Chiara Ferragni, il marito Fedez che «in tanti week end non c’è stato» e le inchieste: «Sono una brava persona»

L’intervista prima della separazione: «La bastonata dell’Antitrust mi ha fatto bene»

Chiara Ferragni parla in un’intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera ma fatta martedì scorso, quando ancora non si sapeva della sua separazione da Fedez. Ma nel colloquio con Giuseppe Guastella e Candida Morvillo l’influencer tocca anche l’argomento matrimonio. Succede quando le chiedono dell’assenza del marito nei suoi ultimi week end tra Portofino, Champoluc e Courmayeur. «Lui in tanti weekend non c’è stato. In altri, c’è stato. Comunque, è mio marito. E secondo me, in certe situazioni di caos esterno, le altre cose è meglio tenerle dentro la coppia». Perché la priorità «è proteggere la famiglia e i figli. Poi, naturalmente, qualunque cosa io faccia, se ne parla». Ma lei ritiene più giusto «tenere i problemi tra le mura familiari».


Martedì 20 febbraio

All’epoca non si sapeva ancora dell’addio di Fedez, che risale a domenica 18 febbraio. L’influencer ha parlato soprattutto di sé: «Io, a volte, faccio fatica a mostrare le mie fragilità nel momento in cui le sto vivendo. Faccio fatica perché, se raccontassi quanto mi sento fragile, mi percepirei ancora più debole, ancora più attaccabile». Ferragni parla dell’inchiesta sul pandoro Balocco da lei griffato: «Sono rimasta completamente scioccata. Anche perché ho saputo la notizia dalle agenzie, contemporaneamente a tutti gli italiani. Era venerdì, ho passato anche sabato e domenica chiusa in casa, con addosso la stessa tuta, a leggere i tweet su di me e dire: cosa cavolo sta succedendo?». Parla della tuta indossata nel video di scuse: «Ero vestita ancora così quando ho pensato che dovevo fare un video e dimostrare la buona fede mia e delle persone che lavorano con me. Da tre giorni, leggevo cose completamente false, tipo che avevo truffato i consumatori e perfino i bambini malati. Ero scossa e dopo varie prove ho postato il video e facevo del mio meglio per trattenere le lacrime perché non volevo fare la vittima».


L’inchiesta

Spiega anche la scelta successiva della beneficenza: «Mi sono detta: la gente si aspetta qualcosa da me. Dovevo scusarmi, perché, se c’erano stati fraintendimenti, vuol dire che qualcosa poteva essere fatto meglio. Ho detto anche che non avrei fatto mai più operazioni che mischiassero pubblicità e beneficenza. Poi ho pensato: faccio un gesto concreto. Le persone credono che mi sia arricchita cercando di imbrogliarle? Bene, il milione di euro ricevuto dalle mie società lo dono al Regina Margherita e farò ricorso al Tar contro una sanzione che ritengo ingiusta e sproporzionata, la pago e, se qualcosa avrò indietro, donerò anche quello». Nel video ha ammesso l’errore di comunicazione: «Ci siamo resi conto che alcuni processi di analisi interna avrebbero potuto essere gestiti meglio. E stiamo lavorando per migliorare alcuni profili organizzativi. Ho sempre pensato che, se hai trenta milioni di follower, se fai beneficenza e ne parli, crei un effetto emulativo».

Il pandoro e il contratto

Ferragni dice che è stata un’iniziativa sua e del suo team quella di far inserire la donazione nel contratto: «La donazione è stata fatta dopo la firma del contratto ed è stata fatta subito proprio perché l’importo era certo e slegato dalle vendite e perché speravamo che il macchinario arrivasse prima della messa in vendita del pandoro». Poi ci sono Dolci Preziosi e la bambola Trudi: «Queste operazioni rappresentavano una percentuale esigua del nostro fatturato. Non comprendo come si possa ipotizzare un disegno criminoso: se così fosse, la maggior parte del fatturato dovrebbe dipendere da queste attività. Per fortuna, se c’è un effetto positivo di questa vicenda, è che ora abbiamo un Ddl beneficenza o Ddl Ferragni col quale tutto sarà più chiaro». Dice di aver effettuato la donazione a Stomp Out Bullying: «Ho la documentazione che lo attesta. A tempo debito, chiarirò tutto a chi di dovere».

La bastonata

Ferragni parla anche di “bastonata” a proposito dell’Antitrust: «Quella dell’Agcm è stata la prima bastonata, la prima volta che qualcuno ci ha detto con durezza e pubblicamente che avevamo fatto male qualcosa e che ho pensato “cavolo, eravamo in buona fede, ma evidentemente potevamo fare meglio”. Ora, sono fiera dei miei ragazzi ma so che serve un rafforzamento della struttura con persone con più esperienza di me e di quelle che sempre in buona fede mi hanno aiutato». Infine, spiega il suo successo: «Con una concatenazione di eventi e col fatto di seguire il mio istinto e lavorare sodo. Poi, il successo c’è, è oggettivo ma che me lo meriti è soggettivo. Tanti pensano che non lo meriti». La conclusione: «Io penso di essere una brava persona e di dare il massimo in tutto quello che faccio».

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