Stefania Cappa, che incastrò Alberto Stasi sui video porno nel pc da anni fa la pm nei tribunali sportivi e pizzica i molestatori sessuali


L’ultimo caso è venuto alla luce il 14 maggio scorso quando in Veneto hanno patteggiato davanti al tribunale penale per revenge porn un allenatore di sci e un atleta tesserato della Fisi (Federazione italiana sport invernali) per avere diffuso video porno di loro allieve minorenni condividendole con altri atleti del gruppo in una chat whatsapp chiamata «Francesco Totti». Ma non era stata la giustizia italiana a scoprire quel caso. Era stata una pm della giustizia sportiva, la procuratrice federale della Fisi, che aveva raccolto la testimonianza delle giovani allieve e portato a processo i due ottenendone la sospensione (per 6 mesi) dalla federazione. Una pm nota da tutti per essere inflessibile sui MeToo dello sport. E nota alle cronache per tutt’altro: si chiama infatti Stefania Cappa, ed è una delle due gemelle cugine di Chiara Poggi che danni sono al centro del caso Garlasco.
Quella testimonianza del 2008 sui video pornografici nel computer di Stasi
Fu proprio Stefania a riferire ai pm del caso il 7 febbraio 2008, assunta a sommarie informazioni testimoniali, una confidenza sul fidanzato Alberto Stasi fattale dalla cugina Chiara prima di essere assassinata: «Lui guarda cose pornografiche». E il rinvenimento sul computer di Stasi di quei video poi sarebbe stato elemento decisivo per incastrarlo nella definitiva condanna che sta finendo oggi di scontare. L’anno dopo Stefania si è laureata in giurisprudenza e ha iniziato a lavorare nello studio professionale di papà Ermanno. La sua passione – oltre a quella per i cavalli – è stata subito il diritto dello sport (grazie a due master ottenuti), settore dove la Cappa ha fatto rapidissima carriera. Tanto è che oggi può scrivere nel suo curriculum: «È stata Giudice Sportivo per la Federazione Italiana Twirling (FITw), componente supplente della Corte Federale D’Appello della Federazione Italiana Bocce (FIB) e componente del Tribunale Federale per la Federazione Italiana Pentathlon Moderno (FIPM). È giudice sportivo territoriale area nord per la Federazione Ginnastica D’Italia (FGI) e procuratore federale della Federazione Italiana Sport Invernali (FISI)».

La cacciatrice inflessibile dei molestatori sessuali in tutti gli sport
Gran parte dei processi dove è stata giudice e soprattutto in quelli dove la Cappa è stata pm sportivo hanno riguardato la caccia a presunti molestatori sessuali. Quasi sempre istruttori che allungavano le mani su giovani allieve. Ne ha scritto anche quando non riguardavano processi suoi, come è accaduto nel 2020 quando ha pubblicato insieme all’avvocato Michele Rossetti, procuratore federale di Federginnastica, un saggio sul «#MeToo nello Sport», citando anche tre casi di istruttori di sport equestri pizzicati mentre allungavano le mani e distribuivano droga a minori con meno di 16 anni, di cui in qualche caso hanno approfittato ben oltre. Pur affrontando i temi giuridici dei processi sportivi, che sono molto diversi da quelli penali e solo in casi gravissimi (violenza sessuale su minori di 14 anni) portano alla radiazione dalla federazione di appartenenza dei colpevoli, da procuratrice Stefania Cappa è stata una investigatrice inflessibile che ha punito molti allenatori e atleti delle nevi.

Il processo all’istruttore di sci che ricattava sessualmente l’allieva minorenne
È stata la Cappa a raccogliere la testimonianza di una minorenne che ha raccontato di un passaggio su un pulmino di un istruttore di sci che ha iniziato a parlare male di un’altra allieva, spiegando che era «una figa di legno», e che per questo avrebbe messo una valutazione così bassa da stroncarle la carriera sportiva. A quel punto ha fermato il pulmino e ha tentato di baciare la ragazza sul sedile, infilandole una mano sotto i pantaloni. Davanti alle resistenze della ragazza, ha ripreso la guida. La sera però nel bar dell’albergo di Passo dello Stelvio dove erano riuniti in ritiro gli atleti lo stesso istruttore ha preso il braccio di quella ragazza e l’ha tirata a sedersi in braccio a lui, iniziando a leccarle il volto. Di fronte alle evidenti difficoltà della giovane nessun altro istruttore è intervenuto a sua difesa: hanno dovuto pensarci gli altri mini-allievi. La procuratrice ha poi raccolto la testimonianza e quella di altre allieve cui l’istruttore aveva apertamente chiesto di andare a letto con lui, e ha dato battaglia sia in primo grado (con poco successo), sia davanti alla Corte federale di appello dove almeno ha ottenuto la sospensione per otto mesi dell’istruttore che si comportava in quel modo.

La battaglia perduta sui colleghi istruttori compiacenti che fingevano di non vedere
Il MeToo nello sport ha trovato non pochi ostacoli, e la stessa Cappa qualche procedimento l’ha dovuto perdere, sia pure per fatti meno eclatanti. Assolto ad esempio un istruttore che non è intervenuto a favore di una ragazza in evidenti difficoltà con un suo collega che allungava le mani in un luogo pubblico, perché ha sostenuto di non essersene accorto pur essendo a pochi metri dalla scena e non sono state credute le altre allieve che lo accusavano di complicità. Ma la cugina di Chiara Poggi sui casi di molestie sessuali non ha mai mollato come procuratrice, provando il secondo grado quando alla prima andava male. E anche se le pene sportive per fatti così gravi sembrano davvero leggere, è proprio da quei primi procedimenti della Cappa che poi è partita la giustizia ordinaria, picchiando assai più duro come nella chat «Francesco Totti».