Jannik Sinner non è mai stato in discoteca: «Preferisco giocare a carte con un amico»

Il campione si racconta a Vanity Fair. Pochi amici, quelli di sempre e un solo obiettivo: scalare il ranking mondiale

Jannik Sinner si racconta in un’intervista a Vanity Fair. Oltre alla passione per il tennis (e l’obiettivo di diventare numero nel ranking mondiale scavalcando il campione Novak Djokovic e la stella spagnola emergente Carlos Alcaraz) c’è anche spazio sulla sua vita privata. Poco sociale, riservata a una stretta cerchia di amici, quelli di sempre. «Ho tutto, non mi manca niente. Non sono mai stato in discoteca, non mi piace andare a dormire tardi. Preferisco giocare a carte con un amico. Ne ho pochi, ma veri. Mi conoscono da quando ero ragazzino e non gli importa di cosa ho vinto o di quanto sono famoso», spiega. Per questo torna ancora sul rifiuto al Festival di Sanremo: «Il 99 per cento delle volte dico di no, e il motivo è molto semplice: mi voglio concentrare sul tennis, cerco di evitare le distrazioni». Ma attenzione. Se trovasse l’amore vero quella non sarebbe mai una distrazione.  «Penso che sia una bellissima cosa quando si trova un amore giusto — sottolinea —. Come per tutti. I migliori tennisti al mondo hanno tutti moglie e figli».


«Sono italiano al 100% e sono molto orgoglioso di esserlo»

Il tennis appunto. La sua vera fissa. «Tutte le partite che si vincono, non si vincono nel giorno in cui si disputano. Si vincono preparandosi per mesi, forse anni, lavorando per quella partita. Vedremo se questo lavoro servirà anche al primo fallimento, vedremo come reagirò. Ma non ho paura di sbagliare, non ci penso. Non vedo che senso abbia pensarci», spiega. Sul compagno di sport Matteo Berrettini: «Lui ha avuto molti infortuni, speriamo che ritorni. Non è giusto dimenticare i suoi successi. Noi italiani siamo un bel gruppo, ci rispettiamo tutti anche se siamo tutti diversi». Jannik precisa: «Sono italiano al 100% e sono molto orgoglioso di esserlo: a 7 anni facevo i campionati di sci coi ragazzini italiani, i miei compagni erano italiani a 14 in Liguria. Poi scusate, noi parliamo il nostro dialetto tedesco, ma anche in Sicilia parlano un dialetto che nelle altre parti d’Italia non capiscono, no?».


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