Ambra Angiolini, gli insulti in Tv e l’aiuto di notte da Renga. La verità sull’ultima puntata di Non è la Rai: «Ero al picco della bulimia»


Per anni Ambra Angiolini ha raccolto articoli e servizi televisivi che prendevano di mira il suo corpo. L’attrice da giovanissima ha iniziato a soffrire di bulimia. All’epoca era già in televisione, come ricorda lei in un’intervista a Repubblica: «Anche vent’anni fa, in Rai, andò in onda un servizio che ho poi ripubblicato (sui social, ndr): mi definivano “generazione XXL”». Da quelle cattiverie, Ambra ha deciso di scrivere un libro che presto diventerà anche un film. «Ho scelto di non sottrarmi, di non rifiutate quella porcata. Ho deciso di affrontarla. Non l’ho mai vissuta da vittima. Mi sono ripresa tutto, anche le ferite. So che può far male a chi ha provato a fermarmi nella vita, ma non ci sono riusciti. Mi hanno solo fatto conoscere una donna più interessante di quella che avrei potuto essere se avesse prevalso la superficie».
Le bozze mandate di notte a Francesco Renga
Il libro scritto da Ambra Angiolini si intitola «InFame» e ora l’attrice sta scrivendo la sceneggiatura, per una «commedia irriverente». Ma non ci sarà lei nel cast: «La regia? Vedremo. Ora vivo per scrivere». E lo fa ovunque vada, per poi chiedere consiglio al suo ex Francesco Renga: «Le mando di notte a lui, il papà dei miei figli, con cui ho un bellissimo scambio di idee». Quella che racconta nel libro è una «storia molto personale, una ferita che mia segnato tanto. Quando l’ho scritto, ho capito quanto fosse tragicomico, e a tratti pericoloso, ciò che avevo vissuto. Ora, con la distanza giusta, mi rendo conto che è uno sguardo per chi pensa – da dentro – di non poter guarire mai. Sto scrivendo da sola, come mi ha chiesto il produttore Roberto Proia. È bellissimo avere una squadra».
Il momento più difficile nell’ultima puntata di Non è la Rai
Era il 30 giugno 1995, Ambra Angiolini era nel pieno del successo sull’onda del programma che spopolava tra milioni di adolescenti, «Non è la Rai» di Gianni Boncompagni, prima su Canale 5 e poi su Italia1. Era l’ultima puntata dopo circa cinque anni in onda e la conduttrice stava diventando anche popstar in Italia con «T’appartengo». E proprio in quell’occasione «ero nel pieno della malattia – ricorda Ambra Angiolini – Ero una ragazzina. E quella malattia ti frega, se non capisci da dove arriva. Oggi, a 48 anni, posso dire che sento tutto in modo speciale. Anche cose che non mi riguardano. Forse è per questo che sono arrivata a spiegarmi quella malattia come qualcosa che parte dalla “taverna” che ho dentro, nel corpo. Non è più una malattia, oggi è un aggettivo».
La scoperta della malattia in aeroporto e come vive oggi
In una libreria in aeroporto, Angiolini racconta di aver realizzato di avere un problema: «Mi sentivo strana ma funzionavo, avevo successo. Prendo un libro, Tutto il pane del mondo di Fabiola De Clercq. Lo apro. Leggo: “Vomito tutto quello che mangio”. Mi spavento. Lo chiudo. Lo compro. Lì ho capito. Ho dato un nome a quel male. Ero un animaletto tirato fuori da una tana, buttato in mezzo agli aeroporti, alle stazioni. Gigantesco tutto, mentre io a malapena mettevo insieme un congiuntivo». Oggi ammette: «Non vomito più, ma quella parte c’è. È diventata una forma di coscienza, un modo di sentire il mondo. Sono bulimica nel senso profondo, negli affetti, nel lavoro. Ho bisogno di abbracciare e di essere abbracciata. Di comunicare. Ho bisogno di verità».