Landini vuole un referendum per abolire le «leggi precarizzanti» sul lavoro

Il segretario della Cgil: «Se è aumentata la disuguaglianza e si può essere poveri anche lavorando non è per colpa di chi lavora, ma per le scelte sbagliate che sono state fatte»

Si era detto pronto a tutto il segretario della Cgil Maurizio Landini pur di «cancellare gli strumenti che bruciano il futuro dei lavoratori». E oggi, dalle colonne di QN, il segretario della Cgil rilancia l’idea di organizzare un referendum: «Se governo e Parlamento non intervengono siamo pronti nei prossimi mesi a prendere in considerazione un referendum per abrogare quelle leggi folli, compreso il Jobs Act». Landini osservando che ogni anno 120mila giovani decidono di andare all’estero per lavoro, «penso che sia venuto il momento di mettere in discussione quelle logiche sbagliate che hanno prodotto leggi precarizzanti e un impoverimento del lavoro». E il segretario della Cgil aggiunge: «Se è aumentata la disuguaglianza e si può essere poveri anche lavorando non è per colpa di chi lavora, ma per le scelte sbagliate che sono state fatte: noi stiamo chiedendo di cambiare le leggi precarizzanti fatte da tutti i governi».


Quanto alla Manovra, Landini dichiara che «non è vero che non ci sono risorse». A suo avviso «servono scelte chiare e diverse: mi riferisco al Pnrr, ai fondi comunitari 2021-2027, al Fondo di sviluppo e coesione: qui ci sono risorse decisive per affrontare quei nodi strutturali che possono dare un futuro al nostro Paese». E il sindacalista tiene il punto: «Le risorse vanno prese dove sono: serve una vera lotta all’evasione fiscale perché con 100 miliardi di evasione si deve dire basta ai condoni e ai concordati preventivi. È il momento di tassare la rendita finanziaria e le rendite immobiliari». Quanto alla querelle tra maggioranza e opposizione sul salario minimo, secondo Landini, «è un errore scaricare responsabilità politiche sul Cnel, che non può sostituirsi né al governo né al Parlamento né tantomeno alle parti sociali». E il segretario della Cgil ribadisce: «È il governo Meloni che si deve assumere le sue responsabilità, convocando le parti sociali più rappresentative».


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