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«Alessandro Giuli? Un semicolto che usa parole difficili per fare bella figura. È diventato ministro per le amicizie»

28 Ottobre 2024 - 05:43 Alba Romano
ALESSANDRO GIULI GIORGIA MELONI ARIANNA MELONI FRANCO CARDINI
ALESSANDRO GIULI GIORGIA MELONI ARIANNA MELONI FRANCO CARDINI
Il professor Franco Cardini, storico di destra ed ex iscritto al Msi, fa a pezzi il nuovo responsabile della Cultura

Il professor Franco Cardini è uno storico e un saggista. È stato iscritto al Movimento Sociale Italiano dal 1953 al 1965. E quindi nessuno può tacciarlo di sinistrismo. In un’intervista a La Stampa oggi spiega che ha letto il curriculum del nuovo ministro della cultura del governo Meloni. E di Alessandro Giuli ha capito una cosa: «Ha buoni rapporti di amicizia con familiari della presidente». Perché Giuli «è un signore di quasi 50 anni che si sta laureando dopo un lungo letargo, chissà, forse la nomina gli ha dato una febbre culturale». Mentre il discorso sulle linee programmatiche è «il classico giochetto di quando un semicolto sfoggia un lessico giudicato difficile – quindi “colto” – davanti ad altri semicolti», dice a Francesca Schianchi.

Il curriculum di Giuli e l’amicizia con Arianna Meloni

Cardini prosegue spiegando la raffinatissima tecnica di Giuli e di quelli come lui: «Ci mette parole impegnative per sembrare meno semicolto di loro. È una tecnica che noi insegnanti conosciamo da decenni». D’altro canto, spiega lo storico, si può parlare di destra e cultura «se si ha una inclinazione al sadomasochismo». Perché secondo lui questo governo «soffre di un handicap congenito: è segnato dalla sua discendenza, sia pure lontana, da un partito esplicitamente neofascista». Meloni, che è «una donna intelligente e competente», questa radice «la conosce, e sa di avere i fucili puntati contro. Deve sapere anche che ogni sua nomina sarà passata ai raggi X. Dovrebbe avere il coraggio di puntare alla qualità e al merito. Invece resta nel suo pollaio che è – con qualche eccezione – un deserto».

Il deserto culturale della destra italiana

Su Giuli l’analisi di Cardini è impietosa: «Dico che il suo curriculum presenta aspetti di debolezza e che non lo definirei esattamente un uomo di cultura. Ci sono a disposizione persone di valore che potrebbero collaborare con questo centrodestra». Per esempio, dice, il suo amico Ernesto Galli della Loggia, che «sta scrivendo un libro sulla città di Roma. O Carlo Ossola, che presiede l’Istituto Enciclopedia italiana: io una telefonata gliel’avrei fatta. Probabilmente avrebbe detto di no, ma perché non provare?». Lui invece si chiama fuori: «Stimo Giorgia, un’amica, le voglio bene. Sa che, come avversario acerrimo della Nato, filomusulmano, filoputiniano e socialmente parlando comunista, non potrei mai accettare».

L’egemonia culturale

Cardini dice che l’egemonia culturale si cambia «lavorando sul piano culturale, ma forse mancano gli strumenti. Per esempio, quando hanno tirato fuori la pensata di fare una mostra sul Futurismo, se fossi un membro dell’élite di Fratelli d’Italia avrei detto loro: ma già siamo nell’occhio del ciclone perché ci accusano di essere eredi del neofascismo, ma è il caso di fare una mostra sul futurismo? ». Forse era meglio farne una «sulle conseguenze della decolonizzazione, un processo a come è degenerata l’etica dell’Occidente, per cui siamo andati in giro per il mondo a portare cultura e democrazia ma mai benessere. O sullo sviluppo dell’estetica nel secolo della crisi delle religioni». E ancora: «Mi viene in mente quando, ai tempi di Berlusconi, la destra volle fare una mostra su D’Annunzio. Se la destra va al governo e fa mostre su Tolkien e D’Annunzio, rischia di dare l’impressione che sa suonare solo una tastiera».

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