I familiari degli ostaggi israeliani in visita in Italia: «La nostra vita si è fermata il 7 ottobre»

Una delegazione formata dai parenti di cinque prigionieri di Hamas ha incontrato Papa Francesco in Vaticano

Oggi, lunedì 8 aprile, nella lussuosa cornice dell’hotel Rome Cavalieri – A Waldorf Astoria, una delegazione di familiari di ostaggi israeliani ha raggiunto i giornalisti per tenere una conferenza stampa. Cinque famiglie in tutto, arrivate nella Capitale insieme al ministro degli Esteri di Tel Aviv, Israel Katz. Prima di dialogare con la stampa, i familiari dei rapiti hanno avuto modo di parlare con Papa Francesco. Un’occasione in cui il Pontefice avrebbe definito Hamas «il male», e avrebbe fornito loro alcune rassicurazioni: «Ci ha detto che farà tutto il possibile, con i Paesi legati al Vaticano, per far tornare gli ostaggi a casa, come fosse una missione internazionale. Ha detto di essere in contatto con la Chiesa cattolica di Gaza e che sta lavorando con i suoi canali per la liberazione degli ostaggi», hanno raccontato.


Dito puntato contro l’Onu

Nel manifestare la loro gratitudine nei confronti di Bergoglio, hanno tuttavia espresso chiaramente rabbia e disappunto rispetto alla posizione dell’Onu, colpevole a loro dire di «star guardando solo in una direzione» e di «non avere una visione ampia». Dal loro punto di vista, infatti, le Nazioni Unite si interesserebbero «solo dei palestinesi, non di Israele. La maggior parte delle loro dichiarazioni sono contro Israele, non contro la Russia, la Siria e l’Iran». A parlare oggi c’erano Bezalel Schneider, zio di Shiri Bibas, preso in ostaggio mentre si trovava a casa sua, nel kibbutz Nir-Oz, Dani e Naama Miran, rispettivamente padre e sorella di Omri, rapito a Nahal Oz lo scorso 7 ottobre. Sedute al loro fianco, Li-Yam Berger e Ashley Waxman Bakshi, rispettivamente sorella gemella e cugina di Agam Berger, 19enne rapita a Nahal Oz. Vicino a loro, Alon e Amit Nimrodi, rispettivamente padre e sorella di Tamir Nimrodi (19 anni), rapito dalla base militare di Nahal Oz. Infine, Meirav Gilboa-Dalal, la madre, e Gal Gilboa-Dalal, fratello maggiore di Guy, sopravvissuto al Nova Music Festival.


Una famiglia in prigionia

A prendere la parola per primo, in un perfetto italiano, è stato proprio lo zio di Shiri Bibas. Padroneggia la lingua anche grazie alle numerose visite nel Paese che ha raccontato di aver fatto in passato. Anche se, ha aggiunto, «mi dispiace molto tornare adesso per raccontare la tristezza che ha colpito la nostra famiglia per questa disgrazia». Il figlio di sua nipote, Kfir, è il più piccolo ostaggio a Gaza, sequestrato a soli nove mesi. Assieme a suo fratello Ariel, di 4 anni, e al loro papà Yarden. Un’intera famiglia ora in prigionia, così come il 46enne Omri Miran. Suo padre sfoggia una folta barba bianca, frutto di una scelta precisa: «Mio figlio è sparito da sei mesi, e sono sicuro che da altrettanto tempo non può tagliarsi la barba. Così anche io tengo lunga la mia».

Le testimonianze

Dani Miran ha spiegato che suo figlio è stato catturato per salvare il vicino, un ragazzo di 17 anni. Il 7 ottobre, Hamas ha infatti bussato alla porta di casa loro intimando di aprire, o avrebbero ucciso il giovane. Volevano gli uomini del quartiere: hanno infatti risparmiato la vita alla moglie di Omri, Lishay, e alle loro due bambine, Roni e Alma, rispettivamente di 2 anni e mezzo e 6 mesi. La sorella di Omri, Naama, ha raccontato: «La nostra vita si è fermata il 7 ottobre». Da quel giorno, Dani Miran ha detto di non avere notizie di suo figlio. Al contrario di Ashley Waxman Bakshi, che ha raccontato come riconobbero sua cugina Ashley in un video diffuso da Hamas. E non dal suo aspetto, stravolto rispetto al solito, ma da un dettaglio: i pantaloni del pigiama che indossava, macchiati di sangue.

Il Nova festival

Lo scorso 7 ottobre, il 23enne Guy Gilboa Dalal era al Nova Music Festival di Re’ìm, divenuto tristemente noto a livello planetario perché epicentro della sanguinosa strage dove sono morte centinaia di persone. Guy, invece, è sopravvissuto. «È stato preso da Hamas e allo abbiamo visto in un video in cui appariva terrorizzato e legato in una stanza buia da qualche parte a Gaza. Da allora riesco a malapena a respirare e sono paralizzata dalla paura», ha raccontato sua madre, Meirav Gilboa-Dalal. Suo fratello Gal, quella mattina, lo aveva raggiunto all’evento vicino al confine con Gaza. Che, ha precisato, «non era un semplice rave, ma un festival spirituale per celebrare l’amore. C’erano persone da più di 20 nazioni. C’ero anch’io, quando a un tratto ho iniziato a vedere persone coperte di sangue attorno a me». Gal ha precisato che lui, come il fratello, ha sempre creduto nella pace: «Mio fratello era il mio migliore amico, non sarebbe mai stato capace di fare male a nessuno. Non siamo noi ad aver scelto questa guerra».

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