Taranto, la mamma che rivuole il figlio abbandonato: cosa dice la legge e perché rischia l’accusa di tentato omicidio

Il caso del neonato lasciato in un cassonetto: lei si è presentata per il riconoscimento. Ma…

La 23enne madre del neonato abbandonato vicino a un cassonetto a Taranto ha cambiato idea. Ora vuole riconoscere il bambino, che è stato chiamato Lorenzo. «Avevo paura di perdere il lavoro», ha detto nei giorni scorsi agli inquirenti che l’hanno indagata per abbandono di minore. Per questo ieri mattina ha chiesto all’avvocato che la assiste, Francesco Zinzi, di poter procedere al riconoscimento. Il tutto non è potuto avvenire a causa di un intoppo burocratico. Lei aveva lasciato il reparto di ostetricia dove è ricoverata insieme al legale per presentarsi nell’ufficio in cui avvengono i riconoscimenti. Ci riproverà oggi. Ma bisognerà anche attendere il parere della procura dei minori. Che dovrà fare delle valutazioni sull’affidamento.


La storia

Lei ha anche un altro figlio che vive in Georgia. Il procuratore Stefania Ferreri Caputi avrà l’ultima parola. La 23enne rischia ancora l’arresto nel caso in cui le venisse contestata anche l’accusa di tentato omicidio. La donna nel pomeriggio di venerdì 11 aveva partorito il neonato nel bagno della donna che assiste, recidendo poi da sola il cordone ombelicale e gettando la placenta nella spazzatura. La mattina seguente aveva lasciato il piccolo in una busta rigida della spesa, avvolto in una copertina e con accanto un peluche, vicino ai cassonetti e si era allontanata. A scoprire il piccolo era stata una donna che portava a passeggio i suoi cani, attirata dal vagito del bimbo, poi condotto in ospedale con un’ambulanza del 118. La badante georgiana era stata rintracciata qualche ore dopo dalla Polizia, che aveva visionato le immagini delle telecamere di videosorveglianza. Lei ha anche rischiato l’emorragia dopo il parto.


La legge

Cosa dice la legge italiana riguardo i casi di figlio non voluto? Le norme consentono alla madre di non riconoscere il bambino. In questo caso sull’atto di nascita verrà registrato come “nato da madre anonima”. Sono attive in molte parti del paese le cosiddette “culle per la vita”. Si tratta di strutture concepite per lasciare in sicurezza i neonati da parte delle mamme in difficoltà. Nel pieno rispetto della privacy di chi lo deposita. Per il Testo Unico sull’immigrazione (articolo 19) non è consentita l’espulsione nei confronti delle donne in stato di gravidanza e nei 6 mesi successivi alla nascita del figlio.

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