Ultime notizie DaziDonald TrumpGazaJannik SinnerUcraina
FACT-CHECKINGAidsComplottiDisinformazione

I complotti sulle origini dell’AIDS e come si contraddicono tra loro

18 Luglio 2025 - 19:39 Juanne Pili
Dall’Hiv che non esiste all’incidente di laboratorio. Analizziamo le principali credenze sulle origini dell’AIDS

Diverse condivisioni Facebook (per esempio qui e qui) stanno rilanciando la vecchia teoria del complotto dell’Hiv nato a seguito di un incidente di laboratorio. Se questo vi ricorda qualcosa non è affatto strano. L’idea che le pandemie siano create dagli stessi scienziati che le combattono non nasce col SARS-CoV-2. Se ne parlava già ai tempi dell’influenza Spagnola. Più recentemente sono nate narrazioni simili riguardo alle origini dell’AIDS. Ne avevamo trattato già qui.

Per chi ha fretta:

  • Due condivisioni di permettono di analizzare le principali teorie del complotto sulle origini dell’AIDS.
  • Generalmente si nega l’esistenza dell’HIv o un suo collegamento con l’AIDS.
  • Si arriva anche a sostenere che la malattia sia causata dagli stessi farmaci, cosa che mette in pericolo i pazienti più sprovveduti.
  • Altri sostengono che il collegamento Hiv-AIDS esiste, ma diversi complotti volti a non produrre un vaccino, o riguardo presunte origini artificiali, ci impediscono di conoscere la “verità”.
  • Tutte queste tesi si contraddicono tra loro, inoltre non trovano alcun fondamento, mentre resta molto più probabile la teoria del salto di specie dagli scimpanzé all’uomo.

Analisi

Le condivisioni in oggetto sulle origini dell’AIDS si presentano con una lunga didascalia. Per motivi di spazio e per rispetto verso la pazienza dei lettori riportiamo solo i passaggi più rilevanti ai fini del fact-checking:

«L’AIDS è una sindrome che comprende circa 30 diverse malattie. NON è mai stato dimostrato in modo definitivo che la sua causa sia un retrovirus chiamato HIV, considerando che oltre un terzo dei malati di AIDS risulta sieronegativo. Inoltre, la distinzione tra sieropositivi e sieronegativi si basa su un test che presenta un margine di errore significativo, stimato intorno al 50% dei risultati».

«Il 90% dei sieropositivi è deceduto a causa dell’AZT, un farmaco chemioterapico altamente tossico, inizialmente scartato come trattamento antitumorale. L’AZT causa immunosoppressione, che può portare a manifestazioni simili all’AIDS».

«L’elevata incidenza di AIDS tra gli omosessuali è stata attribuita all’uso del popper, una droga molto diffusa in quel contesto, che anch’essa causa immunosoppressione».

«L’idea che un’infezione rimanga latente per decenni è poco plausibile, dato che per ogni infezione reale i tempi di manifestazione clinica sono generalmente brevi e ben definiti. Si sostiene che l’HIV possa restare latente per decenni per spiegare perché molti sieropositivi non si ammalano. Tuttavia, nell’arco di 30 anni, chiunque potrebbe sviluppare una delle circa 30 malattie associate all’AIDS, che però sono sempre esistite!»

«Un altro punto critico riguarda i test per determinare la sieropositività. Questi rilevano gli anticorpi IgG e IgM specifici, che sono prodotti dal sistema immunitario per contrastare un’infezione. L’HIV è l’unico virus per cui si considera una persona malata in presenza di anticorpi che invece dimostrano una risposta immunitaria efficace contro il virus».

«Microrganismi come quelli responsabili di tubercolosi, malaria e lebbra sono così diffusi da causare oltre il 70% di falsi positivi in persone con sistemi immunitari compromessi per cause non correlate all’AIDS».

«A partire dal 1996, l’AZT fu progressivamente sostituita in Occidente dagli inibitori della proteasi, ma continuò a essere utilizzata nei paesi del Terzo Mondo, in particolare su donne incinte, con l’obiettivo di “impedire” la trasmissione verticale madre-figlio, una pratica inizialmente adottata anche negli Stati Uniti».

«Inizialmente, Roberto Gallo dichiarò in conferenza stampa che un vaccino per l’HIV sarebbe stato disponibile entro due anni. Tuttavia, gli ANTIRETROVIRALI si dimostrarono così redditizi che non ci fu più bisogno di sviluppare un vaccino per questa patologia!»

«Un parallelo interessante è rappresentato dallo SMON e dal clioquinolo. Anche in quel caso si pensava che la malattia fosse causata da un “virus letale”, ma si scoprì che le persone morivano a causa dell’antidiarroico usato per trattare una semplice diarrea. Questo farmaco provocava cecità e paralisi, e quando venne ritirato dal mercato, lo SMON scomparve definitivamente dai radar».

Circolano anche narrazioni che non negano a priori l’esistenza dell’Hiv e il suo collegamento con l’AIDS, ma ipotizzano che sia derivato da un incidente avvenuto durante una ricerca scientifica, con citazione di un documentario come fonte. All’interno si trasmettono anche spezzoni di uno spettacolo teatrale di Christian Biasco di cui ci occupammo anche noi nel nostro precedente articolo:

Le confuse origini dell’AIDS: L’Hiv esiste o no? Il vaccino serve oppure è inutile?

Non è raro nelle teorie del complotto arrivare a filoni narrativi che si contraddicono tra loro o con altre tesi sostenute dai propri “seguaci”. Non fanno eccezione le narrazioni sulle origini dell’AIDS. Prendiamo l’affermazione che si legge nella prima condivisione, riguardo alla mancanza di un vaccino: «gli ANTIRETROVIRALI si dimostrarono così redditizi che non ci fu più bisogno di sviluppare un vaccino per questa patologia». Allora esiste il virus? Altrimenti che senso avrebbe un vaccino.

Per altro durante la pandemia di Covid-19 è successo il contrario: nonostante fosse più “redditizio” tenere sotto terapia i pazienti, si è arrivati nel giro di un anno ad avere i primi vaccini. Quindi chi ha credenze No vax non dovrebbe condividere questo genere di narrazioni.

Infine, nella seconda condivisione in oggetto nessuno nega l’Hiv e il collegamento con l’AIDS, ma – come vedremo – si sostiene che il virus fosse nato a seguito di un incidente durante la sperimentazione di un altro vaccino.

Colpa dell’AZT?

Secondo la prima narrazione in oggetto, «Il 90% dei sieropositivi è deceduto a causa dell’AZT […], che può portare a manifestazioni simili all’AIDS», questo per via delle sue proprietà che indurrebbero alla «immunosoppressione». Quindi le origini dell’AIDS sarebbero iatrogene in nove casi su dieci, ovvero dovute allo stesso farmaco che dovrebbe “curare” la malattia. Poi diversi passaggi più avanti si precisa che «a partire dal 1996, l’AZT fu progressivamente sostituita in Occidente dagli inibitori della proteasi, ma continuò a essere utilizzata nei paesi del Terzo Mondo, in particolare su donne incinte, con l’obiettivo di “impedire” la trasmissione verticale madre-figlio, una pratica inizialmente adottata anche negli Stati Uniti».

Le cose stanno diversamente. Citiamo per esempio uno studio pubblicato sul NEJM all’epoca dell’introduzione della zidovudina (AZT) nel 1987. Si vede chiaramente che il farmaco non causa immunosoppressione, bensì porta a un miglioramento della risposta immunitaria, al netto di effetti collaterali importanti. Questo era quel che “passava in convento” agli esordi della pandemia. Ad ogni modo, si confonde il concetto di tossicità da farmaco – che può riguardare tante altre terapie -, con quello di immunodeficienza, caratteristico invece dell’AIDS.

Oggi abbiamo la «terapia combinata a più farmaci, chiamata inizialmente anche HAART (dall’inglese Highly Active AntiRetroviral Therapy)», come spiegato nella apposita pagina di ISS Salute. Riportiamo alcuni passaggi:

«Sono oggi disponibili per la terapia combinata numerosi farmaci. La maggior parte agisce bloccando l’attività di enzimi […] specifici dell’HIV e necessari perché possa moltiplicarsi nelle sue cellule bersaglio. Queste cellule sono rappresentate da un sottogruppo dei globuli bianchi, detti linfociti CD4+ […], che fanno parte del sistema immunitario e sono essenziali per una adeguata difesa dalle infezioni. […]. Altri farmaci agiscono invece bloccando il virus all’esterno della cellula con vari meccanismi, inibendo una delle varie fasi necessarie all’ingresso del virus nella cellula bersaglio. […] In ogni caso, i farmaci antiretrovirali non sono in grado di eliminare l’HIV dall’organismo perché l’HIV rimane in permanenza presente nelle cellule già infette. La terapia quindi ha l’obiettivo di bloccare la moltiplicazione del virus in maniera duratura. […] La terapia antiretrovirale ha visto importanti sviluppi in tempi recenti. […] i pazienti non devono necessariamente prendere le pillole ogni giorno, ma possono ricevere iniezioni intramuscolari con cadenza mensile o bimestrale. Sono oggetto di studio altri farmaci e formulazioni che potrebbero essere iniettati una volta ogni quattro mesi. Queste nuove modalità di trattamento migliorano la qualità della vita del paziente, soprattutto di quelli che per varie situazioni difficilmente riescono a seguire in maniera continuativa la terapia, e risultano vantaggiose laddove esistono ostacoli logistici ad una somministrazione tradizionale».

L’elevata incidenza negli omosessuali dovuta alla droga?

Non manca il passaggio omofobo per eccellenza, che spiega i tanti casi di sieropositivi nella comunità gay a una loro presunta dedizione alle droghe, in particolare si parla dell’uso di popper per via delle sue proprietà di vasodilatazione. Mentre secondo la narrazione si attribuisce a questo stupefacente un fattore di immunosoppressione.

Sono affermazioni che potevamo aspettarci dalla “gente della strada” negli anni ’90. Chi ha una tossicodipendenza è più probabile che presti meno attenzione alla prevenzione. Negli omosessuali in particolare l’attività sessuale senza alcuna protezione mette maggiormente a rischio perché è più probabile lo scambio di fluidi corporei. Non esistono studi seri che dimostrano un ruolo significativo di altri fattori come l’assunzione di popper. Per approfondire suggeriamo la lettura della pagina dedicata di HIVinfo, portale della Sanità americana. Ricordiamo ai lettori più coevi a questo genere di narrazioni, che il “ministro della Salute” negli Stati Uniti è il noto No vax Robert Kennedy Jr.

Tempi di incubazione e anticorpi “neutralizzanti”

Come si spiega allora il riscontro della sieropositività? Innanzitutto si pone in discussione la questione dei tempi di incubazione del retrovirus alla base delle origini dell’AIDS. «L’idea che un’infezione rimanga latente per decenni è poco plausibile, dato che per ogni infezione reale i tempi di manifestazione clinica sono generalmente brevi e ben definiti», si riporta nel post. «Tuttavia – prosegue la narrazione -, nell’arco di 30 anni, chiunque potrebbe sviluppare una delle circa 30 malattie associate all’AIDS, che però sono sempre esistite! Un altro punto critico riguarda i test per determinare la sieropositività. […]. L’HIV è l’unico virus per cui si considera una persona malata in presenza di anticorpi che invece dimostrano una risposta immunitaria efficace contro il virus».

Qui addirittura si dà per scontato che l’Hiv dia sempre luogo ad anticorpi neutralizzanti. Ma la ragione per cui non si trova un vaccino sta proprio nel fatto che finora quelli prodotti a seguito dell’infezione generalmente non hanno mostrato una «risposta immunitaria efficace». Per altro si generalizza parlando di «ogni infezione», come se tutti i patogeni si comportassero allo stesso modo. Non è così.

Innanzitutto precisiamo che uno dei problemi dovuti all’incapacità di avere un vaccino sta proprio nel fatto che buona parte degli anticorpi generati a seguito dell’infezione da Hiv non sono neutralizzanti. Infine ecco tre esempi di infezioni molto note, che possono presentare un periodo di latenza o inattività decennale:

Cosa ci sarebbe davvero dietro alle origini dell’AIDS?

Quindi tutte queste patologie “confuse” con l’AIDS a cosa si dovrebbero? Secondo la narrazione in oggetto dietro alle origni dell’AIDS ci sarebbero «microrganismi come quelli responsabili di tubercolosi, malaria e lebbra». Questi spiegherebbero «oltre il 70% di falsi positivi in persone con sistemi immunitari compromessi». Si cita anche l’antidiarroico clioquinolo, che avrebbe provocato in passato delle forme iatrogene di AIDS.

Questo non è supportato da studi seri. I falsi positivi possono esserci, ma sono estremamente rari, anche perché alla fine fa fede il test molecolare PCR, che in questo caso rileva l’effettiva presenza genetica dell’Hiv. Siccome questo “argomento” viene riciclato anche per negare l’affidabilità delle diagnosi Covid, abbiamo già diversi approfondimenti che potete leggere per approfondire, per esempio quiquiqui.

Origini dell’AIDS dovute a un esperimento finito male?

Torniamo infine alla tesi sostenuta nella seconda condivisione in oggetto, da noi già trattata in una precedente analisi. Come accennavamo, si ipotizza che le origini dell’AIDS possano spiegarsi con un incidente che sarebbe avvenuto durante una sperimentazione del vaccino antipolio in Africa, negli anni ’50. Secondo la narrazione il complotto vero e proprio scatterebbe in un secondo momento, quando la comunità scientifica avrebbe insabbiato le presunte prove.

All’epoca le ricerche per un vaccino orale stabile contro la poliomielite (OPV) vennero condotte anche in Congo, con campagne di vaccinazione di massa tra il 1957 e il 1960. I sostenitori della tesi in oggetto affermano che i vaccini sarebbero stati realizzati coltivando il virus della poliomielite in tessuti derivati dai reni di scimpanzé. Parliamo nello specifico delle ricerche di Hilary Koprowski il quale durante le sue sperimentazioni in Africa avrebbe usato, a sua insaputa, reni di scimmia infetti dal Simian Immunodeficiency Virus (SIV), che poi mutando sarebbe diventato l’HIV. Nella ricostruzione in oggetto si parla in particolare del virus delle scimmie SV40. Lo stesso patogeno è oggi un “ingrediente” importante di certe tesi No vax riguardanti i vaccini Covid. Ne avevamo trattato qui e qui.

Il vaccino sperimentale di Koprowski sarebbe stato somministrato a un milione di persone in Congo, Ruanda e Burundi. I principali sostenitori della tesi dell’incidente di laboratorio furono i giornalisti Tom Curtis (con un articolo su Rolling Stones nel 1992, poi ritrattato) ed Edward Hooper (col saggio The River nel 1999). Il fatto è che non c’è stato alcun tentativo di insabbiare questo presunto incidente. I dati stessi confutato la tesi dell’incidente di laboratorio.

Cosa sappiamo davvero delle origini dell’AIDS

Non furono mai usati reni di scimpanzé durante le sperimentazioni in Africa. Le analisi di alcuni campioni delle colture di Koprowski non hanno rivelato la presenza del patogeno. Inoltre, i dati indicano che il salto dal virus presente nelle scimmie all’uomo è avvenuto prima delle sperimentazioni di Koprowski, con ulteriori conferme negli anni successivi. In un congresso tenutosi presso la Royal Society nel 2000, queste tesi furono confutate alla luce di diversi dati che gli autori non seppero argomentare in maniera convincente. Biasco nello spettacolo citato riportò correttamente tutte le confutazioni alla teoria. Insomma, analizzando seriamente le tesi su un’origine accidentale e umana dell’AIDS non si trovano riscontri.

Ad oggi, l’ipotesi più accreditata riguardo alle origini dell’HIV è che risalgano a un salto di specie. In Africa, gli scimpanzé venivano macellati per essere mangiati. La trasmissione e mutazione del virus sarebbero avvenute dunque lentamente. Per entrare in contatto con il virus già presente nel sangue delle scimmie sarebbe stato sufficiente un piccolo taglio sulla mano durante la macellazione. Parliamo di una spiegazione ben più probabile, considerando che tali pratiche avvenivano senza protezioni. Trovate tutte le fonti relative a questo paragrafo e quello precedente qui.

Conclusioni

Abbiamo visto come si sono diversificate le teorie del complotto sulle origini dell’AIDS. Tutte si contraddicono tra loro e/o contraddicono altre credenze, come quelle No vax. C’è chi sostiene che Hiv non esiste; chi non nega la sua esistenza ma cita il presunto complotto contro lo sviluppo di un vaccino; chi nega il collegamento Hiv-AIDS e dà la colpa alle terapie; chi infine si limita a speculare su un incidente di laboratorio. Nessuna di queste tesi è mai stata dimostrata, mentre la cosiddetta “versione ufficiale” del salto di specie – come successo già per altre pandemie oggetto delle fantasie complottiste – risulta la più plausibile e supportata dai dati.

Questo articolo contribuisce a un progetto di Meta per combattere le notizie false e la disinformazione nelle sue piattaforme social. Leggi qui per maggiori informazioni sulla nostra partnership con Meta.

Articoli di FACT-CHECKING più letti
leggi anche