Ostaggi, l’accordo sul rilascio in cambio di 4 giorni di tregua. Netanyahu: «Decisione giusta, ma la guerra continuerà dopo il cessate il fuoco»

L’accordo è al vaglio del gabinetto di guerra. Il rilascio su 50 persone ora nelle mani di Hamas

All’inizio della seduta del governo israeliano, convocata per votare l’accordo sugli ostaggi tenuti prigionieri a Gaza, il premier Benyamin Netanyahu, il ministro della difesa Yoav Gallant ed il ministro Benny Gantz hanno chiesto il sostegno degli altri ministri, assicurando che l’intervento militare sulla Striscia continuerà dopo il cessate il fuoco. «Siamo in guerra – ha dichiarato Netanyahu – e continueremo finché otterremo la distruzione di Hamas, il ritorno degli ostaggi e la rimozione di ogni minaccia da Gaza». Bibi ha anche ringraziato il presidente Usa Joe Biden per il suo contributo all’accordo. E ha precisato che l’accordo relativo alla liberazione di quegli ostaggi, una «decisione giusta», è stato approvato da tutti i responsabili alla sicurezza di Israele. Obiettivo del governo, ha assicurato, è comunque di ottenere la liberazione di tutti, inclusi anche i militari. Una cinquantina di ostaggi israeliani nelle mani di Hamas e altri gruppi jihadisti in cambio di 4-5 giorni di tregua nei combattimenti. Sarebbe questo il contenuto dell’accordo che le parti avrebbero raggiunto e si appresterebbero ad annunciare, secondo quanto riportano i media israeliani. Nello specifico sarebbero liberati 40 bambini e 13 donne detenuti dagli islamisti nella Striscia dal 7 ottobre. Nei giorni di sospensione delle operazioni militari, Israele s’impegnerebbe a interrompere il sorvolo della Striscia coi suoi droni che raccolgono intelligence e a consentire l’ingresso di 300 camion con cibo, carburante e aiuti umanitari per la popolazione palestinese. Hamas, invece, dovrebbe utilizzare i giorni di tregua per localizzare tutti gli ostaggi vivi nella Striscia, anche quelli ora in mano ad altri gruppi di cui ha perso traccia. Israele, infine, dovrebbe accettare di scarcerare circa 300 detenuti palestinesi dalle sue prigioni, donne e minori in particolare. la scarcerazione di 300 minori e donne palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. L’operazione non includerà il rilascio di alcun prigionieri condannato per omicidio, ha chiarito una fonte del governo citata da Haaretz, per calmare timori su ulteriori minacce alla sicurezza dello Stato ebraico. «Siamo molto vicini a riportare a casa parte degli ostaggi, ma non voglio entrare in dettaglio: nulla è fatto finché non è fatto», ha ammonito nel pomeriggio Joe Biden.


L’ala destra del governo pronta alle barricate contro l’intesa

Alla viglia di una delicatissima riunione del governo israeliano, infatti, i due leader dell’ultradestra di governo, il ministro delle Finanze Betzalel Smotrich e quello della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir si sono scagliati contro la bozza d’intesa. «È un piano cattivo, non deve essere approvato», ha scandito Smotrich, spiegando come esso porterebbe all’abbandono degli altri ostaggi per un periodo indeterminato di tempo, «alzerebbe il prezzo» del lore rilascio ed esporrebbe i soldati che si trovano nella Striscia al rischio di essere a loro volta rapiti e uccisi. «Continueremo a fare muro per la continuazione della guerra fino alla completa distruzione di Hamas», ha concluso Smotrich. Quanto a Ben Gvir, il suo partito “Orgoglio ebraico” ha scritto in una nota dai toni simili che «non è possibile dare la precedenza a questa o quell’altra donna o bambino», dunque un accordo dovrebbe includere il rilascio di tutti gli ostaggi. Mentre il piano attuale non potrebbero che alla «riduzione della possibilità del ritorno del resto degli ostaggi detenuti da Hamas, compresi i nostri soldati».


I timori delle famiglie degli ostaggi

L’intesa potrebbe essere annunciata in via formale a ore, nel corso o subito dopo la riunione del gabinetto di guerra israeliano che il premier Benjamin Netanyahu ha convocato per le ore 18 (le 17 in Italia). «Alla luce degli sviluppi sulla liberazione dei nostri ostaggi», Netanyahu ha convocato il gabinetto di guerra alle 18 (le 17 in Italia), quello politico alle 19 e il governo alle 20, ha fatto sapere nel dettaglio l’ufficio del premier. Ma il diavolo sta nei dettagli. Secondo Haaretz, la liberazione degli ostaggi avverrà in modo diluito: 10 ostaggi rilasciati ogni giorno, per 5 giorni. Israele, aggiunge il quotidiano, spera in realtà di riuscire a riportarne a casa fino a 80. Ma proprio questa modalità per fasi angustia una serie di attori importanti in Israele. A cominciare dalle famiglie degli ostaggi, che ieri sera in un lungo incontro con Netanyahu e il resto del gabinetto di guerra avevano messo in chiaro la loro richiesta: «Liberi tutto e subito». Il timore, come spiega il Corriere, è che i capi di Hamas giochino poi coi termini dell’accordo, sfruttando la finestra di tempo per rimangiarsi la parola data, magari dopo aver rilasciato una prima parte degli ostaggi e accusando gli israeliani di non rispettare alcuni elementi dell’intesa. Si teme insomma di finire per rimanere «appesi» alle volontà, e perfino ai cambi d’umore, del leader degli islamisti, il temutissimo Yahya Sinwar (a sua volta liberato in uno scambio di prigionieri nel 2006). L’ala dura del governo, guidata dal ministro della Difesa Yoav Gallant, teme invece soprattutto che i giorni di tregua vengano utilizzati da Hamas per riorganizzarsi sul terreno della Striscia. Non è un mistero d’altronde che le contropartite richieste da Hamas – una tregua nei combattimenti sino a 5 giorni e la liberazione di detenuti palestinesi dalle carceri israeliane – abbiano spaccato il governo di Netanyahu, con l’ala più a destra sulle barricate per evitare che l’offensiva si fermi. Il primo obiettivo di Israele «resta la distruzione di Hamas. Non ci fermeremo finché non lo realizzeremo», ha assicurato non a caso il premier oggi.

Le indiscrezioni fatte trapelare da Qatar e Hamas

A ribadire con sempre più nettezza come laccordo per pervenire alla liberazione degli ostaggi – o per lo meno parte di essi – fosse «allo stadio finale» era stato questa mattina il ministro degli Esteri del Qatar, che da settimane guida i negoziati indiretti tra Israele e Hamas per trovare un’intesa. «Non siamo mai stati così vicini ad un cessate il fuoco», ha aggiunto il ministro, come riporta Haaretz. Questa mattina era stato lo stesso leader di Hamas Ismail Haniyeh ad indicare lo stesso scenario a portata di mano in una dichiarazione a Reuters. A completare il quadro, nel pomeriggio sono arrivate anche le parole di Benjamin Netanyahu, il premier israeliano che sin qui non aveva mai confermato le indiscrezioni e che Hamas ha ripetutamente accusate di frenare sulla conclusione dell’intesa. «Spero che avremo buone notizie a breve» sugli ostaggi, ha detto Netanyahu nel corso di un incontro con un reparto dell’esercito. «Stiamo facendo progressi. Ma non penso sia il caso di aggiungere parole, nemmeno in questo momento», si è limitato a dire Netanyahu. Ma ad indicare che le cose si starebbero muovendo verso un risultato è la notizia della convocazione del gabinetto di guerra e del governo di Israele per le prossime ore: con sul tavolo, riportano i media israeliani, proprio la questione del possibile accordo per la liberazione degli ostaggi.

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