebbe interesse nazionale disvelare. Ho dunque deciso di sporgere una nuova denuncia per violazione del segreto istruttorio, al fine di aiutare il lavoro dei magistrati e di ottenere la verità su una vicenda inquietante, ma anche a tutela dell’indagato stesso, l’ufficiale della Guardia di finanza. Perché io tutelo anche chi ha, magari, cercato di infangarmi, non so per quale motivo».
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