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Perché Israele attacca l’Iran, come risponderà Teheran e quale ruolo hanno gli Usa di Trump

13 Giugno 2025 - 09:34 Bruno Gaetani
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I timori dell'intelligence sul «punto di non ritorno» sull'atomica, l'avvertimento dell'Aiea e il rischio di una guerra permanente con Teheran

L’operazione militare Rising Lion lanciata da Israele contro l’Iran nella notte tra giovedì e venerdì è stata descritta dall’Idf, le forze armate dello Stato Ebraico, come «un attacco preventivo». Dietro la decisione di Benjamin Netanyahu di bombardare i siti di arricchimento dell’uranio c’è la convinzione che Teheran sia ormai a un passo dal dotarsi di una bomba atomica. «Negli ultimi mesi l’intelligence ha accertato che il regime iraniano si sta avvicinando al punto di non ritorno», si legge in una nota diffusa dall’Idf. Secondo il premier israeliano, Teheran avrebbe accumulato uranio sufficiente «per costruire almeno nove bombe nucleari e dispone già dei missili per lanciarle». Da qui, dunque, la decisione di Israele di aprire un nuovo fronte di guerra. Che va aggiungersi alle operazioni militari che da oltre un anno e mezzo colpiscono la Striscia di Gaza. E che hanno provocato oltre 50mila vittime tra i civili palestinesi.

I timori di Tel Aviv sul nucleare iraniano

Secondo la versione ufficiale del governo israeliano, insomma, l’operazione Rising Lion non punta a un cambio di regime in Iran, ma all’eliminazione di una minaccia strategica percepita come imminente. Nel suo discorso alla nazione, Netanyahu ha evocato il rischio di veder minacciata la «sopravvivenza stessa» di Israele qualora Teheran dovesse dotarsi di un’arma nucleare. Mentre a proposito della guerra dichiarata nelle scorse ore, Eyal Zamir, capo di Stato maggiore israeliano, ha aggiunto: «Era una necessità operativa immediata per rimuovere la minaccia. E garantire il futuro del nostro Paese».

La cartina del nucleare iraniano

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ANSA | La mappa del nucleare iraniano

Sei scienziati uccisi: colpita l’élite nucleare

Secondo fonti iraniane, sono almeno sei gli scienziati nucleari rimasti uccisi nei raid israeliani. Si tratta di Abdolhamid Minouchehr, Ahmadreza Zolfaghari, Amirhossein Feqhi Motalleblizadeh, Mohammad Mehdi Tehranchi e Fereydoun Abbasi. Questi ultimi due, in particolare, erano rispettivamente il presidente dell’Università Islamica Azad dell’Iran e l’ex presidente dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran. I primi raid dell’operazione Rising Lion hanno colpito anche una serie di strutture che secondo Israele sono depositi di armi e postazioni militari legate ai programmi missilistici.

L’allarme dell’Aiea alla vigilia dell’attacco

Giovedì 12 giugno, alla vigilia dell’attacco israeliano, il Consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha adottato una risoluzione che condanna l’Iran per il «mancato rispetto» dei suoi obblighi nucleari. Il documento ha mandato su tutte le furie il regime di Teheran, che ha minacciato l’uscita dal Tnp, il Trattato di non proliferazione nucleare. «L’Iran ha sempre rispettato i propri obblighi di salvaguardia», dichiarava ieri il ministero degli Esteri iraniani. Bollando la risoluzione dell’Aiea come «politicamente motivata» e «priva di fondamenti giuridici». In risposta all’avvertimento dell’Onu, ieri l’Iran ha annunciato che aumenterà le sue attività di arricchimento dell’uranio.

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EPA/Max Slovencik | La sede dell’Aiea a Vienna, in Austria

La risposta dell’Iran e il rischio escalation

L’attacco israeliano contro l’Iran, che pure non era del tutto imprevedibile, preoccupa soprattutto per il rischio di un’ulteriore escalation militare. In risposta all’inizio dell’operazione Rising Lion, Teheran ha lanciato oltre 100 droni verso Israele. In più, può contare sulle milizie alleate in Siria, Libano e Yemen, che potrebbero essere sollecitate per attaccare lo Stato Ebraico contemporaneamente su più fronti. «Le forze armate sono state incaricate dal comandante in capo di tutte le forze armate (la Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei) di infliggere severe punizioni agli autori, agli agenti e ai sostenitori di questa aggressione», ha affermato il comandante in capo dell’esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi. Zamir, capo di Stato maggiore israeliano, ha messo in guardia l’opinione pubblica dalla possibilità di attacchi missilistici iraniani «di portata maggiore rispetto ai round dello scorso anno».

Il ruolo degli Stati Uniti di Trump

Circa due settimane fa l’aeronautica militare statunitense ha schierato uno squadrone di caccia F-15 in Giordania. Per contribuire a intercettare droni e missili da crociera iraniani in caso di attacco a Israele. Un segnale piuttosto evidente del fatto che gli Stati Uniti fossero stati informati da Tel Aviv in anticipo sull’imminente operazione Rising Lion. Lo stesso squadrone, normalmente di stanza nel Regno Unito, era stato precedentemente schierato in Giordania prima del primo attacco diretto dell’Iran contro Israele nell’aprile dello scorso anno. Intervistato da Fox News, Donald Trump ha dichiarato di essere stato informato da Netanyahu dell’operazione militare e ha aggiunto: «L’Iran non può avere una bomba nucleare. Speriamo di tornare al tavolo delle trattative. Vedremo».

Vola il prezzo del petrolio

Il nuovo conflitto apre scenari imprevedibili in uno scacchiere globale già instabile per via della guerra tra Russia e Ucraina, la devastante situazione umanitaria in corso a Gaza e non solo. Il rischio che il conflitto israelo-iraniano possa trasformarsi in una guerra permanente ha ripercussioni dirette sull’economia mondiale e la sicurezza energetica. Non è un caso, infatti, che questa mattina il prezzo del petrolio fosse in forte rialzo sui mercati delle materie prime. La tensione tra Tel Aviv e Teheran ha fatto aumentare il Wti, che ora viene scambiato a 73,84 dollari, dell’8%.

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EPA/Shawn Thew | Donald Trump e Benjamin Netanyahu insieme alla Casa Bianca, 7 aprile 2025

Foto copertina: X/Idf

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