I soldati lasciano gli eserciti in tutta Europa: «Rischi alti e stipendi inadeguati, così prepararsi a una guerra è impossibile»

Dalla Francia alla Germania sino alla Polonia i governi corrono ai ripari per evitare lo svuotamento dei ranghi. L’alternativa? Il ritorno della coscrizione

L’Europa deve riarmarsi, entrare nell’ottica di una «economia di guerra», perfino prepararsi a un conflitto possibile nel medio periodo con la Russia. Così vuole la nuova vulgata «ufficiale» europea, dopo che la guerra in Ucraina ha preso una piega tutt’altro che incoraggiante, Putin ha eliminato anche Alexei Navalny e non fa più mistero di voler procedere con la sua offensiva, se e quando Kiev dovesse cadere. Tutto giusto, o forse no. Ma a svelare un lato concreto assai problematico per l’attuazione di questi piani è oggi un’inchiesta di Politico, che dà conto di come in realtà, per molti degli eserciti europei, il problema sia oggi quello di mantenere nei ranghi i soldati. Altro che espandere le forze. In Germania, uno dei Paesi teoricamente con il più alto potenziale di espansione delle sue forze, nell’ultimo anno oltre 1.500 soldati hanno lasciato il Bundeswher, riducendo le truppe a quota 181.514, ha messo in luce pochi giorni fa un rapporto presentato al Parlamento. Problema del tutto analogo a quello che ha l’esercito francese, nel quale i soldati restano oggi mediamente un anno in meno di un tempo. Mentre nel Regno Unito il governo s’è dovuto rivolgere a una società privata di contractor per supplire alla carenza annuale di oltre mille reclute. Il problema riguarda di fatto «tutte le democrazie che hanno eserciti professali senza coscrizione, nelle riunioni Nato ne parliamo spesso», ha ammesso ieri il ministro della Difesa francese Sebastien Lecornu, nel presentare il suo piano di «ritenzione dei talenti» in uniforme.


Per l’onore e per la gloria?

Il punto è che, in assenza di leva obbligatoria – eliminata nella maggior parte dei Paesi europei ormai da anni – gli incentivi ad arruolarsi e a restare poi nell’esercito sono spesso insufficienti. C’entra probabilmente la scarsa attrazione media degli europei per quel tipo di «missione», certo, ma anche considerazioni molte più concrete. Il lavoro di soldato implica, ovviamente, alti rischi per la propria incolumità e dunque per la sicurezza della propria famiglia, e anche in assenza di guerre «vere» da combattere lunghe missioni distanti da casa, relativi periodi di recupero spesso non rispettati, straordinari cronici. E a fronte di tutto ciò, stipendi non all’altezza. Così ora diversi governi europei stanno correndo ai ripari, per dar corpo – letteralmente – alle promesse di rafforzamento militare. In Polonia, Paese che si sente «al fronte» del confronto con la Russia di Putin, il nuovo governo guidato da Donald Tusk ha annunciato un aumento delle paghe del 20% per scongiurare la fuoriuscita di soldati: il salario di partenza passerà da 4.960 złoty (circa 1.150 euro) a 6.000 złoty (circa 1.390 euro). Stesso discorso in Francia, dove il piano presentato da Lecornu prevede l’aumento non solo degli stipendi ma anche delle future pensioni tramite bonus integrativi, oltre che agevolazioni per trovare casa e accedere a cure sanitarie e servizi per l’infanzia e la promessa di trasferimenti comuni nel caso di coppie i cui componenti lavorino entrambi per l’esercito o il relativo ministero.


L’elefante nella stanza

Basterà? Forse. Ma se così non fosse, soluzioni più «radicali» già si affacciano nel panorama europeo. La Danimarca ha annunciato pochi giorni fa un piano per estendere la leva obbligatoria anche alle donne, e per espanderne la durata per tutti. Ma potrebb’essere una mossa intermedia prima di quella presto necessaria: la reintroduzione di sistemi di coscrizione. La Croazia ci sta pensando, e la stessa Germania pure, come ha detto apertamente la commissaria speciale del Bundestag Eva Högl. L’idea resta per il momento a livello di discussioni ministeriali, ma non è detto che già nel corso del 2024 in qualche Paese europeo non diventi realtà. E l’Italia? Per il momento l’innovazione principale annunciata dal ministro Guido Crosetto è la creazione di una Riserva di circa 10mila volontari in grado di aggiungersi alle forze regolari dell’esercito. Crosetto ha escluso esplicitamente nei mesi scorsi le reintroduzione della leva obbligatoria. Fino a prova contraria, se non altro.

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