Quel «Freddo al cuore» nella Milano del 1994, i reduci del Pci e l’indagine sull’omicidio di un amico: il nuovo giallo di Lodovico Festa

La quarta indagine dell’ingegnere ex comunista Mario Cavenaghi firmata dal giornalista e saggista

È la notizia dell’omicidio di un suo vecchio amico di partito a far scattare la quarta indagine dell’ingegnere Mario Cavenaghi, protagonista di Freddo al cuore (Marsilio, 2024) di Lodovico Festa. Cavenaghi da tempo ormai trasferitosi a Lugano, lontano dalla sua Milano, lontano dal suo passato nella fila del Partito comunista italiano, dove è stato capo dei probiviri fino al 1989. «Un ruolo, è bene ricordarlo, che serviva a sorvegliare la moralità degli iscritti – scrive Festa – ma anche, discretamente, a vigilare sugli interessi più generali del partito». Siamo nel 1994, in un’Italia ancora alle prese con lo tsunami giustizialista di Mani Pulite, il primo governo di Silvio Berlusconi, la cosiddetta «Seconda Repubblica» che prova a prendere forma. La politica e la sua storia più recente sono per Festa solo lo sfondo di un avvincente giallo psicologico, con i suoi intrecci profondi nelle relazioni umane, che sono forse l’aspetto che muove il protagonista nelle sue indagini. Tra i tanti compagni in cui incappa, ci sono gli amici a farlo tornare per un po’ in quel che resta del mondo che ha sempre vissuto, intriso di impegno politico. Era un amico la vittima, è un amico il principale sospettato. 


«Se torni in Italia il tuo vecchio mondo ti risucchierà». Così la moglie di Cavenaghi aveva provato a metterlo in guardia prima che lui partisse per tornare «da quei falliti dei tuoi amici». Ma ormai l’ingegnere aveva già deciso: «È ineluttabile, non posso evitare di essere coinvolto in questo caso, si disse Cavenaghi. A parte la famiglia e un po’ il lavoro, solo l’amicizia dà serenità alla mia esistenza, e non posso tradirla». Da Lugano a Napoli, passando per Palermo, Roma e Milano, Cavenaghi affronta la sua indagine tra vecchi omicidi, l’ombra degli affari della ‘Ndrangheta al Nord, i traffici occulti del Pci appena sfiorati da Tangentopoli, ex agenti del Kgb, vecchi amici compagni e i sospetti di una “talpa” tra i compagni di un tempo. L’amicizia, i legami che sembrano eterni nati negli anni degli studi tra cortei e infinite discussioni nelle sezioni polverose, ma non meno importante il tradimento con le «frittate che non si possono mai fare senza rompere le uova». Il viaggio di Cavenaghi non è solo tra i luoghi di una Milano che appare sempre più rara, ma nell’animo tormentato di chi torna a fare i conti con le proprie scelte.


E poi la nostalgia, tanto quella di Cavenaghi che lo porta a tuffarsi nell’indagine, quanto quella dei compagni di un tempo ritrovati, sempre più a disagio in un mondo politico sempre meno ideologico e sempre più tecnocratico. Come l’amico veterano comunista, che raccontando del funerale dell’ex comunista assassinato su cui indaga Cavenaghi, gli racconta: «Una cerimonia deprimente. C’erano tanti vecchi compagni, alcuni ancora iscritti, altri usciti da posizioni riformiste e garantiste, e altri ancora oggi militanti in Rifondazione. Quando ho visto le antiche bandiere, spesso di seta, e non di rado ricamate, ricche di storia e di passione, mescolate a quelle di plastica del Pds con su una quercia che sembra quella di Cip e Ciop, mi è venuto freddo al cuore».

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