La stretta sulla pensione anticipata nella Legge di Bilancio 2024: addio Ape Sociale, Opzione donna e Quota 103

Sì a perequazione e rivalutazione. Resta l’uscita dal lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi

La legge di bilancio 2024 del governo Meloni non introduce nuove forme di flessibilità in uscita sulle pensioni. Anzi: dà un giro di vite alle forme già esistenti. Come Ape Sociale e Opzione donna. E sparisce anche Quota 103 nelle forme previste lo scorso anno. E il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dice: «Sarà più restrittivo l’accesso al pensionamento anticipato». Niente pensione anticipata per le donne. Niente Ape Donna. E niente part time negli ultimi due anni di lavoro con assunzione agevolata di giovani. Con il provvedimento l’esecutivo rende l’accesso alla pensione prima dei 67 anni più difficile. In compenso potranno invece accedere alla pensione a 67 anni dal 2024 anche coloro che maturano una pensione inferiore a 1,5 volte la pensione sociale (nel 2023 un importo pari a 745,91 euro) e sono nel sistema contributivo che fino ad oggi devono attendere i 71 anni.


La perequazione e la rivalutazione

La rivalutazione delle pensioni già esistenti invece è prevista. Per una spesa di 14 miliardi totali e con un recupero pieno per le pensioni fino a quattro volte l’importo minimo. Poi ci saranno fasce con rivalutazioni decrescenti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha spiegato che per la perequazione delle pensioni rispetto all’inflazione ci sarà una rivalutazione fino al 100% delle pensioni fino a quattro volte il minimo, al 90% per quelle tra quattro e cinque volte il minimo e poi a scendere man mano che aumenta l’importo della pensione. Viene confermata la super rivalutazione per le pensioni minime degli over 75enni. Un segnale arriva anche per chi è nel sistema contributivo, con l’eliminazione del vincolo di 1,5 volte l’assegno sociale per andare in pensione a 67 anni. Matteo Salvini ha detto ai suoi che la riforma delle pensioni è «un obiettivo di legislatura». Così come la flat tax.


Addio Quota 103, Ape sociale e Opzione donna

La manovra di bilancio eliminerà inoltre l’Ape sociale e Opzione donna. Introducendo un Fondo per la flessibilità in uscita per l’accesso alla pensione con 63 anni di età e 36 di contributi per caregiver, disoccupati, coloro che sono impegnati nei lavori gravosi, i disabili e per le donne. «Come prevedeva Opzione donna con 35 anni di contributi», sostiene Meloni. Il dato di fatto è che per le donne si alza il requisito anagrafico che per Opzione Donna ora è a 60 anni (con una riduzione per i figli). Questo sistema renderebbe inoltre più difficile l’accesso alla pensione per i disoccupati, caregiver e disabili che oggi con l’Ape sociale hanno accesso a un ammortizzatore di accompagnamento alla pensione (che non è però la pensione vera e propria) con 30 anni di contributi. Si elimina inoltre Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) innalzando il requisito anagrafico a 63 anni e mantenendo stabile quello contributivo a 41.

L’uscita dal lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi

Dovrebbe rimanere invariata la possibilità invece di uscire dal lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne). Oltre a 3 mesi di finestra mobile a prescindere dall’età e sarà confermato il bonus Maroni che incentiva chi rimane al lavoro pur avendo maturato i requisiti per la pensione. Repubblica riepiloga oggi che in base alle nuove regole della Legge di Bilancio Opzione donna confluisce nell’Ape sociale. Ma i requisiti si inaspriscono: 63 anni e 36 di contributi per tutte le categorie svantaggiate, quelle che oggi escono con 30 anni: disoccupati, invalidi e caregiver. Per le donne si pensa a 35 anni (con sconto figli). Non si esclude di scendere a 30. Quota 103 sparisce. Quota 104, con 41 anni di contributi e 63 di età, avrà invece un «meccanismo flessibile» legato all’incentivo a restare al lavoro (bonus Maroni).

Il ricalcolo e le pensioni minime

Il quotidiano parla anche della possibilità di un ricalcolo contributivo per scoraggiare i quotisti. Sparisce il vincolo, che vale per i Millennials post-1996, di avere un multiplo della pensione sociale pari a 1,5 volte per uscire con l’età della vecchiaia. Rifinanziata infine la maggiorazione per le pensioni minime degli over 75 a 600 euro.

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