Il Papa? Non è scelto dallo Spirito Santo. Parola di Ratzinger. Il conclave come un vecchio parlamento, ecco cosa è accaduto oggi


Chiuse le porte della Cappella Sistina, i cardinali hanno iniziato a ritirare le loro schede di voto su cui inizieranno a scrivere il nome del candidato papa che hanno scelto prima di entrare in conclave. Da molti anni i cattolici pensano che a guidare la loro mano sia lo Spirito Santo. Ma a contraddire un poco questa fiducia incrollabile dei credenti è stato uno dei più autorevoli teologi di questi decenni: il cardinale Joseph Ratzinger, che sarebbe diventato papa Benedetto XVI. Rispondendo nel 1997 a una domanda della tv bavarese su come lo Spirito Santo guiderebbe un conclave, Ratzinger ha spiegato: «Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito Santo non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto, da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto».
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Ratzinger scandalizza, ma papa Borgia non può averlo scelto lo Spirito
È evidente sicuramente a chi non è credente, ma dovrebbe esserlo anche ai cattolici, che si insulterebbe lo Spirito Santo nel sostenere che lui abbia guidato il conclave che l’11 agosto 1492 ha eletto papa Alessandro VI, nato Roderic Llançol de Borja e conosciuto in Italia come Rodrigo Borgia, uno dei pontefici più discussi e respingenti nella storia della Chiesa. Non è l’unico esempio di papa certamente non santo, eppure quella frase di Ratzinger ha scandalizzato molti fedeli e anche chi nella chiesa cattolica non vorrebbe mettere in discussione la presenza dello Spirito Santo nelle urne del conclave, come se altrimenti si dovesse sminuire la figura del papa scelto dai cardinali.
I cardinali nella Sistina ricordano un po’ i parlamenti della Prima Repubblica
Non c’è alcun dubbio sul fatto che siano i cardinali a scegliere chi di loro potrebbe guidare la comunità dei cattolici. Sono sempre stati loro ad entrare nella cappella Sistina con in tasca un candidato, anche se spesso il prescelto cadeva alla prova dell’urna e solo dopo più votazioni emergeva un’altra figura convincente. Il collegio dei cardinali elettori non si comporta in maniera troppo diversa da un parlamento dei vecchi tempi: si vota e se non si arriva al risultato, si cercano le alleanze necessarie. Non un parlamento come quelli della Seconda Repubblica italiana, dove tre o quattro leader al massimo prendono la decisione per tutti gli altri, che semplicemente obbediscono agli ordini di scuderia. Il corpo degli elettori nella Sistina è più simile a quello di un parlamento della Prima Repubblica italiana, con le sue correnti anche trasversali e i relativi candidati.
Parolin in testa nel gruppo dei candidati portati dalle varie “correnti”
Così è accaduto anche il pomeriggio di mercoledì 7 maggio, quando la corrente più consistente numericamente ha iniziato a votare come candidato il segretario di Stato uscente, Pietro Parolin, che è sembrato in qualche modo appoggiato anche dal decano dei cardinali, Giovanni Battista Re, che gli ha fatto i «doppi auguri» nell’ultimo momento pubblico che ha preceduto la clausura del conclave: la messa augurale per l’elezione del nuovo pontefice nella mattinata del 7 maggio. A sostenerlo in partenza almeno una trentina di cardinali, in grado di raccogliere magari nelle votazioni successive il consenso di altre “correnti” di pensiero. Come in un parlamento i cardinali si dividono apertamente in “progressisti” e “conservatori”, ma c’è anche una corrente “centrista”. E ci sono sottocorrenti geografiche (gli americani, i sudamericani, gli italiani, gli europei, gli africani, gli asiatici) o di filiazione (bergogliani, ratzingeriani, ancora qualche raro wojtyliano). In partenza altri gruppi numericamente di una certa consistenza sembravano decisi a votare il cardinale di Marsiglia, Jean Marc Aveline, il cardinale di Malta, Mario Grech, il cardinale ungherese, Peter Erdo e qualcuno anche il cardinale africano, Robert Sarah.

Nel pre-conclave solo il cinese Zen ha colpito tutti. Ma ha 93 anni
Ci sono altri nomi considerati “papabili” in seconda battuta, in caso di stallo nelle prime votazioni, e fra questi certamente gli italiani Pierbattista Pizzaballa e Matteo Zuppi, l’americano Robert Francis Prevost, il filippino Luis Antonio Tagle e l’africano Fridolin Ambongo Besungo. La molteplicità delle candidature ha però anche una spiegazione: nelle 12 sedute delle congregazioni a differenza di precedenti pre-conclave, non è emersa una figura che abbia sorprendentemente stupito con il suo discorso i colleghi cardinali. Le prime sedute sono state dedicate al caso del cardinale Angelo Becciu e agli aspetti di diritto canonico sulla sua partecipazione o meno al conclave. Il solo intervento che ha davvero colpito tutti è stato quello del cardinale cinese Joseph Zen Ze-kiun, che però ha 93 anni e oltre a non potere essere elettore difficilmente avrebbe potuto essere candidato. Che dalle congregazioni non sia arrivata la svolta si è capito anche dalle parole di un cardinale che certo non era l’ultimo arrivato, come il newyorchese Timothy Dolan: «Non ho ancora fatto una scelta. Ci devo pensare. Ancora ci stiamo conoscendo, ma sta funzionando…».
Il ritardo nel primo voto dovuto a Cantalamessa. E al cardinale giapponese
Anche se la prima votazione con la lunghissima attesa e il ritardo di due ore rispetto alle indicazioni iniziali ha fatto sperare qualcuno nella fumata bianca, il percorso verso l’elezione del Papa è abbastanza in salita e avrebbe davvero bisogno di un evento speciale per essere abbreviato. La lunghezza della prima votazione è dovuta in parte alla lunghissima predica svolta dopo l’extra omnes dal cardinale Ruggero Cantalamessa, che ha parlato per ben 45 minuti. Poi è stato molto complicato spiegare a tutti le procedure elettorali, come previsto dalla costituzione apostolica. Quasi la metà dei cardinali infatti non padroneggia l’italiano, che è la lingua ufficiale del conclave, e non è ammessa la presenza di interpreti nella cappella Sistina. C’è anche un caso, quello del cardinale Thomas Aquinas Manyo Maeda, arcivescovo di Osaka, di monolinguismo: conosce solo il giapponese e non sa nemmeno una parola di inglese. Qualche collega poliglotta ha fatto da interprete come poteva. Poi, certo, c’è chi legittimamente chi si interroga sulla decisione presa da papa Francesco, di inserirlo nel Dicastero della Comunicazione. Forse nella speranza di fargli imparare qualche altra lingua.

Dopo l’elezione ecco lo Spirito Santo. Ecco i Papi cambiati dal suo intervento
Resta lo Spirito Santo, che se non entra nell’urna del Conclave per i cattolici esiste, e non sta proprio silente. La sua mano si vede magari dopo l’elezione, quando il pontefice scelto al di là di ogni previsione magari diventa un simbolo dei tempi. È accaduto certamente con Karol Wojtyla, perché la storia di Giovanni Paolo II in ogni modo si è intrecciata con quella della caduta del muro di Berlino. È accaduto anche con Francesco, il papa che ha aperto la Chiesa al mondo non credente in un momento particolarmente delicato della storia. Ma accadde anche in modo sorprendente con Giovanni XXIII: il cardinale Angelo Roncalli fu scelto dai suoi colleghi perché fine diplomatico, che aveva operato in Bulgaria, in Turchia, in Grecia e a Parigi, prima di diventare patriarca di Venezia. Una volta eletto papa però Giovanni XXIII è stato molto di più per i cattolici: il papa dei «fuori programma». Quello di «Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa», o della visita ai detenuti di Regina Coeli: «Non potete venire da me, così io vengo da voi… Dunque, eccomi qua, sono venuto, m’avete visto; ho messo i miei occhi nei vostri occhi, ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore… La prima lettera che scriverete a casa deve portare la notizia che il papa è stato da voi e si impegna a pregare per i vostri familiari». E il papa della modernità, che ha voluto ed aperto il Concilio Vaticano II. Tutto imprevisto e imprevedibile. Non allo Spirito Santo.