Trump e l’ipotesi di un attacco Usa all’Iran: «Sappiamo dov’è Khamenei, si arrenda». L’Ayatollah dal bunker cede il comando, forti esplosioni a Teheran


Gli Stati Uniti fanno sul serio, l’Ayatollah si nasconde e allontana lo scettro del potere. Sono fasi frenetiche nel conflitto tra Iran e Israele, che nel giro di poche ore potrebbe vedere l’ingresso degli Usa. «Non una mossa simbolica ma un’operazione significativa», fanno sapere alcune fonti vicine al presidente americano. L’obiettivo sarebbe quello già anticipato varie volte dalla Casa Bianca: azzerare gli impianti nucleari iraniani. A rivelarlo è Axios, che ha sottolineato come l’impianto sotterraneo di arricchimento dell’uranio di Fordow sia nel mirino di Washington. Fonti iraniane hanno rivelato che l’Ayatollah Khamenei, nascosto in un bunker non lontano dalla capitale, avrebbe ceduto ai Pasdaran «tutto il potere: sarete voi a decidere come continuare questa guerra». Una decisione che da Teheran spiegano come pratica, per gestire al meglio la linea di comando evitando comunicazioni dal rifugio sotterraneo. Intanto la capitale continua a essere colpita da intensi raid aerei.
June 17, 2025
Il consiglio di sicurezza americano e i movimenti della Air Force
Molti canali di analisi di intelligence «Osint» hanno sottolineato il corposo movimento di aerei americani verso il Medio Oriente. Tra di loro ci sarebbero anche i bombardieri B2, l’unico velivolo in grado di trasportare la bomba GBU 57, una «bunker buster» in grado di distruggere rifugi a grandi profondità. Come, per esempio, il sito di Fordow, scavato nelle budella di una montagna iraniana. Alle 19 ore italiane, il consiglio di sicurezza del presidente Donald Trump si riunirà: è probabile che una decisione su un’eventuale raid a stelle e strisce possa essere presa proprio in questo frangente. Secondo il giornalista Barak Ravid, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo gabinetto di guerra «credono che il presidente americano si unirà alla guerra nei prossimi giorni».
June 17, 2025
Trump esulta: «Abbiamo il controllo dei cieli»
Israele nel frattempo continua a bombardare le centrali nucleari e i quartier generali operativi nel cuore dell’Iran, nella speranza di mettere fuori gioco le capacità di arricchimento dell’uranio sviluppate dalla Repubblica islamica. Un obiettivo, quello di tenere l’atomica lontano dalla portata di Teheran, condiviso apertamente dagli Stati Uniti e dalla Germania. «Ora abbiamo il controllo completo e totale dei cieli sopra l’Iran», ha scritto in un post sul social Truth il leader di Washington Donald Trump. «L’Iran disponeva di buoni sistemi di tracciamento aereo e di altra attrezzatura difensiva, e in abbondanza, ma non può competere con la “roba” ideata, progettata e costruita in America. Nessuno lo fa meglio dei cari, vecchi Stati Uniti».
June 17, 2025
L’Ayatollah Khamenei nel mirino di Tel Aviv
L’obiettivo di Tel Aviv, però, sarebbe anche un altro: far crollare il regime dell’Ayatollah Ali Khamenei. «Avverto il dittatore iraniano: chiunque segua le orme di Saddam Hussein finirà come Saddam Hussein», è l’avvertimento lanciato sui social dal ministro della Difesa israeliano Israel Katz, paragonando la Guida Suprema di Teheran all’ex presidente iracheno morto giustiziato nel 2006. Al momento però, riporta Axios, Trump non sarebbe convinto dall’ipotesi di un cambio di regime in Iran. Ed è lui stesso a confermarlo, scrivendo ancora su Truth: «Sappiamo esattamente dove si nasconde la cosiddetta “Guida Suprema”. È un bersaglio facile, ma lì è al sicuro. Non lo elimineremo (non lo uccideremo!), almeno non per ora», si legge. E ha poi aggiunto: «Non vogliamo che i missili vengano lanciati contro i civili o i soldati americani. La nostra pazienza sta per esaurirsi». E poi lancia un messaggio a Teheran: «Resa incondizionata».
June 17, 2025
Il sostegno di Merz: «Israele fa il nostro lavoro sporco»
Un inno al made in Usa che forse anticipa un diretto coinvolgimento dell’esercito a stelle e strisce nel conflitto? È ancora presto per dirlo. Di certo in questa direzione vanno le parole al G7 del nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz: «Israele sta facendo il lavoro sporco per tutti noi. Se l’Iran non fa marcia indietro, la distruzione completa del programma nucleare sarà all’ordine del giorno», ha detto. Ha poi aggiunto: «Una cosa che Israele non può ottenere da solo». Per il momento l’Idf continua a martellare in Iran in solitaria, e anzi minaccia di ampliare ulteriormente le sue operazioni: «Siamo sul punto di distruggere altri 10 obiettivi nucleari nella zona di Teheran».
Le bombe sulle centrali nucleari e la base del Mossad in fumo
Di certo, le forze armate israeliane (Idf) non hanno intenzione di allentare la pressione sulla leadership iraniana. La capitale Teheran è stata ancora bersaglio di intensi bombardamenti durante tutta la giornata di oggi, martedì 17 giugno. I jet dello Stato ebraico sono tornati a colpire anche le centrali nucleari di Isfahan e sul sito di arricchimento di Natanz, dove secondo l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) sarebbero stati registrati ingenti danni anche alla struttura sotterranea dell’impianto. In tutta risposta, ripetute volte sono scattate le sirene di allarme a Tel Aviv, che la Repubblica Islamica ha descritto come una risposta all’iniziativa di Israele di stanotte. Secondo l’agenzia di stampa iraniana Tasnim, l’Iran avrebbe colpito con un attacco missilistico il quartier generale del Mossad, l’agenzia di intelligence israeliana.
L’opposizione iraniana si schiera contro un accordo con gli Usa sul nucleare
I raid israeliani sembrano aver unito la politica iraniana. Javad Emam, portavoce del Fronte Riformista, cartello dell’opposizione legale iraniana, ha lanciato un appello all’unità patriottica, affermando che «il destino della Repubblica Islamica e del suo establishment s’intreccia con quello di tutto l’Iran, ogni danno al sistema di potere è un danno all’Iran». A proposito dell’ipotesi di un accordo con gli Stati Uniti, Emam ha aggiunto: «È impossibile essere sotto gli attacchi d’Israele, sostenuti dagli Usa, e sedersi allo stesso tempo al tavolo del negoziato».
L’Idf: «Eliminato il comandante dell’esercito di Teheran»
Non si è fatta attendere la risposta dell’esercito israeliano ai nuovi raid di Teheran. In mattinata, l’Idf ha fatto sapere di aver «neutralizzato il principale quartier generale di emergenza militare del regime iraniano» e di essere pronto «a continuare a eliminare uno per uno i capi del terrorismo in Iran». La scorsa notte, l’esercito dello Stato Ebraico ha ucciso Ali Shadmani, capo di stato maggiore, massimo comandante militare del regime e figura molto vicina alla guida suprema Ali Khamenei. Shadmani aveva da poco preso il posto di Gholamali Rashid, anch’esso ucciso dall’Idf. Shlomi Binder, capo della direzione dell’intelligence militare israeliana, ha dichiarato che presto «darà il via alle operazioni» in altre zone dell’Iran. Rivolgendosi agli ufficiali, Binder ha aggiunto: «Avete fornito l’intelligence che ha aperto la strada alla capitale dell’Iran e ha permesso l’attacco al loro stato maggiore. Presto aprirete nuove strade in altre aree. Avete dimostrato di poter superare i limiti e raggiungere qualsiasi obiettivo».
La banca pubblica iraniana paralizzata da un cyberattacco
Sempre nella gioranta di oggi, un cyberattacco ha paralizzato le operazioni di Bank Sepah, istituto di credito pubblico fra i più antichi dell’Iran. L’azione è stata rivendicata da un collettivo di hacker che si fa chiamare Predatory Sparrow. Il gruppo ha affermato sui social di aver «condotto attacchi informatici che hanno distrutto i dati» della Bank Sepah. Gli hacker hanno rivendicato l’attacco con un post pubblicato su X: «La Bank Sepah è un istituto che ha aggirato le sanzioni internazionali e ha utilizzato il denaro del popolo iraniano per finanziare i terroristi affiliati al regime, il suo programma di missili balistici e il suo programma nucleare militare».
June 17, 2025
Trump lascia il vertice del G7 in anticipo
Mentre lo scontro fra Israele e Iran non accenna a fermarsi, i leader di Usa, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia e Regno Unito erano riuniti a Kananaskis, in Alberta. Donald Trump ha lasciato il vertice del G7 in anticipo. Secondo i media americani, la “fuga” del presidente americano è dovuta a un incontro con i rappresentanti di Teheran, ma è lui stesso a negare categoricamente: «Non mi sono in alcun modo e in alcuna forma messo in contatto con l’Iran per colloqui di pace. Ancora una volta queste sono fake news fabbricate ad arte». Eppure, secondo il Washington Post, alcuni funzionari iraniani avrebbero dichiarato ai mediatori di essere disponibili a riprendere i colloqui sul nucleare con gli Stati Uniti. A patto che prima Israele interrompa i suoi attacchi. Sul suo social Truth, Trump ha anche attaccato il presidente francese Emmanuel Macron, accusato di aver «erroneamente affermato che ho lasciato il vertice del G7 in Canada per tornare a Washington e lavorare a un ‘cessate il fuoco’ tra Israele e Iran». E il tutto, ha precisato Trump, solo «per farsi pubblicità». Macron, ha aggiunto il presidente Usa, «non ha idea del perché io sia ora in viaggio per Washington, ma di certo non ha nulla a che fare con un cessate il fuoco. È molto più grande di questo. Che lo voglia o no, Emmanuel non lo capisce mai».
L’ipotesi di spedire Vance o Witkoff a negoziare con Teheran
La posizione di Teheran, ha affermato uno dei funzionari, è che «non abbiamo mai lasciato il tavolo delle trattative. Ma nessun negoziato mentre siamo sotto attacco». Lunedì, Trump ha dichiarato di aver ricevuto messaggi secondo cui l’Iran sta cercando di porre fine ai combattimenti. Ma non ha detto se ha chiesto a Israele di fermarli né ha rivelato se gli Stati Uniti intendano intervenire militarmente a favore di Israele. Dopo aver lasciato la sede del G7, Trump ha ordinato allo staff della Sicurezza nazionale di riunirsi nella Situation Room della Casa Bianca. Secondo la Cbs, il presidente americano starebbe valutando di spedire l’inviato speciale Steve Witkoff o il vicepresidente J.D. Vance a incontrare i negoziatori iraniani. «Potrei, ma dipende da cosa succederà al mio ritorno» a Washington, ha detto il tycoon sull’Air Force One in viaggio dal Canada verso gli Usa.
L’Iran critica le conclusioni del G7
Nelle dichiarazioni finali del vertice, i leader del G7 hanno sollecitato la de-escalation del conflitto tra Israele e Iran e la tregua a Gaza, indicando il regime di Teheran come «la principale fonte di instabilità e terrorismo della regione». Parole che hanno suscitato l’ira del regime iraniano, secondo cui le conclusioni del G7 ignorano «la spudorata e illegale aggressione» di Israele, nonché «le vittime civili e i danni alle infrastrutture pubbliche» provocate dai suoi attacchi. Esmail Baghaei, portavoce del ministero degli Esteri, ha accusato lo Stato Ebraico di aver «scatenato una guerra di aggressione non provocata contro l’Iran in violazione della Carta dell’Onu e delle norme sulla tutela degli impianti nucleari».
L’incontro Trump-Meloni in Canada
Nei colloqui con i leader europei al vertice del G7 in Canada, il presidente ha comunicato agli altri leader che erano in corso discussioni per ottenere un cessate il fuoco tra Israele e Iran, e ha fatto presente di volere che i funzionari statunitensi incontrassero i loro omologhi iraniani questa settimana. A margine della riunione di Kananaskis e alla viglia della sessione dedicata ai temi di politica estera la premier Giorgia Meloni ha avuto un incontro bilaterale con Trump. Il colloquio – spiega una nota di palazzo Chigi – ha permesso di discutere dei più recenti sviluppi in Iran, riaffermando l’opportunità di riaprire la strada del negoziato. Meloni, nel corso della conversazione, ha anche ribadito la necessità, in questo momento, di lavorare per il raggiungimento di un cessate il fuoco a Gaza.
La Cina punta il dito contro Trump
A puntare il dito contro Trump, e in particolare contro il suo appello ai residenti di Teheran di «evacuare immediatamente» la città, è la Cina. Nel corso del briefing quotidiano con la stampa, Guo Jiakun – portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, ha accusato il presidente americano di «alimentare il fuoco, versare benzina, fare minacce e aumentare la pressione». Tutti comportamenti che, ha notato il funzionario cinese, «non aiuteranno a promuovere la de-escalation della situazione e non faranno altro che intensificare e ampliare il conflitto».
Il Vaticano: «Lavoriamo per il disarmo nucleare»
A intervenire sull’ennesima escalation militare in Medio Oriente è anche il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, che all’Ansa dice: «Noi speriamo e lavoriamo come Santa Sede per il disarmo nucleare, abbiamo proposto, ed anzi è già stato anche concluso, questo accordo sull’immoralità del possesso delle armi nucleari e non solo dell’uso, però evidentemente anche il disarmo nucleare deve essere condotto in maniera pacifica attraverso il dialogo e attraverso i negoziati».