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Gaza, il valico di Rafah sarà aperto nelle prossime 24-48 ore. Biden: «Passeranno 20 camion di aiuti umanitari»

I morti a Gaza per gli attacchi israeliani sono arrivati a quota 4.137 con oltre 13.000 feriti. Intanto Israele conferma: «Entreremo via terra»

Si continua ad attendere l’apertura del valico di Rafah, l’unico varco per la Striscia di Gaza non controllato da Israele, attualmente chiuso nonostante l’apertura annunciata ieri per consentire il passaggio degli aiuti umanitari verso il territorio palestinese. Intanto, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres è arrivato al valico in Egitto per preparare l’ingresso degli aiuti a Gaza. «Vediamo quali saranno i tempi», commenta dall’Italia il ministro degli Esteri Antonio Tajani atterrato a Tunisi. «Serve un accordo tra israeliani ed egiziani per far arrivare gli aiuti umanitari, ci sono problemi organizzativi e io mi auguro che tutti insieme si possa lavorare per far uscire anche i nostri 12-15 italiani che sono nella Striscia di Gaza. Potrebbero passare attraverso il valico di Rafah insieme ad altri occidentali e far contemporaneamente arrivare alla popolazione civile gli aiuti umanitari», ha aggiunto.


Biden è convinto: «Tra 24-48 ore arriveranno nella Striscia i primi camion di aiuti umanitari»

«Credo che nelle prossime 24-48 ore, i primi 20 camion attraverseranno il confine». Lo ha dichiarato Joe Biden, durante un meeting con i leader europei alla Casa Bianca. Biden ha affermato di aver ottenuto l’impegno sia dalle autorità israeliane sia da quelle egiziane per far entrare nella Striscia un primo carico di aiuti umanitari, attraverso il valico di Rafah. A rallentare l’operazione pare sia stata la condizione delle arterie stradali, colpite dai bombardamenti negli scorsi giorni: «L’autostrada doveva essere riasfaltata, era in pessime condizioni», ha aggiunto il presidente statunitense. Anche Rishi Sunak ha confermato le tempistiche brevi ai media britannici: «Quando è scoppiata questa crisi, una cosa a cui abbiamo dato priorità è stata l’apertura del valico di Rafah. È stato un tema presente in tutte le mie conversazioni e sono molto lieto che accadrà a breve». Infine, un’ulteriore conferma è arrivata dal capo degli aiuti di emergenza delle Nazioni Unite, Martin Griffiths: «I primi aiuti umanitari a Gaza dovrebbero arrivare domani – 20 ottobre – per 2 milioni e 400 mila persone che soffrono le conseguenze della guerra».


Israele annuncia di aver ucciso un dirigente di Hamas specializzato nello sviluppo di armi

Un agente di alto livello che operava a capo dell’unità di sviluppo delle armi strategiche di Hamas sarebbe stato ucciso dall’esercito israeliano. L’annuncio è stato fatto dai vertici militari di Tel Aviv che, attraverso un portavoce, hanno reso pubblico l’identikit dell’uomo: si tratterebbe di Mahmud Sabih, ingegnere senior e capo unità nel dipartimento progetti e sviluppo di Hamas. Tale dipartimento operava, scrive l’Ansa, «per incrementare le capacità belliche di Hamas, scambiando informazioni con organizzazioni terroristiche in Medio Oriente».

Guterres: «Ho il cuore a pezzi. Tutti gli sforzi per far arrivare gli aiuti»

Il segretario generale delle Nazioni Unite arrivato al valico di Rafah non ha potuto che cogliere l’emergenza del popolo palestinese ammassato a pochi metri dagli aiuti umanitari necessari alla loro sopravvivenza: «È impossibile essere qui e non avere il cuore a pezzi. Dietro queste mura ci sono due milioni di persone a Gaza senza acqua, cibo, medicine, carburante. Da questa parte, questi camion hanno ciò di cui hanno bisogno. Dobbiamo farli spostare, il prima possibile, quanti sono necessari». All’appello, per Guterres, seguiranno atti concreti: «Per quasi due settimane, Gaza è rimasta senza spedizioni di carburante, cibo, acqua e medicine. Le Nazioni Unite stanno concentrando tutti i loro sforzi per un’operazione duratura volta a fornire aiuti umanitari fondamentali alla popolazione di Gaza». Domani ci sarà anche lui al vertice organizzato al Cairo dal presidente egiziano al Sisi sulla crisi tra Israele e Gaza. Saranno presenti anche i leader di Italia, Grecia, Spagna e Cipro, mentre gli altri Paesi dell’Unione europea, rappresentata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, invieranno i propri ministri degli Esteri. Lato arabo all’incontro parteciperà il presidente palestinese Abu Mazen, il re del Bahrein Hamad bin Isa Al Khalifa e il principe del Kwuait Meshal al-Ahmad al-Sabah.

Il lancio di razzi da Gaza e il bilancio delle vittime

Dopo 11 ore di pausa è ripreso il lancio di razzi da Gaza verso il sud di Israele, con le sirene di allarme risuonate a più riprese nelle comunità israeliane a ridosso della Striscia, tra cui Sderot. Nelle scorse ore l’esercito ha annunciato che le forze armate stanno continuando a prepararsi per la prossima fase della guerra: «Il Timrun (la manovra, ndr)». È quanto ha affermato il portavoce militare Daniel Hagari, facendo riferimento ad un ingresso di forze di terra a Gaza. «Proseguiamo in uno sforzo logistico per entrare nel ‘Timrun’ nel modo migliore», ha aggiunto, dopo che Israele ha colpito oltre 100 obiettivi di Hamas. Intanto, stando ai dati del ministero della sanità di Hamas, i morti a Gaza per gli attacchi israeliani sono arrivati a quota 4.137 con oltre 13.000 feriti.

L’operazione via terra e la situazione degli ostaggi

Ora l’ambasciatore israeliano in Russia, Alexander Ben Zvi, ha confermato all’agenzia Tass che «la decisione di lanciare l’operazione di terra nella Striscia di Gaza è stata presa». Perché si tratta di una presa di posizione – spiega – «legata all’adempimento dei nostri compiti, di cui abbiamo già parlato. Distruggeremo le organizzazioni terroristiche di Hamas e libereremo gli ostaggi. Questo non può essere fatto senza un’operazione di terra». Stando a quanto dichiarato dall’esercito israeliano, «la maggior parte» delle circa 200 persone rapite il 7 ottobre e tenute in ostaggio da Hamas nella Striscia «è ancora viva». È il ministro della Difesa Yoav Gallant a delineare la strategia con cui Tel Aviv intende eliminare Hamas e liberare gli ostaggi. Ci saranno tre fasi. La prima, ha spiegato Gallant, consisterà in un «impegno prolungato di fuoco su Gaza con una manovra di terra». La seconda prevede l’eliminazione dei «nidi di resistenza» dei terroristi, mentre la terza fase consiste nella «creazione nella Striscia di una nuova realtà di sicurezza sia per i cittadini di Israele sia per gli stessi abitanti di Gaza». Intanto, stando ai dati del ministero della sanità di Hamas, i morti a Gaza per gli attacchi israeliani sono arrivati a quota 4.137 con oltre 13.000 feriti.

«Colpiti 100 obiettivi di Hamas»

Tra gli oltre 100 obiettivi di Hamas colpiti da Israele c’è anche un esponente del comando navale di Hamas, Amjad Majed Muhammad Abu ‘Odeh, ritenuto da Israele corresponsabile dell’attacco dello scorso 7 ottobre e del massacro dei civili israeliani. L’esercito ha detto di aver colpito inoltre un tunnel, depositi di armi e alcune centri operati di comando. Neutralizzata anche un squadra di lanciatori di razzi di Hamas che aveva tentato di colpire un aereo. L’esercito israeliano ha effettuato una serie di attacchi contro le infrastrutture di Hezbollah, compresi i posti di osservazione. In risposta al lancio di missili anticarro da parte di Hezbollah attraverso il confine per tutto il giorno. Su Telegram le Forze di difesa del Paese (Idf) hanno fatto anche sapere che «jet da combattimento dell’Idf hanno colpito tre terroristi che hanno tentato di lanciare missili anticarro verso Israele».

Le evacuazioni e il confine con il Libano

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in un discorso dalla Sala Ovale ha accusato Putin e Hamas di voler annientare le democrazie. E ha auspicato l’unità dell’Occidente in Ucraina e con Israele. Il Pentagono intende inviare a Israele decine di migliaia di proiettili di artiglieria da 155 millimetri che, nelle scorte americane, erano stati destinati all’Ucraina diversi mesi fa. Negli attacchi alla Striscia – ha detto l’esercito – sono stati anche colpiti armi e assett del terrore collocati dentro una moschea nel quartiere di Jabaliya, usata anche come posto di osservazione di Hamas e luogo di addestramento. Intanto il ministero della difesa ha deciso di far evacuare la città di Kiryat Shmona nel nord di Israele vista la situazione di forte tensione con il Libano. In mattinata, Hezbollah ha fatto sapere che un combattente si è infiltrato nello Stato ebraico, ma pare non essere riuscito a fare molta strada. Poco più tardi, infatti, tre terroristi di Hezbollah sono stati identificati dall’esercito israeliano nell’area al confine con il Libano e sono stati colpiti con un raid aereo. I cecchini dell’Idf hanno poi aperto il fuoco contro uomini armati che stavano operando sempre nella zona di confine nel nord di Israele.

La strage all’ospedale di Gaza

Intanto il capo della Jihad Islamica in Libano Ihsan Ataya ha accusato Israele per la strage all’ospedale di Gaza. E il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Mahmoud Abbas ha rifiutato una telefonata dal presidente degli Stati Uniti Biden quando questi era in Israele mercoledì. Lo riferisce l’emittente televisiva israeliana Kan citando a condizione di anonimato una fonte palestinese di Ramallah. I funzionari dell’Amministrazione Biden hanno cercato di organizzare un colloquio telefonico tra i due leader, ma Abbas ha respinto la richiesta, afferma la fonte citata da Kan. Ieri alcune basi americane in Medio Oriente hanno respinto attacchi da Siria e Iraq.

La rabbia del Patriarcato ortodosso: «Colpire le chiese è un crimine di guerra»

Il Patriarcato ortodosso di Gerusalemme ha fermamente condannato l’attacco aereo israeliano che ha colpito il complesso della sua chiesa nella città di Gaza. «Prendere di mira le chiese e le loro istituzioni, insieme ai rifugi che forniscono per proteggere cittadini innocenti, in particolare bambini e donne che hanno perso le loro case a causa degli attacchi aerei israeliani sulle aree residenziali negli ultimi tredici giorni, costituisce un crimine di guerra che non può essere ignorato», ha esclamato. Ma ci ha tenuto a precisare che: «Nonostante l’evidente presa di mira delle strutture e dei rifugi del Patriarcato ortodosso di Gerusalemme e di altre chiese, tra cui l’ospedale della Chiesa episcopale di Gerusalemme, altre scuole e istituzioni sociali, il Patriarcato, insieme alle altre chiese, rimane impegnato ad adempiere al suo dovere religioso e morale nel fornire assistenza, sostegno e rifugio a coloro che ne hanno bisogno, tra le continue richieste israeliane di evacuare queste istituzioni di civili e le pressioni esercitate sulle chiese a questo riguardo».

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