Strage al Crocus, la Russia alza il tiro: «L’Ucraina ha addestrato i terroristi in Medio Oriente, ora la pagherà»

Le accuse durissime del capo dei servizi di Mosca: «È stata Kiev, col sostegno di Usa e Gran Bretagna». E Putin conferma: «Risponderemo con le armi»

A quattro giorni dalla strage al Crocus City Hall nella quale sono morte almeno 139 persone, le autorità russe rendono ora esplicite le accuse all’Ucraina – ma anche a Usa e Regno Unito – di aver ispirato e commissionato il gravissimo attentato. A scandire parole durissime è il direttore dell’Fsb – i servizi di sicurezza interni russi – Alexander Bortnikov. Che mette nel mirino i suoi «omologhi» ucraini: i servizi segreti di Kiev, è la tesi, avrebbero «addestrato in Medio Oriente» gli islamisti radicali che hanno compiuto la strage. Tanto che l’Ucraina «si preparava ad accoglierli come eroi», si spinge a sostenere Bortnikov. Di più, i risultati preliminari dell’inchiesta indicano «un coinvolgimento degli Usa e della Gran Bretagna», sostiene Bortnikov. Che mette a fuoco anche le conseguenze da prevedersi. Primo, il capo dei servizi segreti militari ucraini Kirylo Budanov è da considerarsi a questo punto «un obiettivo legittimo per le forze militari russe, così come ognuno che perpetra crimini contro la Russia». Poco dopo è stato lo stesso presidente russo Vladimir Putin a mettere il sigillo sulla linea oltranzista: la Russia «sta combattendo per i suoi interessi vitali», e ora i suoi avversari l’hanno «costretta a proteggere questi interessi con le armi», ha detto Putin, citato dalla Tass. In particolare Mosca è chiamata ora a «combattere tutti coloro che hanno armato e addestrato per combattere la Russia sul territorio di un Paese vicino», ossia l’Ucraina.


Le accuse di Patrushev

All’indomani della prima ammissione di Putin sulla matrice islamista dell’attacco, senza però mollare la presa sull’ipotesi di presunti «mandanti» a Kiev, a riportare in primo piano la pista ucraina era stato già questa mattina un suo fedelissimo come Nikolai Patrushev. Rispondendo a una domanda dei giornalisti sulla matrice della strage, il capo del Consiglio di Sicurezza nazionale russo ha detto che «ovviamente è l’Ucraina». Anche se il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha osservato che «è ancora presto per parlare di quale sarà la reazione della Russia se sarà provata la partecipazione dell’Ucraina», tenuto conto che «c’è un’inchiesta in corso, non sarebbe corretto fare speculazioni in questo momento».


Arresto di un altro presunto sospetto

La Corte di Mosca che si occupa della strage intanto questa mattina ha tramutato in arresto il fermo di un ottavo sospettato nell’attacco. Si tratta di Alisher Kasimov: originario del Kirghizistan, è cittadino russo e ha quattro figli. L’uomo è accusato di aver affittato un appartamento a uno dei presunti terroristi. Kasimov si difende sostenendo che non sapeva nulla su chi fosse l’affittuario o cosa stesse progettando. Il bilancio della strage al Crocus è al momento di 139 morti e 182 feriti, e quattro sono gli uomini sin qui arrestati con l’accusa di esserne stati gli esecutori materiali.

Il calvario di Evan Gershkovich

Nelle stesse ore una corte di Mosca ha anche prolungato per l’ennesima volta la detenzione in attesa di processo del giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich. Il reporter americano, arrestato un anno fa a Ekaterinburg, è accusato di aver tentato di entrare in possesso di segreti di Stato sul complesso militare-industriale russo: accuse che Gershkovich, il suo giornale e gli Usa respingono seccamente. Rischia una sentenza sulla base di queste accuse fino a 20 anni di carcere, dove dovrà restare in attesa di processo dopo la decisione di oggi almeno fino al 30 giugno.

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