Mauro Corona da cacciatore è diventato animalista: «I colpevoli di femminicidio? Li darei in pasto ai parenti delle vittime»

Lo scrittore: 1.500 euro a puntata per la tv? Non mi servono soldi

Mauro Corona è vittima dell’impulsività per colpa «delle botte che mi ha dato mio padre quando ero piccolo». Per questo quando Stefano Lorenzetto lo chiama per l’intervista al Corriere della Sera gli dice di stargli alla larga. Poi dopo due ore si scusa: lo ha scambiato per qualcun altro. Corona compirà 74 anni il 9 agosto. E dice che il prosecco è la sua «acqua minerale». I superalcolici: «Da giovane, tanti: whisky e rum. Grappa durante la naia. Oggi non li reggo più». Mentre il padre «mandò in coma mia madre tre volte. Finché lei scappò di casa. Avevo 6 anni, mio fratello 5, l’ultimo nato 4 mesi. La rividi che ero tredicenne».


1.500 euro per la tv?

Adesso, dice, darebbe in pasto ai parenti delle vittime i colpevoli di femminicidio: «Siccome agli assassini viene sempre riconosciuta l’infermità mentale, li chiuderei in una stanza con i genitori della donna uccisa. Legati, però». Mentre il suo personaggio in tv funziona «non per capacità mia: per la curiosità dello spettatore. La Bianchina ha capito subito che sono un tipo picaresco e mi ha fatto un contrattino». Anche se vuole smentire l’entità (in euro) del suo compenso: «Seee, 1.500 se li attaccano in quel posto! Non mi servono i soldi. Vado lì per dare la voce a chi non ce l’ha. E anche un po’ per vanità, non lo nego». Ha subito 15 processi: «per bracconaggio. Camosci e caprioli erano la macelleria dietro casa. Alle bande musicali del Tirolo vendevo le code a forma di lira dei galli forcelli: le mettevano sui cappelli».


Da cacciatore ad animalista

Oggi non va più a caccia perché è diventato animalista: «Vivo con il cane Kurt, perché è corto, e il gatto Dalton, dal nome dei fuorilegge ottocenteschi del Missouri. Sono un caratteraccio, anche un po’ vile. Ho bisogno di confessarmi con gente che non mi giudichi. Quando rincaso alticcio, Kurt e Dalton mi osservano in un modo diverso. Avverto che mi capiscono». Alla domanda se usa il viagra, dice che è un «quesito un po’ personale. Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere, diceva Ludwig Wittgenstein. A volte già non rispondere afferma più che rispondere». Poi dopo 10 minuti ammette: «Sono stato un codardo. Cialis». E non si rade da quando era giovane: «L’ultima barba me la feci quand’ero alpino a Tarvisio».

Lui e Fabrizio Corona

Dice che aveva la tessera di Rifondazione Comunista ma si astiene da 20 anni. E sul suo omonimo Fabrizio Corona dice: Gli mandai in carcere una ventina di libri scritti da me. Non ne lesse neppure uno. Lo seppi da un detenuto sardo». Infine, spiega cos’è per lui la felicità: «Due dei miei quattro figli hanno avuto guai di salute. La felicità è quando tornano dai controlli periodici e mi dicono: “Tutto bene, papà”».

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