La storia di Chiara, aggredita dall’ex marito: «Sfregiata e con una paresi, non andate all’ultimo appuntamento»

La 42enne si è costituita parte civile nel processo contro l’ex marito

Chiara, 42 anni, è stata aggredita dal marito il 28 luglio 2022. «In 17 anni non mi aveva mai picchiata. C’erano segnali che mi facevano sentire inquieta. Come l’ossessione per la pulizia, l’abitudine di passare davanti al mio negozio. Ma sembrava tranquillo. Anche quando ci siamo separati. Mesi dopo mi ha chiesto un incontro. E lì mi ha spaccato la faccia. La mandibola, lo zigomo, l’orbita. Quella sera una parte di me è rimasta su quel pavimento, morta per sempre». La sua storia oggi la racconta a Elisa Sola per l’edizione torinese di Repubblica. Nel processo che sta per iniziare a Torino sarà parte civile, assistita dall’avvocata Annalisa Baratto. Intanto lei ha perso il lavoro: è stata licenziata perché ha finito la mutua. Ma non riesce a trovare un nuovo impiego. Anche perché l’aggressione le ha lasciato una paresi permanente del nervo oculare.


Le ossessioni

Chiara comincia raccontando come ha conosciuto l’ex marito: «Facevamo entrambi gli operai. Avevamo 22 anni. Era il classico ragazzo pulito, che ti ispira famiglia. Leggero e spensierato. Ci siamo sposati un anno dopo esserci visti per la prima volta». Spiega che «c’era qualche segno che mi faceva pensare che qualcosa non andasse, ma andavo oltre. Il giorno prima delle nozze suo padre mi disse: “Si è mangiato già 20mila euro col gioco d’azzardo”. Per me era una cosa del passato. Dopo un po’ di anni gli sono venute delle fissazioni». Ovvero: «Era sempre nervoso. Puliva la casa di continuo. Solo lui poteva. Diceva che io non ero abbastanza brava. Un giorno a tavola mi stava per cadere una briciola. Prima che toccasse terra lui l’aveva già raccolta. Ho scoperto che aveva ricominciato a scommettere. Tutto, però, è esploso con il Covid».


Il calvario

A quel punto è cominciato il calvario: «Urlava se qualcuno non tirava l’acqua. Mi insultava. Ma io pensavo: non potrebbe mai picchiare me e i miei bambini, se no lo avrebbe già fatto. E sono rimasta». Poi la separazione consensuale: «Per mesi abbiamo vissuto nella stessa casa. Soltanto dopo è esplosa la sua mania di controllo. Una notte mi ha svegliata e costretta ad aprire il negozio perché si era convinto che nascondessi lì un secondo telefono». A quel punto arriva l’aggressione: «Lo avevo allontanato da casa. Mi aveva chiesto un incontro chiarificatore. Oggi so dalla mia avvocata che non bisogna mai andarci. Ma allora non avrei mai pensato che lui avesse potuto ridurmi così. È salito, c’era anche mia madre. L’ha spinta. Ho messo una mano tra lui e lei per allontanarli. Sono finita a terra, mi ha sbattuto la testa contro il marmo. E non si è più fermato».

La denuncia

Chiara dice che ha denunciato perché spera «che possa servire, alle ragazze. Dico: state attente alle piccole cose. La troppa presenza non è amore, è ossessione. Mi rendo conto che l’amore fa male. Ma oggi non lo chiamerei più così. Perché lui era malato. Era possesso».

In copertina: immagine di repertorio

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