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«Mahmoud Khalil va rilasciato»: l’ordine del giudice a Trump. Così l’attivista pro-Pal della Columbia University torna in libertà

20 Giugno 2025 - 23:12 Anna Clarissa Mendi
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Lo studente era in carcere in Louisiana da oltre tre mesi. Per il giudice la sua carcerazione è una «ritorsione per il suo attivismo politico»

Un giudice federale statunitense ha ordinato all’amministrazione di Donald Trump di rilasciare su cauzione lo studente e attivista palestinese della Columbia University Mahmoud Khalil. Lo riporta il New York Times. Il giovane, noto per il suo ruolo di spicco nelle manifestazioni organizzate lo scorso anno nel campus dell’Ateneo, era l’unico tra i principali attivisti pro-Pal ancora in carcere negli Stati Uniti. Il giudice Michael E. Farbiarz, della Corte distrettuale federale di Newark (New Jersey), ha accolto il ricorso presentato dai legali di Khalil, definendo la sua detenzione «motivata da intenti punitivi» legati al suo attivismo politico. «C’è un fondo di verità nell’affermazione secondo cui si sta tentando di usare l’accusa di immigrazione per punire il signor Khalil», ha dichiarato Farbiarz, durante un’udienza durata oltre due ore. «E ovviamente questo sarebbe incostituzionale». L’attivista ha lasciato il centro di detenzione di Jena, in Louisiana, dove era stato rinchiuso per 104 giorni, poco prima delle 19.00 (ora locale) di venerdì 20 giugno. Quando gli è stato chiesto quale sarebbe stato il suo primo gesto una volta tornato a casa, ha risposto: «Abbraccerò mia moglie e mio figlio».

Le motivazioni dell’arresto

Khalil non è mai stato formalmente incriminato per alcun reato penale. Era stato arrestato sulla base di una norma poco utilizzata, che consente l’espulsione di stranieri ritenuti ostili alla politica estera americana. L’amministrazione Trump aveva giustificato la misura accusandolo, senza fornire prove concrete, di legami con Hamas e di promuovere l’antisemitismo. Il segretario di Stato, Marco Rubio, aveva inoltre rilanciato pubblicamente le accuse, poi respinte con forza dai legali di Khalil. Una settimana dopo l’arresto, le autorità hanno poi mosso nuove accuse nei suoi confronti, sostenendo che avrebbe commesso irregolarità procedurali nella sua richiesta per ottenere la green card, il permesso di soggiorno permanente. Tuttavia, il giudice Farbiarz ha già stabilito che «né le contestazioni legate alla politica estera né quelle di carattere amministrativo possono giustificare un prolungamento della sua detenzione».

EPA/JUSTIN LANE

«Detenzione arbitraria e intimidatoria»

Secondo i suoi difensori, che hanno definito la detenzione del loro assistito «arbitraria e intimidatoria», il caso rappresenta un esempio lampante di repressione del dissenso, in un contesto politico e sociale sempre più teso attorno al conflitto israelo-palestinese. L’amministrazione Trump ha già presentato ricorso contro la sua scarcerazione, mentre una portavoce del dipartimento della Sicurezza nazionale ha chiesto che sia «un giudice dell’immigrazione, non un giudice distrettuale, a decidere se Khalil debba essere rilasciato o detenuto», ha dichiarato in una nota.

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