Addio al decreto crescita nel calcio. Niente più agevolazioni per gli sportivi in arrivo dall’estero. Lega Serie A e calciatori in rivolta: «Meno competitivi e con meno indotto»

Contenuta nelle prime bozze del Milleproroghe è stata sfilata dopo una «una accesa discussione» in Consiglio dei ministri. Per Salvini è un «provvedimento immorale», ma ora quali saranno le conseguenze?

Ha fatto discutere, come si fa con il calcio, con tifoseria pro e contro ma alla fine nulla da fare: salta la proroga del «decreto crescita» che avrebbe allungato le agevolazioni e gli sconti fiscali per gli sportivi in arrivo dall’estero che giocano nel nostro paese. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera la norma è stata levata dal Milleproroghe approvato ieri dal governo dopo «una accesa discussione» in Consiglio dei Ministri. «Non è stata fatta una deroga. Se ne è parlato ma poi si è deciso di non fare nulla», ha dichiarato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Mentre il suo collega leghista, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, è stato quello che ha tenuto una linea intransigente definendo il provvedimento come «immorale».


La Lega Serie A: «Stupore e preoccupazione»

«Stupore e preoccupazione per le indiscrezioni relativamente alla decisione che il Consiglio dei Ministri avrebbe preso di non approvare alcuna proroga del regime fiscale speciale per gli impatriati lavoratori sportivi» ha commentato in una nota la Lega Serie A. «Tale decisione, se confermata, avrà quale unico risultato un esito diametralmente opposto a quello perseguito – conclude -. La mancata proroga produrrà infatti minore competitività delle squadre, con conseguente riduzione dei ricavi, minori risorse da destinare ai vivai, minore indotto e dunque anche minor gettito per l’erario».


La reazione dei calciatori e la lettera di Assocalciatori

L’Assocalciatori ha scritto una lettera ai ministri dell’economia Giorgetti e Sport Abodi per manifestare la sua contrarietà. «Le ragioni del nostro ‘No’ sono legate non certo ad interessi economici, bensì alla necessità di tutelare il talento e il patrimonio sportivo rappresentato dai calciatori italiani. Ai ministri abbiamo trasmesso un nostro report che fotografa l’attuale presenza di calciatori italiani e stranieri in Serie A. C’è un dato allarmante che emerge negli atleti Under 21 con una percentuale di impiego più alta per i calciatori stranieri rispetto ai ragazzi italiani e, in alcuni casi, ci troviamo di fronte a squadre composte addirittura per il 90% solo da calciatori stranieri. Noi crediamo che solo invertendo questo trend e ristabilendo una parità competitiva tra atleti italiani e stranieri potremmo crescere come sistema, soprattutto in funzione della nostra Nazionale», si legge nella missiva.

Le conseguenze (anche sul calciomercato)

Come sottolinea sempre oggi il Corriere della Sera senza benefici fiscali sarà più difficile portare (e trattenere) i campioni in Serie A. Guirassy piace al Milan, ma adesso costa troppo, stesso discorso per Hojbjerg alla Juve. Il club lombardo è la squadra che più di ogni altra big pesca dall’estero invece che in Italia. L’Inter in controtendenza rispetto ad altre società non si fa trovare impreparata: ha già definito e prima di fine anno annuncerà i rinnovi di Mkhitaryan e Darmian, strategia fatta per continuare a beneficiare degli sgravi fiscali. Oggi La Gazzetta dello Sport titola con “Schiaffo al calcio“. Il ministro per lo Sport Abodi – riporta la testata sportiva – aveva spiegato che abolire il decreto in modo così netto avrebbe creato problemi a un comparto in sofferenza sia per gli anni del Covid che per la concorrenza spietata dei campionati esteri. Mantenere la misura per due mesi non avrebbe avuto un costo esorbitante (circa 25 milioni) e al tempo stesso avrebbe consentito di una uscita soft. L’opzione dei due mesi era una scelta valida, che non dispiaceva né al ministro, e nemmeno alla Lega Serie A e tutti i club. Non è stato possibile seguirla.

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