Ultime notizie Donald TrumpGazaJannik SinnerTurismoVladimir Putin
ESTERIAlpinismoElicotteriTurismo

Soccorsi decuplicati e scalatori improvvisati, come l’overtourism colpisce anche l’Everest: «Sta diventando turismo alpinistico di lusso»

20 Agosto 2025 - 17:52 Ugo Milano
overtourism everest
overtourism everest
«Quando ho cominciato, 15 anni fa, al campo 2 dell’Everest a 6.500 metri di quota facevamo 40-50 interventi a stagione. Oggi siamo intorno ai 400-500», racconta Maurizio Folini elicotterista dell'Himalaya

L’overtourism, fenomeno che spesso si associa alle città d’arte o alle località balneari, colpisce invece anche le vette più impervie del pianeta: quelle dell’Himalaya. «Oltre all’aumento generale dei numeri, c’è stato anche un cambiamento profondo della tipologia delle persone che cercano di raggiungere la vetta. L’alpinismo tradizionale è praticamente scomparso ed ha lasciato il posto a un turismo d’alta quota sempre più organizzato e commerciale. Tutto sta diventando turismo alpinistico di lusso», così sintetizza Maurizio Folini, 60enne originario della Valtellina che da 15 anni pilota gli elicotteri che soccorrono gli scalatori in difficoltà sull’Everest e non solo.

L’evoluzione del turismo alpino

In un’intervista rilasciata a L’altramontagna, Folini racconta l’evoluzione che sta subendo il turismo alpino, sottolineando però che l’aumento dei turisti d’alta quota non ha avuto solo conseguenze negative: «Quando ho cominciato, 15 anni fa, al campo 2 dell’Everest a 6.500 metri di quota facevamo 40-50 interventi a stagione. Oggi siamo intorno ai 400-500». Un aumento esponenziale, che però ha giovato, in una certa misura, alla popolazione locale nepalese: «Una tendenza che per noi magari sembra un po’ svilente, e forse lo è, ma che dal punto di vista economico favorisce di gran lunga le comunità e i lavoratori locali: l’alpinista esperto attrezzato e che sa cavarsela da solo dà lavoro a meno persone, mentre chi si fa accompagnare ha bisogno di più servizi, e quindi i nepalesi sono più contenti».

I benefici per la popolazione locale

L’ondata di scalatori improvvisati e non che hanno invaso il Nepal ha aperto a nuove opportunità: «Non c’è un vero e proprio soccorso alpino come in Europa, il lavoro di recupero e gestione delle emergenze e degli infortuni viene gestito dalle agenzie e dalle assicurazioni. All’inizio si andava a prendere solo chi aveva un’assicurazione, ora il nostro aiuto e il nostro supporto spesso agevola anche la popolazione locale» spiega Folini. Le agenzie, che prima erano solo appannaggio degli occidentali, ora sono gestite quasi interamente da nepalesi, hanno investito in elicotteri, infrastrutture e formazione di piloti, tecnici e sherpa. Oggi i soccorsi sono più rapidi ed efficienti, le comunicazioni arrivano fino a quota 7.950 metri e al campo base operano medici fissi. Un’evoluzione che ha migliorato non solo la sicurezza degli alpinisti, ma anche la qualità della vita in tutta l’area.

Il soccorso ad alta quota

Folini descrive il suo lavoro come una passione: «Sono appassionato del mio lavoro, delle montagne di casa mia e di quelle dall’altra parte del mondo». Il percorso che lo ha portato ad essere l’ultima speranza per gli alpinisti alla ricerca della vetta più alta del mondo è stato impervio come le montagne che sorvola quotidianamente: «Sono partito come alpinista tra le montagne di casa, poi sono diventato guida alpina. Negli Stati Uniti ho acquisito il brevetto da pilota di elicottero ma a quel punto non ero neanche a metà strada: mi ci sono voluti anni migliaia di ore di volo affiancato da piloti più esperti». Poi il grande passo tra le vette più alte del mondo: «È nata un po’ causalmente l’occasione di mettermi in gioco come elicotterista sull’Himalaya» dove oggi può sperimentare quell’adrenalina che lo spinge ancora in volo. «Finché c’è passione – spiega – finché sento quel brivido di bellezza e meraviglia quando salgo in quota, io vado avanti».

leggi anche