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Arresti per terrorismo a Milano, la difesa davanti al gip: «Non sono dell’Isis, solo qualche commento sui social»

Uno dei due arrestati si è difeso davanti al giudice: «I soldi alle donne erano per beneficenza»

Alaa Rafaei, 43 anni, e Mohamed Nosair, 49 anni, i due di origine egiziana arrestati all’alba del 17 ottobre a Milano per associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere sono stati interrogati dal gip Fabrizio Filice. Il più giovane, con cittadinanza italiana, ha respinto le accuse: «Non faccio parte dell’Isis, mettevo dei commenti di approvazione soltanto alle loro azioni contro il regime siriano». Un impianto difensivo che si oppone alla tesi dell’accusa sostenuta dal procuratore Marcello Viola e dal pm Alessandro Gobbis che contestano ai due «una consapevole e deliberata attività di proselitismo via social a favore dell’Isis». Il 43enne, difeso dall’avvocato Emanuele Perego che ha presentato istanza per i domiciliari, ha però voluto precisare che «mai e poi mai aveva in mente di fare azioni contro l’Occidente o l’Italia». Nel nostro Paese si trovava così tanto bene da portarci la sua famiglia, dice, e anzi per lui l’Italia «è il Paese della libertà, non come l’Egitto». Per questo ha ridimensionato le minacce alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni come «una forma di scherzo, di critica politica».

I soldi alle donne vedove di jihadisti

Sui due arrestati però grava anche l’accusa di finanziare donne vedove di combattenti jihadisti, per loro una forma di beneficenza. I due egiziani avrebbero inviato circa 4mila euro in totale verso Yemen, Palestina, Siria, Libano ed Egitto. L’intermediario tra Rafaei e Nosair sarebbe stato Sayad Abu Usama, per l’agenzia americana Naval Criminal Investigative Service un membro dell’Isis impegnato nell’attività di assistenza finanziaria alle vedove di guerra. Usama avrebbe chiesto a uno degli indagati «un contributo economico necessario per la liberazione delle “sorelle” prigioniere nel campo di “Al-Hawl situato nel Nord-Est della Siria, al confine con l’Iraq, sotto il controllo delle autorità curde nel quale sono ospitate più di 70.000 persone, tra cui oltre 11.000 familiari, in gran parte mogli e figli di combattenti dell’Isis». Ma di questa affiliazione, Rafaei dice di non sapere nulla. Il legale Perego ha precisato che dal momento delle perquisizioni, avvenute a dicembre 2022, Rafaei ha smesso di frequentare i siti estremisti ai quali era stato avvicinato dal più anziano, Nosair che è ancora sotto interrogatorio. Perego ha inoltre aggiunto che non è stato chiesto nulla al suo cliente per quanto riguarda il suo giuramento di fedeltà all’Isis. L’avvocato ha quindi presentato un’istanza di scarcerazione e di domiciliari al gip perché, secondo la sua linea difensiva, non ci sarebbe più l’attualità delle esigenze cautelari essendo passato un anno dalla conclusione dei rapporti online di Rafaei con quelle chat.

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