Olindo Romano e Rosa Bazzi: il mistero delle prove distrutte nella strage di Erba

Un’ordinanza vietava la distruzione del materiale fino alla fine dell’incidente probatorio. Ma…

C’è un giallo nel giallo della strage di Erba. Riguarda i reperti presenti sulla scena del delitto l’11 dicembre 2006. I legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi volevano utilizzarli come prove e analizzarli di nuovo. Ma sono andati distrutti in un inceneritore. Illegittimamente, visto che un’ordinanza del tribunale aveva disposto la loro conservazione. La Corte di Cassazione nel luglio 2018 aveva deciso di riunirsi per decidere su un loro ricorso per un incidente probatorio che riguardava alcuni elementi di indagine trovati nel condominio di via Diaz. Ma poche ore prima il responsabile dell’ufficio corpi di reato del tribunale di Como aveva portato 176 reperti all’inceneritore. Tra questi proprio quelli che riguardavano la strage di Erba.


L’ordinanza

Un’ordinanza che risale al 3 luglio 2017 ed emanata dalla Corte d’assise di Como aveva però sospeso la distruzione del materiale «fino all’esito della decisione definitiva sull’incidente probatorio», spiega oggi Il Messaggero. A quel punto gli avvocati di Romano e Bazzi hanno presentato denunce nel novembre 2018, tra cui sottrazione o danneggiamento di elementi sequestrati, mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice e violazione della pubblica custodia di cose. I difensori avevano chiesto ai giudici di analizzare campioni che si trovavano nel dipartimento di Medicina forense dell’università di Pavia. Tra questi, alcune formazioni pilifere trovate sulla felpa di Youssef Marzouk. Ma anche il materiale rinvenuto sotto polpastrelli e unghie del bambino ucciso. All’Ufficio corpi di reato di Como invece i legali avevano chiesto di analizzare un cellulare, una tanica, otto coltelli, un mazzo di chiavi, mozziconi di sigaretta, i giacconi delle tre donne uccise, due bicchieri, orologi e gioielli vari.


L’indagine

La procura ha aperto un’indagine sul funzionario giudiziario che portò le prove all’inceneritore Angelo Fusaro. E sul suo superiore Francesco Tucci. Fusaro ha spiegato che non sapeva dell’ordinanza successiva che aveva bloccato la distruzione delle prove. Tucci invece disse che aveva detto a voce a Fusaro di non procedere. Le indagini non hanno dimostrato il dolo e nel 2020 il gip del Tribunale di Como Andrea Giudici ha archiviato tutto. Criticando però «la mancata adozione di qualsivoglia cautela, accorgimento o formalità nella custodia dei reperti della strage di Erba». Mentre la nuova responsabile dell’ufficio ha spiegato che quello che è successo a quei reperti non è una sorpresa, visto che alcuni beni non sono sigillati né catalogati. E tra questi ci sono anche armi. Anche gli ispettori del ministero della Giustizia hanno parlato di «diffuse irregolarità in tutte le fasi del processo di gestione dei corpi di reato».

Le confessioni

Intanto gli avvocati si preparano anche alla questione che incastra di più Olindo Romano e Rosa Bazzi. Ovvero le due confessioni separate che hanno reso agli inquirenti prima di ritrattare. Tra le nuove prove che arriveranno davanti ai giudici di Brescia c’è una consulenza multidisciplinare che ha rilevato «disturbi psicopatologici in Olindo e Rosa e deficit cognitivi importanti in Rosa». Questi elementi, secondo gli avvocati, dimostrerebbero che le confessioni sono false. Rosa Bazzi, dice la consulenza, ha un quoziente intellettivo di 58. Ed è «una persona vulnerabile a causa di una disabilità intellettiva (altrimenti nota come ritardo mentale) che coinvolge lo sviluppo di tutte le funzioni cognitive. Entrambi sono «inidonei a rendere dichiarazioni», nei loro verbali autoaccusatori «vi è una totale assenza di conoscenza colpevole e totale mancanza di aderenza ai dati criminalistici».

Leggi anche: