Tensione Ue-Tunisia: Saied nega l’ingresso a una delegazione di europarlamentari, i socialisti invocano la sospensione del Memorandum

A meta luglio, Meloni, Rutte e von der Leyen sono stati protagonisti di un accordo per migliorare la cooperazione con il Paese nordafricano. Accordo che si è rivelato vano

A metà luglio, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente dimissionario dei Paesi Bassi, Mark Rutte, partirono in missione alla volta di Tunisi. Tra foto celebrative e conferenze stampa per rivendicare la centralità della propria azione, i tre siglarono con il presidente tunisino Kais Saied un Memorandum d’intesa. In sintesi, Bruxelles ha promesso di erogare al Paese nordafricano centinaia di milioni di euro: una parte per stabilizzare le finanze in crisi, un’altra per supportare la gestione dei migranti. Le rotte verso l’Europa, che in passato si concentravano in Libia, da qualche tempo hanno iniziato a prediligere le coste tunisine. Il non detto dell’accordo? In cambio di soldi per costruire centri di accoglienza e organizzare rimpatri, la Ue avrebbe chiesto alla Tunisia di non fare salpare i barchini e tenere lontano dall’Europa i flussi di origine sub-sahariana. A due mesi da quella firma in pompa magna, a Lampedusa e sulle coste del Meridione continuano ad arrivare decine di imbarcazioni al giorno. Sull’isola, attualmente, il numero di migranti ha superato quota 7 mila e, da inizio anno, sono sbarcate in Italia quasi 125 mila persone. Un record.


Ingresso negato dalla Tunisia agli europarlamentari

L’accordo si sta rivelando vano e, in questo contesto, è deflagrata la tensione tra Tunisi e Bruxelles. Oggi, 14 settembre, una delegazione di eurodeputati della commissione Affari esteri sarebbe dovuta entrare nel Paese. A guidarla, gli onorevoli Michael Gahler, Dietmar Koster, Salima Jenbou, Mounir Satouri, Emmanuel Maurel, afferenti ai gruppi di Ppe, S&d, Renew, Verdi, Sinistra. Una missione di due giorni, come le altre che ciclicamente compiono i membri del Parlamento europeo. Nello specifico, quella in Tunisia aveva come obiettivo quello di «comprendere la situazione politica attuale del Paese, sostenere un dialogo nazionale inclusivo, e valutare il Memorandum d’intesa firmato dall’Ue e dalla Tunisia». Il governo tunisino, con un atto inaspettato, non ha concesso agli europarlamentari il permesso di varcare i confini del Paese. Sono saltati, così, gli incontri già organizzati con i membri della società civile, i sindacati e gli esponenti dell’opposizione politica al presidente Saied. La mancata autorizzazione all’ingresso nel Paese ha fatto infuriare gli eurodeputati. Specialmente i Socialisti.


La condanna dei socialisti e la richiesta di sospendere il Memorandum

«Chiedo alla presidente del Parlamento europeo una dichiarazione in cui condanni il rifiuto d’ingresso degli eurodeputati da parte del governo tunisino ed esorto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, a sospendere immediatamente l’attuazione del Memorandum», ha scritto in una nota la capogruppo dei Socialisti, Iratxe Garcia Perez. «Serve una valutazione sulla legalità del memorandum di intesa Ue-Tunisa da parte dei servizi giuridici del Parlamento europeo». Intanto, i membri del governo italiano devono affrontare la crisi dei flussi migratori che si sta abbattendo su Lampedusa. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha invocato «un intervento dell’Unione europeo», al fine di «affrontare la situazione dall’inizio, fin da dove partono i barchini». Si tratta di imbarcazioni di piccole dimensioni «a bordo delle quali non ci sono gli scafisti», sostiene il ministro. I trafficanti, ha spiegato Urso, istruirebbero un migrante per navigare lungo il breve tragitto che separa la Tunisia dall’Italia. E ha concluso: «Questo è un problema non dell’Italia, ma dell’Europa e l’Europa che si deve muovere con noi, fermare i migranti e aiutare l’Africa, è questo il piano Mattei». Un piano che, al momento, è solo una nebulosa serie di dichiarazioni di intenti.

Tajani: «Stiamo facendo tutto quello che è umanamente possibile per affrontare l’emergenza»

Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, ha mostrato un certo pessimismo. Nell’intervista al Corriere, ha sostenuto che la situazione degli sbarchi può «perfino peggiorare» nei prossimi mesi. Secondo il leader di Forza Italia, «o prendiamo il toro per le corna, o non ne usciamo. Non basta nemmeno la sola Europa per affrontare un problema così enorme, che interessa non solo quasi l’intera Africa ma anche l’afflusso dalla rotta balcanica. Per questo abbiamo coinvolto le Nazioni Unite, il G20, abbiamo lavorato a una grande conferenza internazionale che deve essere l’avvio di un vero processo di stabilizzazione del Sahel. Noi facciamo tutto quello che è umanamente possibile: i ministeri della Difesa, dell’Interno, il mio, sono al servizio e al lavoro per affrontare l’emergenza». Per quanto riguarda il lavoro della Farnesina, Tajani ha rivendicato di aver appena fatto «convocare al ministero gli ambasciatori di Guinea e Costa d’Avorio, Paesi da cui partono centinaia di migranti irregolari per l’Italia. Ho chiesto che ci sia un criterio più rigido per frenare le partenze, per accettare i rimpatri. Per evitare che queste persone affamate e disperate arrivino in Tunisia e salpino poi verso le nostre coste. E ancora, sono in continuo contatto con i miei omologhi di Algeria e Tunisia, che assicurano collaborazione, ma anche loro da soli non ce la fanno. Il piano Ue per la Tunisia lo affronteremo già a New York».

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