Guerra in Medio Oriente, sabotaggio nel Mar Baltico, instabilità in Libia: l’80% del gas italiano è ostaggio della geopolitica

Il conflitto tra Israele e Hamas ha fatto impennare il prezzo del gas sui mercati. E Giorgetti ammette: «Le previsioni erano favorevoli, ma ora la situazione rischia di ribaltarsi»

Sicurezza energetica, volatilità dei prezzi, forniture alternative. All’indomani della guerra in Ucraina, la questione energetica ha dominato il dibattito pubblico per mesi. E alla fine, sembrava che il peggio ce lo fossimo lasciato alle spalle. Il gas che importavamo dalla Russia è stato in buona parte rimpiazzato da accordi con Paesi africani e mediorientali, i depositi traboccano e le temperature sopra la media stagionale di queste settimane hanno permesso di rinviare l’accensione dei riscaldamenti. Eppure, sembra di essere ripiombati nella stessa situazione di un anno fa. «Le previsioni erano favorevoli per la discesa del prezzo del gas, ma la situazione ora potrebbe volgere in senso negativo rispetto agli auspici», ha ammesso il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.


Le conseguenze della guerra tra Israele e Hamas

Nel giro di una settimana, il prezzo del gas – che rappresenta la fetta più importante della torta del mix energetico italiano – è salito del 40%. La colpa, anche questa volta, è di una guerra. Non più quella tra Russia e Ucraina, ma quella tra Israele e Hamas, che ha sollevato nuove inquietudini e ha fatto schizzare il prezzo del gas sui mercati. Il giacimento Tamar, di fronte alla Striscia di Gaza, è stato fermato per precauzione, con conseguenze sull’export di gas anche in Europa. L’Egitto, alle prese con una crescita esponenziale dei consumi interni, si è già visto ridurre di un quinto le forniture di gas da parte di Israele. Ed è anche di fronte a questa situazione che nei giorni scorsi il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato che l’Italia chiederà una proroga del price cap sul gas in Europa anche per il 2024.


Il rischio di ricatti e sabotaggi

L’escalation in Medio Oriente non è l’unico fattore che ha sconvolto recentemente il mercato dell’energia. Il gasdotto che collega Estonia e Finlandia, per esempio, è stato oggetto di un sabotaggio che ha messo fuori uso l’infrastruttura per cinque mesi. E rimane il fatto che il resto del gas che consumiamo in Italia arriva da altre zone del mondo altrettanto instabili. Un esempio? L’Azerbaijan, dove si recente si è riacceso lo scontro nel Nagorno Karabakh, la regione contesta tra l’Armenia e il governo di Baku. Oppure la Libia, da anni lacerata da una guerra civile, e l’Algeria, che si è schierata al fianco della Palestina dopo gli eventi dei giorni scorsi in Medio Oriente. Sommando tutti questi elementi, scrive Il Sole 24 Ore, ci si rende conto che l’80% delle nostre forniture di gas è esposto a rischio geopolitici più o meno gravi. E il rischio è che si ripresenti una situazione simile a quella della crisi petrolifera del 1973.

Credits foto: EPA/Vassil Donev | La costruzione del gasdotto tra Bulgaria e Serbia (1 febbraio 2023)

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