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Erbacce alte mezzo metro, luci fulminate e scultura quasi rovinata: lo sfregio del Comune di Roma alla memoria di Alcide De Gasperi

15 Maggio 2025 - 14:13 Franco Bechis
In condizioni disastrose l’installazione voluta da Walter Veltroni nel 2004 davanti alla casa dove abitò lo statista italiano. La preoccupazione del Quirinale

Come disse giustamente Roberto Gualtieri alla manifestazione sull’Europa dello scorso mese di marzo che lui stesso aveva finanziato con il comune di Roma in piazza del Popolo «l’Europa deve far rivivere lo spirito dei padri fondatori, che seppero darsi la mani dopo decenni di guerre sanguinose, e fare un salto avanti». Uno di quei padri fondatori era senza dubbio Alcide De Gasperi. Di cui Gualtieri e soprattutto le casse del comune di Roma sembrano ricordarsi assai meno quando non servono slogan politici e non ci sono tv e stampa pronti a raccoglierli.

L’omaggio a De Gasperi che volle Walter Veltroni nel cinquantenario della morte

Basta fare un salto a pochi metri da quel colonnato di San Pietro che nell’ultimo mese ha accolto centinaia di migliaia di pellegrini e di turisti arrivati a Roma per dare l’ultimo saluto a Papa Francesco e il primo al suo successore, Leone XIV. Da piazza del Sant’Uffizio, dove per il momento dimora il nuovo pontefice, basta prendere il sottopasso per sbucare di fronte alla casa dove De Gasperi ha abitato negli anni dell’immediato dopoguerra, in una piazzetta all’inizio di via delle Fornaci. Proprio lì nel 2004, a 50 anni dalla scomparsa dello statista l’allora sindaco della capitale, Walter Veltroni, volle onorare la memoria del padre dell’Europa moderna con un’opera che lo ricordasse per sempre.

L’opera originaria per onorare Alcide De Gasperi

L’installazione della scultrice Maria Dompè con quel prato verde del Trentino 

Veltroni affidò l’idea alla creatività della scultrice Maria Dom, una delle più note protagoniste dell’arte ambientale mondiale. Avendo a disposizione un triangolo di marciapiede pedonale a fronte della abitazione di De Gasperi, la Dompè decise di realizzare una scultura triangolare di laminati di rame su cui fare incidere per correre lungo tutta la struttura una frase dello statista sull’Europa: «L’uomo europeo deve accettare le esperienze degli altri deve imparare a vivere in una comunità più grande dove saprà difendere la propria ma anche l’altrui libertà. Saranno la tolleranza e la fraternità che tradotte in opere di giustizia e di pace sul piano sociale e internazionale ci daranno la patente di cittadini d’Europa. L’amore si chiama socialmente fraternità ed esige lo spirito di sacrificio nel servizio della comunità». All’interno della scultura la Dompè, per dare colore e rimandare all’Europa contemporanea che si prende cura dell’ambiente, racchiuse un prato verde che ricordasse il Trentino dove era nato De Gasperi, rasato fino all’inglese.

L’opera pensata come memoria eterna, senza fare i conti con i sindaci di Roma

Secondo l’artista quella installazione doveva essere altamente simbolica: «la funzione mnemonica dell’opera», spiegò alla sua inaugurazione, «non agisce sul passato, ma sul futuro, come stimolo a recepire e ad accrescere l’eredità morale del grande statista. Perciò, il monumento incarna il suo pensiero, anziché ritrarlo in veste ufficiale; senza retorica, esprime la sua profonda idealità, eterna e incorruttibile come il ricordo». La Dompè come tutti gli artisti era in fondo sognatrice, ma purtroppo la sua opera «eterna e incorruttibile come il ricordo» restò un suo sogno, destinato a fare a pugni con la realtà del degrado e l’assoluto disinteresse dei primi cittadini di Roma che negli anni si sarebbero avvicendati per il decoro della città e il rispetto della memoria dei propri padri quando si è lontani dai flash e dalle telecamere.

Il monumento a De Gasperi illuminato di notte

Il degrado della memoria e l’intervento risoluto di Sergio Mattarella per porvi fine

Finché è stata in vita Maria Romana De Gasperi, figlia e prima collaboratrice dello statista, ne ha difeso la memoria provando a curare come poteva con le sue mani il ricordo del padre, anche al cimitero del Verano dove il degrado non era minore. In qualche caso- secondo quanto risulta ad Open– per dare la sveglia al sindaco della capitale c’è voluto il Quirinale, con l’intervento diretto di Sergio Mattarella. È già accaduto anche proprio per l’opera della stessa Dompè, abbandonata per anni nel più vergognoso degrado. L’anno scorso ricorrevano i 70 anni dalla morte di De Gasperi, e il Corriere della Sera vedendo le condizioni in cui versava quella installazione in via delle Fornaci ha iniziato una sua campagna titolando: «Roma, il monumento in memoria di Alcide De Gasperi ridotto a una toilette per cani». Gualtieri che è molto attento ai media si è svegliato e come gli capita di fare da un po’ di tempo a favore di TikTok ha annunciato il restauro dell’opera con lapulitura del giardino e delle lamine di bronzo annerite dal tempo. Avveniva a luglio dell’anno scorso.

La campagna del Corriere della Sera di un anno fa

Oggi quella installazione è in vergognoso degrado. Serve un’altra sveglia del Quirinale

L’altra sera passando di lì a nemmeno un anno di distanza non volevo credere ai miei occhi: la manutenzione non è mai stata fatta un solo giorno. Il giardino all’inglese non esiste, ed è sostituito da un campo incolto di erbacce cresciuto a dismisura e appena ingentilito da qualche papavero che il venticello di Roma ha portato a nascere casualmente lì. Le lastre di marmo sono più annerite di prima e la frase di De Gasperi quasi illeggibile. Temo che questa volta anche i cani girino alla larga, cercando posti più confortevoli come toilette. L’illuminazione dell’opera della Dompè non esiste più, perché tutti i led che girano intorno hanno esaurito la loro vita. Più che un omaggio si è trasformato in uno sfregio alla memoria di uno dei padri della Costituzione italiana e dell’idea stessa di Europa di cui tanti leader politici, Gualtieri compreso, si riempiono la bocca senza essere conseguenti nella vita di tutti i giorni. Non resta che appellarsi ancora una volta alla sensibilità del Quirinale e del suo inquilino per cui la memoria non è mai uno slogan.

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