L’addio a Cecilia De Astis, in centinaia ai funerali. Il figlio: «Dietro ai bambini c’è sempre la famiglia». La sorella: «Fallimento della società» – Le foto


La chiesa di San Barnaba, nel quartiere Gratosoglio a sud di Milano, si è riempita oggi pomeriggio 14 agosto per l’ultimo saluto a Cecilia De Astis, la 71enne travolta e uccisa lunedì scorso da un’auto rubata con a bordo quattro ragazzini tra gli 11 e i 13 anni. Poco prima delle 15, la bara è entrata nella chiesa, coperta da mazzi di fiori bianchi, rossi e gialli. Tra i presenti, circa duecento persone tra parenti, amici, vicini di casa e semplici conoscenti, e l’assessora Gaia Romani, a rappresentare il Comune di Milano. Durante la cerimonia, il figlio di Cecilia, Gaetano Di Terlizzi, ha rivolto parole dure ma cariche di dolore: «A 12 anni un minimo di coscienza la devi avere. Devi sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Poi posso capire che sono bambini, va bene, però dietro ai bambini c’è sempre la famiglia». E ha aggiunto: «Forse anche la legge trova qualcosa, ma il divino sistema tutto».


L’addio della sorella di Cecilia De Astis
Tantissimi i presenti. Tra questi amici, persone che volevano solo esprimere vicinanza e solidarietà alla famiglia, e i parenti. Tra questi anche la sorella di Cecilia De Astis, Lina, che l’ha ricordata così: «Insieme abbiamo condiviso grandi dispiaceri ma anche momenti belli che ci aiuteranno a sopportare un dolore misto a rabbia per il fallimento del sistema della società di cui sei stata vittima».
L’appello del prete
Nell’omelia, Don Davide Bertocchi ha invitato alla riflessione e al perdono, richiamando il messaggio di Gesù: «Con il suo amore, ha insegnato che gli unici nemici sono la morte e il male. Il male e la morte sono gli unici nemici. Nessuna persona è da considerare nemica. Questo è il più grande insegnamento di Gesù. Anche se queste persone sono imprigionate dal male. Tanto meno dei bambini. Tanto meno bambini ai quali è stata negata l’infanzia e per i quali possiamo solo pregare e sperare che finalmente trovino qualcuno che sappia insegnare loro l’amore che vince il male». Il sacerdote, riconoscendo che «in tutti c’è indignazione» per questo caso, ha invitato a non farsi accecare dalla rabbia. E ha concluso: «Sicuramente non servono i discorsi, i proclami, né tantomeno lo scaricabarile, lo scarico di responsabilità. È sempre colpa di un altro, di un’altra istituzione. Non servono neppure i documenti sulle periferie, nemmeno le encicliche sulla convivenza pacifica. Servono fatti concreti. Ecco di che cosa abbiamo bisogno».

