«Tenuto al gelo per due ore e mezza, poi ucciso con un pugno al cuore». Ecco come sarebbe morto Alexei Navalny

La tecnica di uccisione di prigionieri del Kgb utilizzata sul dissidente secondo un network di esuli e una fonte della colonia penale sull’Artico

Non una trombosi, né una «sindrome da morte improvvisa» – le due spiegazioni date nelle prime ore dalla autorità penitenziarie russe – ma neppure un avvelenamento col Novichok. Alexei Navalny sarebbe stato ucciso dai suoi carcerieri con un pungo dritto al cuore, una famigerata tecnica di marchio Kgb, dopo essere stato lasciato al gelo per oltre due ore e mezza. È quanto sostiene il fondatore dell’ong Gulag.net Vladimir Osechkin, che sostiene di aver avuto indicazioni in tal senso da una persona che lavora nella colonia penale sull’Artico dove è morto l’oppositore del Cremlino. La sua testimonianza è raccolta dal Times. Secondo la ricostruzione di Osechkin, un dissidente russo in esilio il cui sito raccoglie e pubblica le testimonianze di prigionieri e carcerieri del regime di Vladimir Putin, a Navalny sarebbe stato applicato un “protocollo della morte” mutuato dai manuali delle forze speciali del Kgb. Prima sarebbe stato costretto a rimanere per oltre due ore e mezza in uno spazio all’aperto di confinamento, in giorni in cui la temperatura nella regione artica scende sino a -27 gradi. A quel punto, debilitato il fisico, sarebbe arrivato il colpo di grazia, al cuore. «Penso che abbiano prima distrutto il suo corpo tenendolo al gelo a lungo in modo da rallentare la circolazione sanguigna al minimo», dice Osechkin. «A quel punto diventa molto facile uccidere qualcuno, bastano pochi secondi se l’operativo ha un po’ di esperienza con le tecniche». La tecnica adottata sarebbe appunto quella del pugno dritto sul cuore, al centro del torace: «un vecchio metodo, un marchio di fabbrica del Kgb», spiega il dissidente al Times. Diversi altri prigionieri sarebbero stati uccisi nelle colonie penali dell’Artico in questo modo, e i lividi trovati sul corpo di Navalny, secondo le fonti del carcere in questione, sarebbero compatibili con questa ricostruzione. Una tesi al momento impossibile da verificare, considerato che nessun altro ha potuto vedere il corpo del dissidente, nonostante le insistenze della madre e degli avvocati , arrivati fin sulla soglia dell’obitorio di Salekhard, dove si presume si trovi. «Non ce lo restituiranno per altri 14 giorni», ha fatto sapere sconsolata la portavoce di Navalny lunedì.


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