Roma, l’inchiesta della procura sull’olio contraffatto con beta-carotene e clorofilla

Viene venduto a tre euro al litro ai ristoranti. Imbottigliato con etichette anonime

Il procuratore aggiunto di Roma Giovanni Conzo sta conducendo un’indagine sull’uso dell’olio contraffatto nella Capitale. I reati ipotizzati sono contraffazione di sostanze alimentari e ricettazione. Per ora, spiega l’edizione romana di la Repubblica, si contano 50 ristoranti che lo hanno utilizzato. I carabinieri dei Nas li hanno individuati nel centro storico a pochi passi dal Senato e da Fontana di Trevi, ma anche a Trastevere e Testaccio e fino a Fiumicino e ai Castelli Romani. Persino la mensa del ministero dell’Istruzione lo ha utilizzato fino a qualche tempo fa. L’inchiesta è partita da un produttore clandestino con base in Puglia. Da lì si è arrivati ai ristoratori suoi clienti. L’olio viene venduto a 3 euro al litro, contro una media di 9 euro per un extravergine. Viene distribuito a quintali e recapitato ai ristoranti con un furgoncino.


Il prezzo

Il finto extravergine viene composto con l’olio di semi corretto con beta-carotene (per mascherare il sapore) e clorofilla (per modificarne il colore). Il liquido finisce imbottigliato con etichette che recitano: “extravergine made in Italy”. L’olio di semi utilizzato è di bassa qualità e di provenienza ignota. E nelle indagini sono finiti anche i titolari dei ristoranti. Marco Oreggia, esperto di olio extravergine, spiega al quotidiano che l’olio viene mischiato perché «il Beta-carotene e la clorofilla servono a mascherare il colore e a dare un minimo di sapore. Quella con l’olio di semi sofisticato in questo modo e poi rivenduto come extravergine è una frode da pivelli, di venti anni fa. Dal punto di vista chimico ci sono delle frodi nel settore molto più difficili da smascherare come quelle sul lampantino (olio difettoso).


La truffa

In questo caso, spiega Oreggia, «vengono utilizzati oli lampanti rettificati, che sarebbero oli extravergine fortemente difettati che vengono declassati perché hanno parametri chimici e organolettici non consoni». E il fenomeno si lega al riciclaggio: «Le mafie tradizionali come Camorra e Sacra Corona Unita, come aveva fatto emergere anche un’indagine del magistrato Giancarlo Caselli, muovono molto spesso questo riciclaggio, non solo sull’olio ma su tutta una serie di prodotti. Tutto ciò che da una parte può essere considerato risparmio, ma che in realtà è una vera e propria frode, spesso entra nei circuiti della grande distribuzione legata ai ristoranti. Non sempre per dolo. Spesso anche per ignoranza o mancanza di cultura del ristoratore, che cerca il risparmio».

In copertina: immagine di repertorio

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