Napoli, Geolier all’Università Federico II: «Avrei voluto studiare di più. Le prime interviste? Temevo di parlare in italiano»

Il rapper napoletano ha parlato con gli studenti della sua carriera, di Napoli, dei genitori e del rap

È stato accolto con un caloroso applauso il rapper Geolier nella sede di Scampia dell’Università Federico II di Napoli in occasione dell’incontro con gli studenti dell’ateneo. Emanuele Palumbo, 24 anni compiuti tre giorni fa, da Secondigliano, 60 dischi di platino raccolti con due album, il secondo dei quali, Il coraggio dei bambini, risulta essere il più venduto del 2023. E poi naturalmente il secondo posto all’ultima edizione del Festival di Sanremo, tra mille critiche, come quelle che hanno accompagnato nei giorni scorsi questo incontro con gli studenti della Federico II della sua Napoli. In particolare quella arrivata dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri, che ha definito la scelta della facoltà «assurda», Geolier un «modello negativo per i ragazzi», affermando che l’università deve rappresentare un luogo di «formazione e raffinatezza culturale» senza «svendersi» con una «cultura a basso costo». Parole che il Rettore dell’ateneo Matteo Lorito ha commentato in apertura dell’evento, parlando di una scelta «istintiva» dell’ateneo napoletano «in linea con il lavoro fatto nelle periferie» per «raccogliere il futuro». Lorito ha continuato: «Ci hanno tirato dentro a polemiche che non ci interessano, l’autonomia dell’università è sacrosanta e con questo dibattito rispondiamo a tutte le critiche. Alcune preoccupate, alcune retrò, ma questa è l’università che noi vogliamo».


L’amore per Napoli

Quando la parola è passata al giovane artista napoletano, Geolier ha messo subito le cose in chiaro: «Qua dentro io non posso insegnare niente a nessuno, posso solo imparare. Anche io, come voi, ho mille paure, mille ansie». Il dibattito ha poi seguito l’orbita delle domande preparate dagli studenti, curiosi riguardo il lavoro del rapper ma anche verso diversi aspetti della sua vita privata, uno su tutti il suo rapporto con Napoli: «Quando voglio stare tranquillo sto nel mio rione – ha detto -, lì le persone non mi fermano, sanno che sto là per sentirmi a mio agio, tutti mi chiamano Emanuele e mi piace». E ancora: «Tutti i pregiudizi su Napoli sono sbagliati. A Milano mi chiedono se esiste il casco a Napoli, i rapper vengono qui a Napoli e non indossano l’orologio, e io mi domando: “Ma come? Vieni da Milano, che è la città con più reati, e poi arrivi qui e non ti metti l’orologio?”». Geolier non abbandonerebbe mai Napoli: «Aldilà del legame che ho con la gente e la città e l’ispirazione che mi da – ha spiegato -, Napoli mi ha creato. Non posso portare questo in un’altra città. Io sto combattendo per portare l’industria musicale a Napoli e poi me ne vado io? No, non succederà mai».


Il rapporto con i genitori

Commovente il racconto riguardo i suoi genitori: le domande mamma, che non capisce come mai non risponde quando è in studio a comporre una canzone, e i silenzi del padre: «Mio padre quando parla crea silenzio, ma ogni volta che parla è un insegnamento: lui è quello che vorrei essere da grande. La prima volta che mi ha fatto un complimento è stato l’altro giorno per L’ultima poesia, la canzone con Ultimo, mi ha detto “È proprio bella”. Quello che faccio è per loro, se loro sono orgogliosi di me va bene. Mi posso pure fermare, non mi interessa altro». Largo spazio nella conversazione anche al rap. Geolier ne ha approfittato per raccontare come il suo linguaggio nel tempo sia cambiato e di come abbia rinunciato fin dall’inizio ai cliché tipici del rap. «Il tempo ti rende maturo – ha spiegato -, nei miei pezzi parlo in maniera diversa ultimamente, ma l’arte non ha una responsabilità educativa, questa me la sono presa io». Ed è proprio questa padronanza del proprio agire artistico che lo protegge anche dalle minacce sempre più pressanti dell’Intelligenza Artificiale: «Mi fa paura, assai – dice – ma una cosa che l’intelligenza artificiale non avrà mai è il dolore di un artista. Dato che è matematica, non avrà mai un sentimento». Un altro timore di Geolier, che ha ammesso per questo di invidiare gli studenti della Federico II, è quello di non essere capito: «Avrei studiato di più per comunicare meglio con le persone – ha ammesso -. Durante le prime interviste avevo paura di parlare: sono un ragazzo rionale, era strano dire una parola in italiano, forse quello è l’unico rimpianto che ho».

Leggi anche: