Mattarella su Ucraina e Gaza: «La pace va costruita, ma non si può essere neutrali». Ai giovani: «Amore non è possesso». L’attacco sul caro-affitti – Il video

Le parole del Capo dello Stato sull’invasione russa e l’attacco terroristico di Hamas lo scorso 7 ottobre. La condanna dal Quirinale e l’appello per una «cultura di pace»

Guerra, violenza sulle donne, lavoro. Sono questi alcuni dei temi principali toccati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo tradizionale discorso di fine anno, il nono da quando è stato eletto per la prima volta capo dello Stato. Nel suo intervento, Mattarella ha ripercorso alcune delle più grandi sfide che il mondo si è ritrovato ad affrontare nel 2023: «Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme e, insieme, nuove opportunità. Avvertiamo – aggiunge il capo dello Stato – angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana». Ecco allora che, in vista dell’inizio del nuovo anno, Mattarella invita tutti a fare la propria parte: «Viviamo un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori, con la solidarietà di cui siamo capaci. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà».


Le guerre in corso e le guerre minacciate

Il primo tema toccato da Mattarella nel suo discorso di fine anno riguarda «la violenza delle guerre», sia quelle in corso che quelle «evocate e minacciate». I riferimenti sono ovviamente alle «devastazioni che vediamo in Ucraina», all’«orribile ferocia terroristica» degli attacchi del 7 ottobre di Hamas contro Israele e della reazione del governo di Tel Aviv su Gaza «che provoca anche migliaia di vittime civile». Di fronte a tutto questo, il pensiero che il capo dello Stato rivolge ai cittadini è il seguente: «La guerra, ogni guerra, genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti. La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza». Mattarella mette in guardia dal rischio di «abituarsi a questo orrore, alle morti di civili, donne e bambini».


«La pace non è astratto buonismo»

Per mettere fine alle guerre, continua il presidente della Repubblica, «è indispensabile fare spazio alla cultura della pace, alla mentalità della pace». Perché la guerra, precisa Mattarella, «non nasce da sola». Il capo dello Stato quindi aggiunge: «Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità». In altre parole, volere la pace «non è neutralità o, peggio, indifferenza rispetto a ciò che accade». Invocare la pace, piuttosto, significa «respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati». La ricetta per il futuro, aggiunge ancora Mattarella, non può che partire dai più giovani: «Per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera».

La violenza sulle donne, «la più odiosa»

Dalla guerra si passa poi a un altro tipo di violenza, quella sulle donne, definita da Mattarella «la più odiosa». Anche in questo caso, il capo dello Stato si rivolge direttamente alle nuove generazioni: «Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore, quello vero, è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità».

Il lavoro che manca e il caro-affitti

E a proposito di sfide per il futuro, nel discorso di Mattarella c’è più di un riferimento al «lavoro che manca», persino in un momento storico in cui si registra «un significativo aumento dell’occupazione». Ciò di cui parla il presidente della Repubblica è il lavoro sottopagato, «quello non in linea con le proprie aspettative e gli studi seguiti» o ancora quello «a condizioni inique e di scarsa sicurezza, con tante inammissibili vittime». Un mercato del lavoro di questo genere, avverte Mattarella, non fa che riflettere «le immani differenze di retribuzione tra pochi super privilegiati e tanti che vivono nel disagio». Il capo dello Stato menziona anche il problema del caro-affitti, che quest’anno ha suscitato proteste e manifestazioni in tutta Italia: «Affermare i diritti significa prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie».

Il messaggio rivolto ai giovani

Di fronte a tutte queste sfide, Mattarella osserva la sensazione di confusione e spaesamento di molti giovani. «Rispetto allo scenario in cui ci muoviamo – osserva il capo dello Stato nel suo discorso di fine anno – i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere, e di cui non condividono andamento e comportamenti». Questa sensazione di disorientamento, ricorda Mattarella, «nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese». A partire da quelle di chi lotta contro i cambiamenti climatici ed è costretto a fare i conti con una politica «debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa e incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale».

L’importanza del voto

Il «passaggio epocale» che stiamo vivendo, ha aggiunto Mattarella verso la fine del suo discorso, «verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio». Per governarlo al meglio, il capo dello Stato suggerisce soprattutto una soluzione la partecipazione attiva alla vita civile e l’esercizio del diritto di voto. «Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà». Insomma, l’invito per il 2024 è di «non farci vincere dalla rassegnazione o dall’indifferenza». Al contrario, è di «partecipare alla vita e alle scelte delle comunità e alla costruzione del futuro». 

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