Saman Abbas, le rivelazioni del fratello in aula: «Mio zio ha preso mia sorella per il collo. Mia madre? Guardava…»

Le dichiarazioni alla Corte di assise: «Ho sentito mio padre che parlava di “scavare”. Mi ha detto di non dire niente»

«Ho visto tutta la scena. Io ero alla porta. Mia sorella camminava, mio zio l’ha presa dal collo e l’ha porta dietro alla serra. Ho visto i cugini, solo la faccia». Sono queste le parole del fratello di Saman Abbas alla Corte di assise mentre racconta quelli che sarebbero stati gli ultimi momenti di vita della sorella, uccisa a Novellara il 30 aprile 2021, e tornando ad accusare lo zio e i cugini. Il corpo di Saman è stato trovato nel novembre del 2022, quasi un anno dopo. L’omicidio è stato compiuto nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 e sulla sua sparizione erano partiti subito i sospetti su alcuni membri della famiglia, incluso il padre. Il fratello di Saman ha ricostruito quanto sarebbe accaduto. Quella sera del 30 aprile 2021, stando alle sue dichiarazioni, era presente anche la madre (imputata) Nazia Shaheen. Lei «guardava», ha riferito. Sollecitato su cosa guardasse la donna, ha risposto: «Tutto quello che è successo, mentre mio zio prendeva mia sorella guardava». «Solo quello?», gli viene chiesto. «Sì», risponde. Ma poi, di fronte alle insistenze sul tema aggiunge: «Non riesco a dirlo». A quel punto il giudice gli ha concesso una pausa.


L’inchiesta

Oggi il fratello ha deciso di dire «tutta la verità» dopo che la Corte di assise reggiana aveva dichiarato inutilizzabili le dichiarazioni del giovane fatte in precedenza, tra maggio e giugno 2021, perché, secondo i giudici, doveva essere iscritto nel registro degli indagati. Imputati sono cinque familiari: i genitori (la madre latitante), lo zio e due cugini. Il fratello di Saman è stato fatto entrare prima dell’ingresso dei parenti e sentito in aula dietro ad un doppio paravento. T-shirt nera, pantaloni grigi, è assistito dall’avvocata Valeria Miari. Il fratello di Saman non è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura per i minorenni di Bologna. L’avvocata Valeria Miari ha rimesso quindi il mandato come difensore di parte civile per lui e per l’Unione comuni della bassa reggiana. Rimane dunque solo difensore del ragazzo, che è sentito come testimone assistito.


«Mio padre mi ha detto di non dire niente»

Quando in passato il giovane affermò che i suoi cugini non c’entravano nulla «ho detto una bugia perché mio padre mi disse di farlo». E ancora: «Mi ha detto di non dire niente». Il ragazzo ha risposto alle domande dell’avvocato dell’imputato Nomanhulaq Nomanhulaq, suo cugino. «Io da piccolo avevo paura di mio padre e di mio zio», ha aggiunto. «Quando sono andato dall’altro giudice – ha continuato – ho detto che non hanno fatto niente, ero costretto da mio padre». Quando avvenne? «Non lo ricordo. Ma prima e dopo mi hanno chiamato e detto di non dire niente dei cugini». E ancora: «Dissi ai carabinieri dove poteva essere seppellita Saman quando andammo a Novellara per cercare il corpo. Me l’aveva detto Noman (Nomanulhaq Nomanulhaq, uno degli imputati, ndr). Chiesi a Noman dove fosse perché volevo abbracciarla l’ultima volta, lo chiesi anche allo zio Danish». Spiega perché non lo disse inizialmente ai carabinieri. «Perché non sapevo di preciso dove fosse sottoterra e sempre per paura di mio padre». Durante l’esame il ragazzo ha espresso diversi «non ricordo». Nei giorni successivi alla scomparsa della ragazza, maggio 2021, il giovane partì per la Liguria, insieme allo zio, ma venne fermato ad un controllo e portato in una comunità per i minorenni, all’epoca era sedicenne. Lo zio invece lasciò l’Italia e venne rintracciato in seguito, mesi dopo, in Francia.

«Ho sentito mio padre che parlava di “scavare”»

Uno dei punti più salienti è quando il giovane ricorda una riunione, tra gli imputati, in cui discutevano di un piano per far sparire la giovane. «Mentre facevano i piani, io stavo sulle scale ad ascoltare, non tutto ma quasi. Ho sentito una volta mio padre che parlava di ‘scavare’», racconta il giovane. Chi faceva i piani? «Noman, papà, mamma e altri due, Danish e Ikram». Alla richiesta su dove fosse Saman mentre sentiva queste cose ha risposto: «Non ricordo, sono confuso”. La riunione durò «più o meno mezz’ora». Oltre a «scavare», il giovane ha detto che ricorda di aver sentito anche “passare dietro alle telecamere».

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