Meloni al contrattacco sui referendum: «Solo la sinistra può astenersi?». Il messaggio all’Ue: «Non siamo più la ruota di scorta di Francia e Germania»


«Ho detto che vado al seggio perché è mio dovere come presidente del Consiglio dare un segnale di rispetto delle istituzioni, ma ma sui cinque quesiti con varie sfumature non sono d’accordo». Ospite della festa de La Verità la premier Giorgia Meloni prova a sgombrare il campo dalle polemiche degli ultimi giorni sulla sua scelta riguardo ai referendum dell’8 e 9 giugno. La sua tesi di fondo, spiega intervistata da Maurizio Belpietro, è che quelle che si consumerà nelle urne sia in buona sostanza «una questione interna al centrosinistra». Ma non ci sta a condannare chi – specie dal suo campo – invita gli elettori ad andarsene serenamente al mare. Lo fa riesumando un volantino elettorale stampato dai Ds – predecessore del Pd – per un referendum di anni fa. Si invitavano gli elettori a disertare le urne, dice mostrandolo. «Ma il diritto all’astensione vale solo per i lavoratori di sinistra? O vale per tutti? Io quel diritto lo rivendico», contrattacca con l’aria di chi ha voglia di chiudere definitivamente la questione. E comunque, nel merito, «sono contrarissima a dimezzare i tempi della cittadinanza. Cosa diversa è accelerare l’iter burocratico una volta che si ha il diritto per accedere alla cittadinanza: è una cosa che ci interessa e ci lavoriamo».
La maggioranza solida e l’obiettivo 2027
Chiuso il capitolo centrosinistra, Meloni tiene a precisare come stanno le cose nel suo, di campo. Bene, in estrema sintesi, a suo dire. «Che si tenti di osteggiare il governo è normale, che ci riesca mi pare cosa ben più difficile. La maggioranza è compatta e lavora bene, e lo si vede dalla quantità di risposte che è in grado di produrre: ne abbiamo date molte». E ciò con buona pace dei retroscenisti dei quotidiani che, attacca Meloni, sfornano ogni giorno ricostruzioni fantasiose, se non inventate di sana pianta, sui vertici di governo. «Ogni volta che convoca una riunione con dei ministri, specie se vicepremier, si dice poi che ho bacchettato qualcuno». Ebbene in quello di ieri, a scanso di equivoci, «non è accaduto, non c’è stato alcuno screzio o bacchettatura. Non faccio la maestra, sono fiera del lavoro del vicepremier Salvini ad un dicastero complicato come quello delle Infrastrutture così come di quello di Tajani in uno difficilissimo in questa fase come quello degli Esteri», chiarisce Meloni. Morale: «Io lavoro perché questa legislatura arrivi al termine con questo governo: è la sfida più grande che possiamo affrontare e vincere», considerato anche che «la riforma più grande fatta sin qui è quella della stabilità: non ha idea di quante volte leader stranieri mi dicono di come sia diventato più facile ora lavorare con l’Italia».
La lezione sulla guerra tra Russia e Ucraina
Con un governo e un Paese stabili, Meloni si dedica volentieri agli affari internazionali, in una fase tanto densa di minacce e pericoli. Sulla guerra in Ucraina spiega che i segnali «non sono certo positivi». Quelli che arrivano da Vladimir Putin, s’intende. «Si è dibattuto da noi con passione sulle cause della guerra in Ucraina Beh, quel che accade in queste settimane racconta molto: se il problema fosse stato l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, di fronte a un presidente Usa come Trump che la toglie dal tavolo e promette di reinserire la Russia nella comunità internazionale ci si aspetterebbero chiari e repentini passi in avanti verso la pace. Ciò non accade, e continuano invece i bombardamenti alle infrastrutture civili e le proposte ai tavoli negoziali buone per la propaganda interna». Dunque è evidente ormai a tutti che «la vera ragione dell’invasione Ucraina era la ricostruzione della sfera d’influenza» russa. E per questo, rivendica Meloni, era e continua ad essere giusto sostenere l’Ucraina. Fermo restando ora il sostegno a tutti gli sforzi di mediazione, da quelli di Trump a quelli di Erdogan sino alla «disponibilità» assicurata da Papa Leone XIV. Tutto purché si riesca a «costringere la Russia a sedersi al tavolo in modo serio», spiega la premier.
La crisi a Gaza e il ruolo dell’Italia nel mondo
Quanto a Gaza, Meloni rivendica ancora una volta che l’Italia è tutt’altro che ferma e il suo ruolo anzi è riconosciuto e apprezzato da tutti gli attori del Medio Oriente. «Il governo è stato molto chiaro fin dall’inizio: la guerra è stata iniziata da Hamas, che resta la principale responsabile nel momento in cui si rifiuta di liberare gli ostaggi. Ma la risposta di Israele ha assunto contorni inaccettabili, dunque Israele deve fermarsi immediatamente tutelando la popolazione civile. Siamo tra i Paesi al mondo che ha aiutato di più la popolazione di Gaza». Sul ruolo dell’Italia nel mondo, Meloni si toglie infine un sassolino dalla scarpa. «Dopo la caduta dell’ultimo governo Berlusconi si è fatto passare il messaggio che l’unico ruolo per l’Italia fosse quello di junior partner di Francia e Germania. Io sono un tantino più ambiziosa: l’Italia è una potenza economica, fondatrice dell’Ue e della Nato. La sua centralità e peso sono riconosciuti all’estero. È importante andare d’accordo, avere buone relazioni con Francia e Germania. Ma l’Italia deve rivendicare una cooperazione fra pari e la sua autonomia come fanno tutti gli altri. Il ruolo dell’Italia non è di ruota di scorta di Francia e Germania».