Riccardo Chiaroni sterminò la famiglia un anno fa, ora farà la maturità:


Riccardo Chiaroni aveva 17 anni quando un anno fa uccise il fratellino 12enne Lorenzo, la madre Daniela, 48 anni, e il padre Fabio, 51 con 108 coltellate. Il tribunale per i minorenni di Milano lo ha condannato a 20 anni di carcere. Oggi però a 18 anni sosterrà la prova orale dell’esame di maturità dopo aver passato quelle dello scritto. «I professori che lo interrogheranno sono quelli della commissione del liceo scientifico che ha sempre frequentato. So che si è preparato con scrupolo, credo non avrà difficoltà», racconta al Corriere della Sera l’avvocato che lo assiste, Amedeo Rizza.
La sentenza durissima
Nei giorni scorsi è arrivata la sentenza «durissima» che lo ha condannato. Il suo legale ha annunciato «l’appello anche per il mancato riconoscimento del vizio di mente parziale». Prima della strage avrebbe dovuto sostenere la prova per recuperare un debito in matematica. I familiari erano a conoscenza della questione. A settembre l’ha superata mentre era recluso al Cesare Beccaria di Milano, prima di finire a Firenze. Dove riceve le visite settimanali dei nonni: «Non lo abbandoneremo mai». Riccardo ha intenzione di iscriversi a una facoltà scientifica dopo la maturità. In carcere ha frequentato corsi di arte e pianoforte. «È intelligentissimo, serio, lo passerà a occhi chiusi», dice ancora l’avvocato.
La perizia psichiatrica
La perizia psichiatrica disposta dal gip in sede di incidente probatorio diceva che il ragazzo — dichiarato «parzialmente incapace di intendere e volere» — viveva tra «realtà e fantasia», voleva rifugiarsi in un mondo fantastico, che lui chiamava «dell’immortalità», e per raggiungerlo nella sua mente era convinto di doversi liberare di tutti gli affetti. L’avvocato dice che il massimo della pena nonostante due attenuanti generiche è ingiusto. Riccardo aveva confessato subito: «Volevo proprio cancellare tutta la mia vita di prima», aggiungendo che provava un «malessere» da qualche tempo.
Gesti autolesionistici
«Uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero», «mi sono sempre sentito diverso da tutti quanti», ha detto il ragazzo. Rizza adesso non nasconde una preoccupazione: «Non so come reagirà alla “botta” della sentenza. Pavento il peggio, il rischio di gesti autolesionistici. Per questo ho chiesto una nuova visita psichiatrica prevista già al termine dell’interrogazione».