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Maturità 2025, tra le tracce anche un articolo su post virali e le reazioni sui social. L’autrice Meldolesi: «Perché è un tema che tocca giovani e adulti» – L’intervista

18 Giugno 2025 - 12:33 Ygnazia Cigna
maturità anna meldolesi
maturità anna meldolesi
«L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa?», è uno dei due temi di attualità usciti in prima prova. La giornalista che lo ha scritto racconta come ha reagito

Stupore e allegria. Sono queste le prime emozioni provate dalla giornalista Anna Meldolesi alla notizia che un suo articolo è stato scelto per la prima prova dell’esame di Maturità 2025. Il testo è firmato insieme a Chiara Lalli e pubblicato il 13 dicembre 2024 nel settimanale 7 del Corriere della Sera, si intitola «L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa?» e affronta un tema di grande attualità: il ruolo delle emozioni, e in particolare dell’indignazione, nella comunicazione online. La scelta del ministero dell’Istruzione e del Merito ha colto di sorpresa la stessa autrice: «Non me lo aspettavo», commenta a Open, «ma sono felice che un tema così attuale e delicato sia stato proposto ai ragazzi. Ci riguarda tutti, giovani e adulti». Il cuore dell’articolo ruota attorno a una ricerca pubblicata su Science, che analizzava migliaia di post e tweet per capire quali meccanismi spingano le persone a condividere contenuti sui social. Il risultato principale è stato che è l’indignazione a fare da motore principale della viralità, più ancora della qualità o della rilevanza dell’informazione.

La replica dell’autrice dell’articolo

Un risultato che porta con sé implicazioni rilevanti, spiega la giornalista, soprattutto se si considera che «l’indignazione spesso tende ad accompagnarsi a contenuti poco approfonditi o scarsamente verificati». Secondo Meldolesi, questo mette in crisi l’idea – ancora molto diffusa – che basta informarsi meglio per avere opinioni più equilibrate. «La realtà è più complessa», spiega. «Se l’indignazione prende il sopravvento, difficilmente ci si ferma a controllare le fonti. Non basta leggere per farsi un’idea consapevole: spesso, entrano in gioco dinamiche psicologiche più profonde». Meldolesi spiega che in questo processo «conta molto il senso di appartenenza. Se una notizia rispecchia i nostri valori, la nostra identità e ciò in cui credono le persone a noi vicine, siamo più portati a reagire con forza. Viceversa, quando una notizia è più sfumata o complessa e non rientra nei nostri schemi, spesso la ignoriamo. Così può accadere che ci indigniamo per questioni che non lo meriterebbero, mentre trascuriamo problemi e crisi che dovrebbero davvero indignarci».

«I ragazzi porteranno la loro esperienza»

Quanto ai maturandi che sceglieranno di sviluppare questa traccia d’esame, Meldolesi commenta: «Immagino che i ragazzi rifletteranno su come queste dinamiche si manifestano nella loro esperienza: le campagne che vedono su TikTok, i temi virali nel loro mondo, che magari non coincidono con quelli degli adulti. Chiedersi: “Perché reagisco a questa notizia e non a un’altra?”, “Perché ricevo solo certi contenuti e non altri?” può aiutare a sviluppare il pensiero critico. Magari anche solo per ricordarsi, prima di ritwittare, di contare fino a dieci. Ma questo vale per tutti, non solo per loro».

«Cellulari vietati a scuola? Scelta facile, ma non efficace»

La scelta della traccia arriva a pochi giorni di distanza dalla decisione del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, di vietare l’uso dei cellulari a scuola, anche a fini didattici. Su questo tema, Meldolesi mantiene una posizione equilibrata: «Il mio cuore è diviso a metà. È vero che esporre i ragazzi molto giovani ai social li rende vulnerabili all’infodemia. Ma anche gli adulti faticano a orientarsi. D’altro canto, però, non si può fermare il mare con un cucchiaino: un semplice divieto, da solo, non risolve il problema». Più che una regola rigida, secondo la giornalista servirebbe un approccio flessibile e sul lungo termine: «Forse sarebbe meglio lasciare ai singoli insegnanti la possibilità di adattare le regole a seconda del contesto della classe e dell’uso che si fa degli strumenti digitali. Vietare è la scelta più facile, ma il vero obiettivo dovrebbe essere imparare a usare bene la tecnologia. Ogni strumento può essere utile o dannoso, dipende da come lo si impiega».

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