L’identità digitale europea non è un sistema di credito sociale. Cos’è e come funziona lo Spid dell’Ue

I sistemi di credito sociale sono espressamente vietati tra gli usi dell’intelligenza artificiale nell’AI Act dell’Unione Europea.

«La trappola finale». Così numerosi post su Facebook definiscono lo European Digital Identity Wallet (EUDI), il sistema di identità digitale dell’Unione Europea. Lo scenario dipinto dai post è tanto semplice quanto spaventoso: «Non potrai nemmeno comprare un caffè se non sei in ordine». In ordine con cosa? Secondo chi condivide i post, l’identità digitale europea sarebbe un modo di implementare nell’Unione un sistema di credito sociale con premi per i comportamenti virtuosi e sanzioni per quelli sbagliati. Un sistema di questo tipo è previsto in Cina. Ma l’identità digitale europea non è un sistema di credito sociale, che anzi, è espressamente vietato tra gli usi dell’intelligenza artificiale nell’AI Act.

Per chi ha fretta:

  • Si sostiene che l’identità digitale europea – allo studio in questi mesi – sia un sistema di credito sociale.
  • Un sistema di credito sociale è previsto in Cina, con monitoraggio di enti e cittadini, premi per i comportamenti virtuosi e sanzioni per quelli malvisti.
  • Ma l’identità digitale europea non è un sistema di credito sociale, bensì un meccanismo simile allo Spid, ma a livello comunitario.
  • I sistemi di credito sociale sono espressamente vietati tra gli usi dell’intelligenza artificiale nell’AI Act dell’Unione Europea.

Analisi

Vediamo uno screenshot di uno dei post oggetto di verifica. Un post simile si può vedere qui e un altro ancora qui. Nella descrizione non si legge nulla, mentre la scritta nell’immagine recita:

LA TRAPPOLA FINALE. nella storia dell’umanità. È la cinesizzazione dell’ Occidente. È il sistema dei crediti sociali cinesi in salsa europea. Non potrai fare nulla se non sei in ordine, neanche comprarti un caffè. NON SCARICARE L’APP! Dillo ad almeno 15 persone! SE NESSUNO SCARICA L’APP IL GIOCO TERMINA PRIMA DI INIZIARE Altra descrizione con cui circola il contenuto è la seguente: IDENTITA’ DIGITALE EUROPEA (e-ID) SPID e CIE verranno dismessi entro il 2024, per essere sostituiti dalla IDENTITA DIGITALE EUROPEA. Per chi ancora non lo sapesse, questa novità corrisponde più o meno al motivo per cui facevano i censimenti i romani, ovvero analisi, controllo serrato e saccheggio. Vediamo di cosa si tratta… “Uno strumento che funziona tramite portafogli digitali disponibili su applicazioni per telefoni cellulari e altri dispositivi per: -identificarsi online e offline -conservare e scambiare informazioni fornite dai governi, ad esempio nome, cognome, data di nascita, cittadinanza -conservare e scambiare le informazioni fornite da fonti private affidabili -utilizzare le informazioni per confermare il diritto di soggiornare, lavorare o studiare in un determinato Stato membro.” “Uso pratico

L’identità digitale europea può essere utilizzata in molti casi diversi, ad esempio per:

-usufruire di servizi pubblici, come richiedere un certificato di nascita o certificati medici oppure segnalare un cambio di indirizzo

-aprire un conto in banca

-presentare la dichiarazione dei redditi

-chiedere un prestito bancario

-iscriversi a un’università, nel proprio paese o in un altro Stato membro

-conservare una ricetta medica utilizzabile ovunque in Europa

-dimostrare la propria età

-noleggiare un’automobile usando una patente di guida digitale

-fare il check-in in albergo. “

Come si può notare, questo documento digitale europeo non è altro che il GREENPASS col suo vero nome: il GP è stato la prova generale di questo sistema di controllo digitale europeo (con tecnologia americana, inglese e israeliana, naturalmente); è servito per imporre l’uso del cellulare come SISTEMA DI PERMESSO per fare qualcosa (bere un caffè, entrare in un ristorante, viaggiare, etc).

L’Italia, naturalmente, è stata il primo paese a sperimentare sia lo SPID sia il GP, perchè l’Italia è veramente il laboratorio sociale di queste aberrazioni – essendo solo un banale protettorato dalla scarsa cultura e dall’alta sottomissione popolare.

A ben guardare, l’Identità Generale Europea viene chiamata “digital wallet”, perchè di fatto ha ben poco a che fare con l’anagrafica e ben tanto a che fare con il denaro, le banche, i sussidi, i prestiti, i mutui, le tasse (il nome completo, il payoff, infatti è PERSONAL DIGITAL WALLET).

Come da programma, il progetto comincerà ufficialmente nel 2025 per arrivare a buon termine nel 2030 (anno-limite ormai chiaro dell’Agenda di schiavizzazione di Davos). L’UE prevede che almeno l’80% dei cittadini dovrà utilizzare questa identità digitale. Ad oggi, solo il 50% dei cittadini europei pensa che sarebbe una buona idea, ma dopo il GP lo pensano in meno. In ogni caso, ad oggi metà dei cittadini europei pensa che questa cosa NON SIA DA FARSI. Ecco perchè ne parlano tanto poco su giornali nazionali ed internazionali. Tutto quello di cui non parlano è roba seria.

Molti italiani si trovano davanti a SPID e CIE nel momento in cui vogliono fare qualche pratica (e poi scoprono che PER LEGGE, la pratica si può fare alla vecchia maniera senza alcun problema). Essere il popolo meno informatizzato d’Europa ha i suoi vantaggi, ed anche avere la mafia più analfabeta d’Europa idem. Le uniche resistente a questi sistemi sono dovute infatti a scarsa familiarità con l’informatica: se riuscissero a sviluppare un sistema identico al gratta&vinci, in Italia lo SPID lo avrebbero anche i gatti.

L’obiettivo della perversa UE di matrice anglo è quello di costringere l’80% dei cittadini europei ad usare questa piattaforma per accedere ai servizi di base entro il 2030: anagrafe, sanità, scuola, tributi, prestiti. Ogni aspetto della vita umana all’interno dell’UE dovrà essere REGOLATA e CONTROLLATA (nei loro piani) da questo sistema (e naturalmente a chi verranno ceduti i dati dei cittadini europei?).

Devono quindi passare da un 30% reale di utilizzatori, con un sedicente 50% di approvatori, ad un 80% in meno di cinque anni.

Ce la faranno? Beh, vedo molti stolti di ogni età correre alla COOP a farsi fare lo SPID. Pochi leggono che ogni cittadino ha diritto di accedere a tutte le pratiche burocratiche alla vecchia maniera. Molti addetti, alle poste, in banca, alla COOP, dicono falsamente che lo SPID sia obbligatorio. Non è così.

E proprio rendere le cose più facile tramite lo SPID serve ad imporlo piano piano ad una platea sempre più allargata, in cambio di sussidi, borse di studio, rapidità, semplificazione burocratica, etc.

Pochi sanno che il sistema digitale europeo è già cominciato in via sperimentale in Italia, per l’esattezza nella provincia di Trento (Maggio 2023). Il 6 Luglio i governi europei hanno sottoscritto il sistema ufficialmente (sì, per voi la Meloni, sempre lei).

Per ora, per far utilizzare SPID dalla piattaforma europea, viene usato un ponte informatico chiamato SIGNICAT. Ma entro pochi anni, l’e-ID sarà l’unico sistema per gli europei.

Il 30 Agosto, il nostro governo ha firmato in modo definitivo l’adozione della piattaforma, considerando lo SPID di passaggio per un altro anno.

L’identità digitale europea, dopo vari passi di approvazione giuridica, è arrivata alla seconda fase sperimentale: eIDAS-2. Fra qui e il 2030, ci saranno molti altri passaggi, per abbattere tutti i nodi giuridici ad un sistema di controllo e sorveglianza che in nessuna delle dittature passate hanno mai applicato (per mancanza di tecnologia, non per altro).

Riassumiamo di nuovo cosa c’è dentro a questa APP MOBILE:

-anagrafica completa

-documenti sanitari

-prescrizioni mediche

-cartelle cliniche

-patente di guida

-conto bancario

-prestiti e mutui

-titoli di studio

-carte di pagamento

-sussidi

-tasse

-qualifiche professionali

-CV

-accesso ad ogni servizio online

-noleggio auto/mezzi

-voli

-check in alberghiero

-acquisti online

-memorizzazione e scambio di informazioni fra governi

-gestione d’azienda

-voto politico

In pratica, questa identità digitale è lo strumento di controllo perfetto. Tutti i dati personali e sensibili vengono archiviati su piattaforme ufficialmente in mano all’EU.

La più grande violazione della libertà personale dai tempi di Erode, insomma.

Non dico di informarvi, perchè vedo che avete difficoltà ad usare anche solo la casella di posta (dopo 40 anni), ma almeno sapere la direzione del macello, almeno questo sì.

Potete provare ad essere quel 50% che dice no, e quel 20% previsto da Davos che dice no. Del resto, i non sierati erano proprio quella percentuale lì, appena oltre il 20%. Quel 20%, mi auguro, voglia rimanere immacolato e libero.

PS

Non sto a dirvi del riconoscimento biometrico, perchè altrimenti vi confondete…

Cos’è l’identità digitale

Come abbiamo visto in altri post creati per essere diffusi in maniera virale spargendo disinformazione, anche in questo caso si nota come non ci sia alcun riferimento temporale, in maniera che l’immagine sia sempre attuale anche a mesi dalla sua creazione. L’identità digitale è da anni in fase di sviluppo in Europa. Nell’aprile del 2023 sono iniziati i progetti pilota per testare il sistema in situazioni reali in diversi settori. Vi prendono parte 250 imprese private e autorità pubbliche in 25 Stati membri e in Norvegia, Islanda e Ucraina. Con un sistema come quello in fase di sviluppo si possono accorciare i tempi e ridurre le difficoltà, in pratiche come l’apertura di un conto in banca, un cambio di residenza, la ricezione di un sussidio, la compilazione della dichiarazione dei redditi. Evidentemente, non vengono creati nuovi archivi sui cittadini europei, semplicemente vengono digitalizzati e internazionalizzati quelli già presenti, semplificandone e centralizzandone la gestione lato utente.

Come funziona l’identità digitale europea

I sistemi di identità digitale sono già ampiamente diffusi in molti Paesi europei, compresa l’Italia con Spid. Tuttavia, quasi tutti questi sistemi funzionano solo a livello nazionale e non sono integrati con l’estero. Non sempre, poi, in questi sistemi è incluso un portafoglio completo, che raccolga documenti come l’attestazione Isee, la carta d’identità, certificati di residenza e documenti simili. L’identità digitale europea, spiega la Commissione Europea, è un sistema per semplificare operazioni che attualmente possono impiegare moltissimo tempo ed energie in questioni burocratiche. La proposta della Commissione, emanata il 28 maggio 2021, è stata presa in considerazione dal Parlamento Europeo il 29 febbraio del 2024. Anche nel testo dell’Europarlamento, particolare enfasi viene data alla protezione dei dati degli utenti, indicata come uno degli obiettivi che l’Unione vuole raggiungere con lo sviluppo dell’identità digitale, dando ai cittadini europei maggiore controllo sulle proprie informazioni.

Il pannello di controllo dei dati

Scrivono i parlamentari europei «I portafogli di identità digitale europei dovrebbero avere la funzione di un pannello di controllo incorporato nel design, al fine di garantire un maggiore grado di trasparenza, privacy e controllo da parte degli utenti sui propri dati personali». E ancora: «Tale funzione dovrebbe fornire un’interfaccia semplice e di facile utilizzo con una panoramica di tutte le terze parti con cui l’utente sceglie di condividere i dati, compresi gli attributi, e il tipo di dati condivisi con ciascun terzo. Il pannello dovrebbe consentire agli utenti di tracciare tutte le transazioni eseguite attraverso il portafoglio europeo di identità digitale con almeno i seguenti dati: l’ora e la data della transazione, l’identificazione della controparte, i dati personali richiesti e i dati condivisi».

Il parere del Cese contro il credito sociale

Significa che – a sviluppo concluso – sarà sempre l’utente a scegliere quali dati condividere, e con quali enti. I cittadini europei potranno in ogni momento consultare chi ha i propri dati e per quali scopi. Si tratta, quindi, di una facoltà di controllo ben maggiore di quella disponibile adesso. L’opinione dell’Europarlamento sembra seguire quella del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese), organo di consulenza dell’Ue che nel 2021 si era espresso circa il progetto di un’identità digitale europea, schierandosi esplicitamente come «assolutamente contrario alla realizzazione di un sistema che tenga sotto controllo i cittadini europei, ne segua gli spostamenti e/o ne monitori le attività e il comportamento».

Come funziona il credito sociale

Il sistema di credito sociale più strutturato al mondo attualmente è quello della Cina, in continuo sviluppo da anni. L’obiettivo è regolamentare l’economia e promuovere una società sana e sicura, anche indirizzando ed influenzando il comportamento dei cittadini e di altri enti. A questi ultimi viene assegnato un punteggio in base alle loro azioni che poi si ripercuote sulle libertà di cui godono, compresa quella di affittare una camera d’hotel, aprire un conto in banca o usare carte di credito. Vengono valutate, ad esempio la capacità di onorare i contratti stipulati e di ottemperare ai pagamenti. Ma anche il comportamento d’acquisto su portali online e le frequentazioni abituali.

Il divieto al credito sociale dell’Europa

Nulla di tutto ciò è previsto dal sistema di identità digitale dell’Unione Europea. Anzi, con l’AI Act, la prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale, l’Unione Europea ha espressamente vietato di usare questa tecnologia per sistemi di credito sociale. E risulta difficile immaginare che una mole di dati come quella richiesta nell’implementazione di un sistema di credito sociale possa essere gestita senza l’aiuto dell’AI.

Conclusioni

Si sostiene che l’identità digitale europea – allo studio in questi mesi – sia un sistema di credito sociale. Un sistema di credito sociale è previsto in Cina, con monitoraggio di enti e cittadini, premi per i comportamenti virtuosi e sanzioni per quelli malvisti. Ma l’identità digitale europea non è un sistema di credito sociale, bensì un meccanismo simile allo Spid, ma a livello comunitario. I sistemi di credito sociale sono espressamente vietati tra gli usi dell’intelligenza artificiale nell’AI Act dell’Unione Europea.

Questo articolo contribuisce a un progetto di Facebook per combattere le notizie false e la disinformazione nelle sue piattaforme social. Leggi qui per maggiori informazioni sulla nostra partnership con Facebook.

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